Giovanna d'Arco

Domrémy, 6 gennaio 1412 – Rouen, 30 maggio 1431

C’è un’esperienza del misticismo femminile tutt’altro che rado nella storia dell’Europa cristiana alle radici di Jeanne d’Arc, l’analfabeta figlia di contadini che prende a credersi in colloquio con messaggeri celesti e, dopo generici richiami alla pietas, sente l’invito alla guerra santa che Dio vuole contro l’inglese da Cent’anni invasore: l’esaltazione spirituale che spinge la Pucelle a lasciar casa per mettersi al servizio del diffidente Delfino di Carlo VI il Pazzo, sebbene poco seguita da successi militari che la sfiducia della corte le nega – malgrado l’entusiasmo sacro suscitato nelle truppe e dunque l’eclatante presa d’Orléans – attiva però l’energia politica del Valois permettendone la consacrazione come re Carlo VII di Francia nell’altamente simbolica sede di Reims (1429); ma questi nulla farà per salvarla quando, catturata dal borgognone e ceduta all’alleato inglese, a Rouen è scomunicata e bruciata come eretica, salvo poi avviarne, con la riabilitazione (1456), il mito. Se nel processo dura l’intenzione, ortodossa e virile, di annientare l’eterodossia femminea che è quel misticismo, ci vibra già la nota politica che, tra le altre, risuona nella tradizione successiva d’una Giovanna d’Arco divisa nelle immagini, ora concordi ora contrapposte, d’incarnazione della missione sacerdotale della Francia e di genio patriottico – talora xenofobo – della nazione.

 

Parte della serie Religiosi

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