Il grande divario del Regno Unito | Speciale Europee 2019

Com'è cambiato il paese dopo il voto per la Brexit e come si avvicina alle elezioni europee?

South Shields è una cittadina sulla costa nel Nord Est dell’Inghilterra, 450 chilometri a nord di Londra. Per arrivarci, bisogna prendere un treno diesel vecchio e cigolante, dell’unico operatore ferroviario pubblico dell’intero paese. Il paesaggio di fabbriche e capannoni fuori del finestrino di questo treno che va up north, su al nord, ricorda ai passeggeri del glorioso passato industriale di questo angolo d’Inghilterra. Durante la Rivoluzione industriale, la piccola cittadina di South Shields prosperò. Le miniere di carbone e una nascente industria navale permisero a questo luogo di crescere ed espandersi tutto a un tratto. Le due guerre mondiali furono un ulteriore motivo di slancio per l’industria manifatturiera locale, con il carbone e il ferro essenziali nella corsa agli armamenti. Qui il lungamente celebrato spirito industriale del paese sopravvisse per decenni. Fino agli anni Ottanta, quando prese avvio il declino della manifattura e dell’industria mineraria. «Non c’è rimasto niente», dice George, un tempo un operaio metalmeccanico, licenziato dieci anni fa dall’azienda in cui aveva lavorato in South Shields. Adesso lavora a Newcastle, venti chilometri più a ovest. Ha provato a vivere di sussidi di disoccupazione per un certo periodo mentre cercava un nuovo lavoro. Poi ha trovato un posto come addetto in un’azienda di trattamento di rifiuti, a tre pound in meno all’ora, e un abbonamento ai trasporti pubblici da comprare ogni mese. Siede al tavolo vicino al mio in un bar sulla via principale di Newcastle, e chiaramente ha voglia di chiacchierare. Dal momento che la Brexit sta lentamente rimpiazzando i luoghi comuni sul tempo, inevitabilmente ci ritroviamo a parlare della questione. «Non ci hanno mai detto quanto sarebbe stato complicato andarsene, e adesso se lasciassimo davvero sarebbe senz’altro la fine per posti come il mio».
 

«Non ci hanno mai detto quanto sarebbe stato complicato andarsene», dice George parlando della Brexit, «e adesso se lasciassimo davvero sarebbe senz’altro la fine per posti come il mio»


Il distretto in cui South Shields si trova, South Tyneside, ha poco meno di 150mila abitanti. Allo stesso tempo, possiede la poco invidiabile caratteristica di avere alcune delle frazioni più disagiate dell’intero paese. Stando all’Indice di Deprivazione Multipla (IMD) elaborato dal governo nel 2015, c’è una vasta serie di fattori che contribuisce ad impoverire la qualità della vita in quest’area. Molte delle frazioni di South Shields sono parte di quel 10% delle località più svantaggiate del paese, soprattutto in termini di reddito, occupazione e salute, ma anche in fatto di istruzione e competenze. La disoccupazione è un annoso problema dell’intera regione. In South Tyneside, il tasso di disoccupazione si è tenuto ben al di sopra della media nazionale per più di vent’anni, con quasi il 4% della popolazione sopra ai 16 anni che ha ricevuto sussidi di disoccupazione nel 2017.

Dalle coste di South Shields al distretto di Tunbridge Wells
480 chilometri a sud si trova Tunbridge Wells. A un’ora da Londra, questa volta su un treno elettrificato nuovo, con Wi-Fi incostante ma gratuito a bordo. Tunbridge Wells non vanta una gloriosa storia manifatturiera come South Shields. Non si vedono ciminiere all’orizzonte. Tuttavia, ha un passato da elegante e ambito luogo di villeggiatura per l’aristocrazia. La sua storia di rifugio vacanziero per la nobiltà fece sì che il suo nome fosse ufficialmente arricchito dal prefisso «Royal», reale, nel 1909, benché questo attributo sia di solito evitato dalla gente del posto. Il distretto di Tunbridge Wells, con i suoi 116mila abitanti, si trova lungo l’attraente commuter belt, una serie di città di pendolari che da Londra si addentra nel sud est, lungo una ferrovia che raggiunge la costa. Dal finestrino si vedono solo campi e greggi di pecore, e qualche paesino che sembra abitato dalla classe media. Invece che da una terra desolata e da siti industriali dismessi, Tunbridge Wells è circondata dal verde della campagna del Kent, contorniata da frutteti e boschi. La combinazione del verde della campagna e la praticità dei collegamenti con Londra hanno fatto la fortuna del mercato immobiliare del distretto, piuttosto florido nonostante un generalizzato rallentamento. Come conseguenza inevitabile, i prezzi delle case sono saliti rapidamente, e il numero dei senzatetto è raddoppiato rispetto al 2010. La disoccupazione qui non è un problema: meno dello 0,7% della popolazione con più di 16 anni percepisce sussidi di disoccupazione.

