Hideki Tōjō

Tokyo, 30 dicembre 1884 – Ivi, 23 dicembre 1948

Fresco d’Accademia, Tōjō incontra Weimar a Berlino, attaché militare dell’ambasciata giapponese: comandante di quel 1° reggimento fanteria (1928) che parteciperà alla sollevazione della guarnigione di Tokyo (1936), dopo un anno di comando nell’Armata del Kwantung – il distaccamento militare giapponese in Manciuria, fucina di fronde antigovernative e fanatici militarismi – da viceministro della guerra (1938) troverà nella Germania nazista il terzo pilastro, con l’Italia, del Patto tripartito (1940). Asceso nel gabinetto Konoe (1940) dal ministero della guerra all’ufficio di primo ministro (1941) – sintomo della raggiunta egemonia politica di quella casta militare che rappresenta –  Tōjō mette aggressività militare d’imperialista, spietata disciplina, efficienza d’infaticabile burocrate e innegabili qualità di amministratore e comandante al servizio di un Nuovo ordine che il Giappone deve fondare in Asia sotto di sé. Tuttavia, quando all’eclatante serie di vittorie che dopo Pearl Harbor (1941) conducono Tokyo alle porte d'India e Australia segue l’inesorabile rimonta di Washington, a nulla varranno gli accresciuti poteri e la perdita delle Marianne ne decreta, con tutto il suo governo, la fine politica (1944). Fallito il suicidio quando il Giappone capitola (settembre 1945), Tōjō è processato per crimini di guerra dinanzi all’International Military Tribunal for the Far East, trovato colpevole e impiccato.      

 


Parte della serie Autoritari

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