La Germania post Merkel | Speciale Europee 2019

Cinque anni dalle ultime Europee e il passo indietro di Angela Merkel. Che direzione prenderà adesso la Germania?

Dal 2014 ad oggi la Germania ha vissuto una vera e propria rivoluzione politica. Dal dopoguerra in poi, mai vi era stata una tale densità di accadimenti e stravolgimenti politici sia sul piano interno che su quello europeo per il paese teutonico. Innanzitutto, la Flüchtlingskrise, la crisi dei rifugiati. Negli ultimi quattro anni, la questione e tutti i risvolti politici ad essa legati hanno letteralmente occupato ogni singola prima pagina e ogni piccola discussione in birreria, da Amburgo a Monaco. Wir schaffen das, ce la faremo – il mantra della cancelliera da quell’agosto 2015 in cui scelse di aprire i confini ad un milione di migranti, principalmente siriani, ammassati in trepidante attesa sul confine. I dati, ad ora, danno ragione a Frau Merkel: buona parte di chi è stato accolto padroneggia ormai la lingua, ha un lavoro e una residenza. Ma le critiche – e le criticità – non hanno tardato a farsi sentire.

La questione migranti e la crisi dell'Euro
L’accordo del 2016 con il presidente turco Erdogan che la cancelliera si è adoperata per promuovere e far approvare in Unione Europea per diminuire massicciamente l’afflusso di migranti sulla via balcanica ha turbato le coscienze di molti. L’opinione diffusa è che costringere migliaia di profughi a rimanere in Turchia significhi per loro solo maltrattamenti e pericoli, e non la stabilità politica, sociale ed economica che meriterebbero e che un paese ricco e democratico come la Germania potrebbe offrire loro. Tuttavia, la «politica delle porte aperte» del governo ha creato forti malumori nella società tedesca, nonché nella stessa base elettorale dell’Unione cristiano-democratica guidata da Angela Merkel. Questa ha infatti visto una vera e propria erosione di consensi a favore dell’Alternative für Deutschland (AfD), nuovo partito di destra, euroscettico, razzista e anche sospettato di essere vicino a un certo numero di movimenti neonazisti, da tempo dato come primo partito nell’economicamente e socialmente più debole Est del paese, e terzo partito alle ultime elezioni federali con circa il 13% dei consensi. Il ritorno di un partito così a destra nello spettro politico parlamentare ha stravolto gli ordinati quanto pacati equilibri politici tedeschi, con i toni usati dagli esponenti di questo movimento ammiccano ad una minoranza del paese nostalgica e arrabbiata che vede nell’arrivo di stranieri il principale motivo delle proprie difficoltà.
 

Il ritorno di un partito così a destra come Alternative für Deutschland, terzo alle elezioni federali con il 13% dei consensi, ha stravolto gli ordinati quanto pacati equilibri politici tedeschi


Altra crisi internazionale che ha decisamente mosso l’opinione pubblica tedesca, in questo caso compattandola più che disgregandola, è l’Eurokrise, la crisi dell’euro. Quando nel luglio 2016 il referendum indetto dal premier Tsipras in Grecia confermava il rifiuto popolare all’ultimo piano di riforme contrattato con l’Unione Europea in cambio di finanziamenti economici, la Germania si infiammava. Molti iniziarono a temere una pericolosa concatenazione di eventi che avrebbe potuto far sprofondare nuovamente l’Europa – e la Germania – in una crisi simile a quella del 2008. I sondaggi confermavano profonda avversione nei confronti delle scelte del popolo greco, mentre lo stesso governo al potere si spaccava. Mentre il ministro delle finanze Schäuble prediligeva un’uscita della Grecia dalla zona euro, la cancelliera temporeggiava nella speranza di poter raggiungere un compromesso con l’interlocutore ellenico. Merkel, alla fine, ha avuto la meglio: la Grecia non è uscita dall’euro e si è avviata, al contrario, ad un cammino di riforme socialmente ed economicamente molto pesanti, che porteranno numerosi critici ad Atene, ma numerosissimi sostenitori in patria.

Le elezioni federali del 2017 e l'esito incerto delle Europee
Infine, le ultime elezioni federali, i Bundestagswahlen del 2017. Per la terza volta nella storia politica tedesca, né l’alleanza liberal-conservatrice tra Cdu e Csu con l’Fdp, né la coalizione tra i socialdemocratici e i Grüne hanno ottenuto una maggioranza parlamentare. La Merkel prediligeva la cosiddetta Jamaika-Koalition, con verdi e liberali, naufragata però nel novembre 2017 per volere del leader dell’Fdp Christian Lindner, preoccupato di perdere consensi in una costellazione troppo lontana dagli interessi del suo partito e dei suoi elettori. Il fallimento senza precedenti delle trattative di governo ha portato ad un grave scombussolamento sia nel mondo politico che nell’opinione pubblica. E poco più di un anno fa i socialdemocratici, non più a guida Martin Schulz (contrario ad allearsi con i conservatori della Merkel), si sono sentiti costretti ad entrare nella quarta Große Koalition, lasciando buona parte del partito scontenta e vedendo da allora una serie di vere e proprie débâcle elettorali in tutte le elezioni regionali che si sono susseguite.
 

Forse, per la prima volta nella storia, i due partiti alla base del sistema politico tedesco non raggiungeranno la maggioranza assoluta dei seggi


Anche il partito di Angela Merkel ha continuato a perdere consensi, arrivando a percentuali tali per cui la stessa cancelliera si è sentita in dovere di lasciare la guida, cedendola ad Annegret Kramp-Karrenbauer, che da qualche mese a questa parte sta cercando di «riportare a casa» i tanti transfughi fuggiti durante l’era Merkel verso l’AfD con una decisa virata verso destra. All’alba delle elezioni europee, i sondaggi non danno ragione né alla nuova linea politica cristiano-democratica di Akk, né alla scelta dell’Spd di governare a tutti i costi, decisione vista ancora da molti come un vero e proprio suicidio politico. Forse, per la prima volta nella storia, i due partiti alla base del sistema politico tedesco non raggiungeranno la maggioranza assoluta dei seggi. A beneficiarne la destra radicale, stabilmente oltre il 10%, nonché i verdi, dall’autunno vicini alla linea psicologica del 20%, andamento che ne sta facendo sempre più l’unica vera alternativa di governo all’Union. L’esito elettorale è quantomai incerto.


Parte della serie Speciale Elezioni Europee 2019

Commenta