Tra Nord e Sud, tra Leave Remain
South Shields e Tunbridge Wells non hanno molto in comune. Questo è diventato chiaro con il referendum sull’Unione Europea nel 2016, quando il 62% delle persone nel distretto di South Tyneside votarono leave, mentre a Tunbridge Wells quasi il 55% remain. Tuttavia, le cause della divisione politica potrebbero risalire alle trasformazioni economiche e sociali che hanno concentrato la ricchezza a Londra e nel sud-est, con il nord che è rimasto in ritardo. Adesso, a trent’anni di distanza dall’inizio del declino del nord, sembra piuttosto difficile di far ripartire l’economia di quest’area.

Il nord, dal referendum sull’Unione Europea, è diventato quasi un sinonimo di leave. Con poche eccezioni, le città operaie hanno optato per Brexit. Probabilmente in ragione di un miscuglio di rabbia e sfiducia, dopo che un’intera economia basata sulla manifattura ha visto affievolirsi ogni prospettiva di crescita. Oggi South Shields è uno dei tanti esempi delle conseguenze del processo di rapida e spietata deindustrializzazione che ha interessato l’area. Una combinazione esiziale di crisi petrolifera, politica monetarista del governo negli anni Ottanta e spinta della globalizzazione ha condotto le aziende locali a chiudere una dopo l’altra, mentre i lavoratori venivano licenziati e rimanevano lì a sperare che si trattasse solamente di un singhiozzo temporaneo della gloriosa storia manifatturiera del Nord. Alla fine, non si è trattato di un fenomeno temporaneo.

La passeggiata di Margaret Tatcher
Molti al nord si ricordano della «walk in the wilderness» di Margaret Thatcher, nel 1987. Le foto dell’epoca mostrano il primo ministro fare una passeggiata in una terra desolata, mentre indossava un improbabile tailleur e stringeva saldamente la borsetta. Sullo sfondo, la struttura metallica di un qualche impianto industriale in rovina. Il giorno seguente, il giornale locale, Evening Gazette, titolava canzonatorio: «È qui, per vedere con i propri occhi!». Come se quella visita potesse convincere Londra che il rischio di un nord sempre più in difficoltà fosse reale. Trent’anni più tardi non molto è cambiato, se non che lo scenario post-apocalittico in cui Margaret Thatcher fece una passeggiata è stato convertito in un business park. Non lontano da qui, i magazzini già rugginosi sono diventati ancora più rugginosi, e dominano il paesaggio di queste zone un tempo industriose. I bei tempi andati di quando l’Inghilterra made stuff, produceva, non esistono più. La melanconia ha lasciato spazio alla frustrazione e al risentimento. In più di trent’anni, nessun governo sembra essere riuscito a rilanciare l’economia del nord dell’Inghilterra. Nonostante fiumi di finanziamenti che sono stati destinati alle regioni, l’economia locale ha avuto difficoltà a rilanciarsi. Campus universitari, centri commerciali e il sogno di economie basate sull’attività artistica non sono stati in grado di stimolare la ripresa di queste località. Una crescita durevole e sostenibile richiede impegno.

Il divario tra Nord e Sud 
Per comprendere il divario profondo tra il Nord e il Sud dell’Inghilterra, uno dei primi elementi da considerare è la produttività del lavoro. Dall’inizio della crisi, il Regno Unito in generale ha sperimentato un calo della produttività considerevole, e fino ad ora non è stato in grado di tornare ai livelli pre-crisi. Questa situazione di produttività stagnante è stata definita un «enigma della produttività», poiché non è chiaro cosa freni il paese. La produttività ha però delle caratteristiche particolari a livello regionale: le aree che un tempo costituivano il motore industriale del paese adesso arrancano e i dati sulla produttività del lavoro nel Regno Unito mostrano che Londra guida i livelli del paese, con una produttività del 33% superiore a quella media. Il sud-est segue Londra. Poi tutte le altre regioni sono al di sotto della media nazionale. Tra le peggiori, l’Irlanda del Nord, il Galles e East Midlands, dove la produttività arriva a essere del 17% inferiore rispetto alla media nazionale. Dal momento che la produttività del lavoro è considerata chiave per comprendere le prospettive di crescita di lungo periodo (gli investitori, per esempio, guardano alla produttività), il futuro per il Nord non sembra roseo.

