Édouard Manet

Parigi, 23 gennaio 1832 – Ivi, 30 aprile 1883

Convinto il padre a lasciarlo studiare pittura dopo aver bocciato gli esami d’ufficiale di marina, più che presso Thomas Couture Édouard Manet si forma al Louvre e in viaggio per l’Europa. In Spagna trova l’amore per il Seicento francese e olandese, per Velázquez e Goya, visibile, oltre che dove è più chiara la traccia iberica (Suonatore di chitarra spagnolo, 1861), nell’opera – oggi venerata all’Orsay – che allora l’accademia relega tra i Réfusés del Salon. Qui Le déjeneur sur l’herbe e l’Olympia (1862) imporranno, su soggetti “disdicevoli”, innovazioni stilistiche dirompenti: chiaroscuro e mezze tinte aboliti, campiture cromatiche poste in schietti contrasti arditi, forme create a mezzo colore (L’Éxecution de Maximilien, 1867; Le balcon, 1868). Ben integrato negli ambienti artistici della capitale – frequenta e ritrae Zola, Baudelaire, Mallarmé, Morisot – al Café Guerbois avvicina, ma non abbraccia i giovani pittori antiaccademici che saranno impressionisti e che, senza aver Manet alle proprie esposizioni, saranno in parte nell’intensità luminosa, nella pennellata fluida, nelle vibrazioni atmosferiche delle figure (Monet peignant dans son atelier, Argenteuil, 1874) che Manet dà alla sua pittura dopo il 1873. Continua così ad arricchirsi e sperimentare, tra sollecitazioni naturalistiche e mondane, verso l’epitaffio d’Un bar aux Folies-Bergères (1882). 

 


Parte della serie Pittori

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