Joseph Goebbels

Rheydt, 29 ottobre 1897 – Berlino, 1º maggio 1945

Forse poliomielitico, certo storpio, il giovane Goebbels non serve la patria nella Grande Guerra. Si laurea dottore ad Heidelberg in filologia germanica nel 1922 e durante i primi turbolenti anni della Repubblica di Weimar cerca riscatto nell'idea di nazione. Figlio radicale di contadini molto cattici, Goebbels nutre sentimenti di odio per la borghesia e entra per caso in contatto con il partito nazionalsocialista. Hitler lo nota subito per l'eccezionale eloquenza e nel 1926 lo nomina responsabile politico (Gauleiter) di Berlino, città ancora saldamente in mano a socialisti e comunisti. Così, da seguace dei radicali fratelli Strasser, Goebbels passa all'ala hitleriana del partito e il suo antisemitismo si fa sempre più aperto e violento. Nel 1933 diventa Ministro della Propaganda, preoccupandosi meno di rispettare i dogmi hitleriani che di fare il suo lavoro con efficacia. Per costruire la cultura nazista, non mette in atto un martellamento acritico, ma una campagna di persuasione che susciti nel singolo individuo un'adesione intima al nazismo. Roghi di libri, incursioni nel cinema – tra cui quello di Leni Riefenstahl – e attacchi all’«arte degenerata» degli espressionisti, controllo della stampa e allestimento di coreografie di massa compongono la narrazione nazionalsocialista orchestrata da Goebbels. Il gerarca rimarrà sempre fermo sul mito del Führer e sulla necessità storica della vittoria della Germania durante la Seconda guerra mondiale, anche dopo la disfatta di Stalingrado del 1943 e fin nel bunker della cancelleria. Morto Hitler, sarà Führer per un giorno; lo seguirà suicidandosi con la moglie Magda dopo aver avvelenato i loro sei figli.


Parte della serie Fascismi

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