Una delle spiegazioni che è stata avanzata per comprendere le ragioni del divario di produttività tra le regioni del Regno Unito è il livello di competenze e di istruzione. Le aree del Nord sono in ritardo anche in conseguenza dei bassi livelli di istruzione, con i giovani che hanno mediamente risultati inferiori nei GCSE, gli esami scolastici dei 16 anni, rispetto ai loro coetanei di Londra e del sud-est. La qualità delle scuole è regolarmente inferiore a quella delle scuole del sud, stando ai dati di Ofsted, l’organismo del governo che si occupa della valutazione della qualità educativa. Poi c’è la fuga dei talenti, che si trasferiscono a Londra in un fenomeno ormai consolidato e cresciuto di pari passo con la crescita dell’attrattiva di Londra per i laureati. Molti studenti si spostano da sud a nord per studiare in università di prestigio, ma poi tornano a casa non appena hanno concluso gli studi. Questo inevitabilmente lascia il Nord a corto di forza lavoro altamente qualificata, e in definitiva contribuisce alla concentrazione geografica del talento che origina agglomerati di lavoratori altamente qualificati da una parte, e di forza lavoro senza competenze e senza specializzazioni dall’altra.Le competenze e l’istruzione sono associati con i livelli di disoccupazione. I dati sul numero di persone che ricevono sussidi di disoccupazione sul totale della popolazione in età da lavoro è di gran lunga più grande al Nord che al Sud. In ogni caso, c’è di più. La disoccupazione di lungo periodo, definita come la frazione dei disoccupati che è stata senza lavoro per 12 mesi continuativi, raggiunge quasi il 50% in Irlanda del Nord, ma tocca il 35% nel nord-est ed è appena al di sotto del 30% in Yorkshire, in forte contrasto con i risultati di Berkshire, Buckinghamshire e Oxfordshire che, al 13,2% di disoccupazione di lungo termine, sono tra le regioni con il più basso livello nell’intera Unione Europea.
La bassa produttività potrebbe però avere anche un’altra, più pratica spiegazione: le infrastrutture. Qualche anno fa, il governo prese atto di un problema di collegamenti ferroviari nel nord dell’Inghilterra, e della necessità di interventi di modernizzazione. Creò una commissione apposita, Transport for the North, con l’obiettivo di studiare la possibilità di migliorie all’infrastruttura. L’urgente bisogno di investimenti è chiaro: i treni elettrificati sono ancora ben lungi dall’arrivare, e il materiale rotabile del Nord sembra quasi essere più adeguato per un museo ferroviario. Secondo il giudizio dell’Institute of Public Policy Research, negli ultimi dieci anni l’area ha ricevuto circa il 60% in meno rispetto alle regioni del sud in termini di finanziamenti per il sistema dei trasporti pro capite. Ciononostante, sono stati avanzati dubbi circa la prosecuzione dei lavori del progetto HS2, una linea ad alta velocità che collegherebbe Londra al Nord.

I tentativi di colmare il divario e il fantasma della Brexit
Nel corso degli anni, i governi hanno cominciato a comprendere le proporzioni del divario e a versare finanziamenti per specifici progetti, ma senza devolvere autonomia fiscale – con la Scozia sempre sul punto di considerare la propria posizione nel Regno Unito e le questioni spinose intorno all’Irlanda del Nord l’autonomia è sempre una questione sensibile. I governi hanno incoraggiato gli accordi tra autorità locali, ignorando però che le sinergie a livello locale possono non essere abbastanza per attrarre investimenti. L’impegno a creare la «Northern Powerhouse» (un tema caro all’ex-Cancelliere dello Scacchiere, George Osborne) o un «Midlands Engine» (stando a Theresa May, nel 2017) ha fatto una buona impressione sulla carta, ma gli esiti sono ancora difficili da valutare. Qualche indizio che il Nord stia recuperando terreno potrebbe venire dall’analisi dei dati sul Valore Aggiunto Lordo (GVA), una misura del valore della produzione, che sembra dimostrare che le regioni del Nord si stiano riprendendo.
 

La crescita delle diseguaglianze può solo aggravare le fratture politiche: il Nord potrebbe divenire ancora più dipendente dal Sud, mettendo a rischio le prospettive di crescita dell’intero paese


Tuttavia, i deboli segni di ripresa potrebbero venire vanificati dalla Brexit. Le analisi prima e dopo il voto hanno mostrato che saranno i poveri a pagare il prezzo di un’uscita disordinata dall’Unione Europea. Inflazione elevata e disoccupazione sono all’orizzonte. Questo significa che metà del paese è estremamente esposta alle conseguenze negative della Brexit. La crescita delle diseguaglianze può solo aggravare le fratture politiche: il Nord potrebbe divenire ancora più dipendente dal Sud, mettendo a rischio le prospettive di crescita dell’intero paese, e senza crescita è inverosimile che il benessere dei cittadini nel Nord possa migliorare. Le politiche di Margaret Thatcher che portarono alla deindustrializzazione furono, al tempo, l’unica opzione disponibile per un paese che rischiava il collasso, misure che contribuirono a ricondurre l’inflazione sotto controllo e al contempo posero le fondamenta per tre decenni di crescita continua e sostenuta, che hanno reso oggi il Regno Unito una delle più dinamiche e innovative economie del mondo. Ma le privatizzazioni e la concorrenza hanno arrestato la crescita al Nord e ora è tempo di risolvere questo sbilanciamento. Questa è la ragione per la quale il governo dovrebbe tenere conto delle disparità nel contesto della strategia per la Brexit, perché l’impatto potrebbe non essere equidistribuito nel paese. Stroncare i flussi migratori da altri paesi europei non potrà creare maggiori posti di lavoro nelle aree in cui il potenziale economico è basso. Al contrario, investimenti di lungo termine sul miglioramento delle competenze della forza lavoro sono essenziali per assicurarsi che il Nord possa tornare a crescere.

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Parte della serie Speciale Elezioni Europee 2019

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