Miklós Horthy

Kenderes, 18 giugno 1868 – Estoril, 9 febbraio 1957

Dall’Adriatico dov’è comandante nella flotta asburgica impegnata nella Grande guerra l’alto aristocratico Miklós Horthy tornerà in Ungheria da ammiraglio senza mare e senza navi quand’è chiamato alle armi dal governo controrivoluzionario di Seghedino per stroncare il regime sovietico instaurato da Béla Kun. Sbarrata a Carlo d’Asburgo la strada del ritorno alla monarchia restaurata dal Parlamento, l’ammiraglio impugna il titolo di Reggente cui la stessa aula l’ha consacrato per manovrare da dietro le quinte il governo di István Bethlen e i suoi conservatori ben propensi per il fascismo di Mussolini; ma il 1929 lo spinge a controllare sempre più direttamente una politica ungherese reazionaria e precocemente segregazionista ora sempre più incline per quel fronte nazionalsocialista di cui l’ammiraglio apprezza sì l’afflato antibolscevico, ma non la pericolosa figura del Führer. Trascinato nella guerra del Terzo Reich dalle Croci Frecciate di Ferencz Szálasi salite al potere nel 1943, Horthy viene deposto dai tedeschi nel tentativo d’uscirne trattando segretamente coi sovietici e nel 1945, complici gli Alleati, riesce a fuggire in Portogallo, da dove assisterà all’invasione sovietica dell’Ungheria (1956) per tornare in patria, come da testamento, solo quando l’ultimo soldato russo l’avrà abbandonata.    

 

Parte della serie Autoritari

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