I conflitti della Francia | Speciale Europee 2019

Il nazionalismo di Marine Le Pen, i gilet jaunes e l'europeismo di Macron: la Francia verso le elezioni europee

Il prossimo 26 maggio si terranno in Francia le elezioni europee. Contrariamente a quelle italiane su base circoscrizionale, le elezioni europee francesi vedranno gli elettori votare scegliendo i candidati da una lista nazionale unica composta da 79 nomi. Il deposito delle candidature permette di fare una prima analisi dei temi principali attorno ai quali i cittadini d’Oltralpe costruiranno il loro voto, così come sulle strategie che i differenti partiti e candidati hanno adottato per conquistare le preferenze della società francese, che negli ultimi tempi è stata frammentata sulla questione dei gilet jaunes, della transizione ecologica e su temi fiscali e di riforma lavorale. 
Per capire quali sono i rancori politici dell’attuale società francese, punto di partenza imprescindibile sono i risultati della grande consultazione cittadina lanciata dal governo nel gennaio scorso e conclusasi all’inizio di aprile, il Grand Débat National. Il questionario proposto constava di 82 domande/suggerimenti raggruppate in quattro grandi temi: fiscalità e bilancio pubblico, transizione ecologica, democrazia e cittadinanza, organizzazione dello Stato e dei servizi pubblici, con l’obiettivo da parte del governo di rispondere alle proteste lanciate dal movimento dei gilet jaunes che ogni sabato da ormai sette mesi calca i pavés parigini per protestare contro il governo Macron. Secondo i dati ufficiali, un milione e mezzo di persone hanno aderito all’iniziativa.

Il dibattito nazionale e il dibattito europeo
Le prime pagine dei quotidiani francesi non hanno mancato di sottolineare come l’Europa sia assente dalle questioni di questo Gran Débat, quasi a dire che la crisi sociale francese possa essere risolta senza tenere in conto l’Europa. Ma davvero le riforme per le quale i francesi scendono in piazza – la riforma sull’imposta sulla fortuna (una tassa per i redditi più elevati), la riforma della pubblica amministrazione, e le condizioni di attribuzioni di assegni famigliari – non hanno direttamente a che fare con l’Europa?
Infatti, benché l’opposizione abbia definito l’iniziativa un «grande bla bla» orchestrato ad hoc per riportare Macron più in alto nell’indice di gradimento, l’operazione sembra almeno in parte riuscita, visto che ora il partito al governo ha recuperato punti e si trova testa a testa nei sondaggi per le europee con il partito di Le Pen, il Rassemblement National (RN), l’evoluzione dello storico Front National. I reclami emersi dall’iniziativa cittadina dimostrano che i temi che stanno a cuore ai francesi sono ambiti in cui l’Ue può agire positivamente, dalla disoccupazione, all’immigrazione fino ancora alla transizione ecologica.
 

Il Rassemblement National e gli altri partiti di destra euroscettici insistono nella demonizzazione dell’Europa in primis per sanzionare a livello elettorale Emmanuel Macron


Per quanto il Rassemblement National e gli altri partiti di destra euroscettici come Les Patriotes (il cui capolista, Florian Philippot, è un ex-membro del Rn), l’Upr guidato dal profeta del «Frexit» François Asselineau e Débout la France insistano nella demonizzazione dell’Europa, non bisogna dimenticare che questi partiti lo stanno facendo in primis per sanzionare a livello elettorale Emmanuel Macron, ormai a metà del suo mandato, e non per rispondere alle necessità della Francia.

Le candidature dei gilets jaunes
Questo è testimoniato dal fatto che molti di questi partiti euroscettici senza grande pubblico (Patriotes, Upr e Débout la France tra tutti) abbiano proposto come candidati alle europee dei gilets jaunes proclamati; dall’altra parte, il grande partito d’opposizione, il Rassemblement National, non ne ha candidato nessuno. Anzi, l’Rn ha scelto come candidato di testa Jordan Bardella, giovane ventiquattrenne di origini italiane militante del partito da quando aveva 16 anni. E alle europee, l’Rn cerca di allearsi agli altri partiti europei di estrema destra e di destra radicali, con l’obiettivo di formare un’alleanza transazionale «Per un’Europa di Nazioni e di Popoli», dal titolo del manifesto del Rn, e di conseguenza le richieste nazionali dei gilet jaunes cozzerebbero con il discorso politico transnazionale.
In ogni modo, il terreno fertile – ma fragile – su cui cammina l’Rn è stato parzialmente un dono delle pericolose dichiarazioni del presidente Macron, che alla conferenza stampa del 24 aprile scorso ha dichiarato che «lo spazio Schengen con le regole di Dublino non sta più funzionando», soffermandosi sulla necessità di ripensare la libera circolazione delle persone sulle basi di un’Europa sovrana ma che «mantiene e protegge» le sue frontiere, con meno stati coinvolti in Schengen ma più attaccati ai suoi ideali.

La ripresa di Macron
La posizione del presidente francese, che si sta riprendendo da un durissimo crollo nei sondaggi, si dimostra confusa e particolarmente rischiosa tenendo in conto il clima di grande tensione sociale che si respira in Francia. I sondaggi ufficiali pubblicati il 2 maggio da OpinionWay e Epoka mostrano rispettivamente l’Rn in testa e En Marche in testa con uno scarto del 3%. Questo mostra come i francesi trovino paradossalmente difficoltoso discernere le posizioni dei due partiti principali sui grandi temi elencati in precedenza, su di tutti immigrazione e fiscalità che sono i baluardi sia del partito di Macron che di quello di Le Pen per le elezioni europee.
Proprio l’incidenza di temi così rilevanti a livello europeo fa presagire un fiasco elettorale delle liste dei gilet jaunes, «Alliance jaune», capitanata da Francis Lalanne, e «Evolution citoyenne» alla cui testa si trova Christophe Chalençon, per ora con un supporto che si aggira a poco più del 2%, sicuramente eco delle ultime manifestazioni del gruppo a Parigi ritenute da diversi sondaggi ufficiali quelle che meno ha saputo mobilitare i suoi sostenitori. In sostanza, sembra che la partecipazione vada gradualmente scemando.
 

Le risposte ottenute dall’Eliseo in seguito alla loro sollecitazione di 300 pagine, e in generale l’istituzionalizzazione del dialogo tra il governo e i gilets jaunes, può rappresentare un punto a favore del presidente


Se il rallentamento dell’attività dei gilets jaunes sia direttamente correlato alle risposte ottenute dall’Eliseo in seguito alla loro sollecitazione di 300 pagine, non è certo. Quello che è certo è che l’istituzionalizzazione del dialogo tra il governo e i gilets jaunes può rappresentare un punto a favore del presidente, specialmente nell’ottica di elezioni europee che sono in realtà più un giudizio sull’operato presidenziale finora: gli elettori più moderati potrebbero ritrovare un certo charme nell’abilità del governo di coinvolgere i manifestanti nel dialogo istituzionale, decidendo così di esprimere la loro preferenza per un partito progressista (come En Marche) rispetto ad un partito euroscettico come il Rassemblement National che si è appropriato della narrativa popolare adottata dai gilet jaunes senza però lasciar loro alcuno spazio di rappresentazione in seno al partito.

La sfida tra En Marche e il Rassemblement National
A pochi giorni dalle elezioni, la Francia si dimostra più che mai terreno di sfida elettorale, con da un lato un partito al governo che ha lasciato la sua vocazione ultra-europeista delle origini, puntando più alla creazione di un grande blocco centrale pro-europeo in seno al Parlamento Europeo. La strategia: aumentare il distacco con i nazionalisti incarnati da Matteo Salvini, Victor Orbán e Marine Le Pen attraverso la promozione di politiche europee comuni in materia di asilo, la revisione del diritto della concorrenza al fine di creare e proteggere i campioni europei nell’ambito tech e trasporti, e ancora dimostrare, riferendosi alla crisi dei gilets jaunes, che un’ Europa che ascolta i suoi cittadini – un’Europa che protegge, per dirlo usando lo slogan ufficiale – esiste ed è possibile.
La battaglia in Francia si combatterà, dunque, in un contesto particolare: con i partiti storici di destra e sinistra (i Républicains e i Socialistes) che faticano a uscire dalla crisi, la vera sfida si gioca tra En Marche e il Rassemblement National di Marine Le Pen. La vittoria sarà di chi saprà difendere meglio gli interessi – prettamente francesi – in Europa. Se lo faranno con strumenti pan-europei, come En Marche che tra i candidati fa figurare anche cittadini stranieri tra cui l’italiano Sandro Gozi, ex-segretario agli affari europei nel governo Gentiloni e federalista, o con strumenti pan-nazionalisti come l’Rn, sarà una scelta che solo i francesi potranno prendere.


Parte della serie Speciale Elezioni Europee 2019

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