Il bue muto

La gioventù di San Tommaso tra gli studi parigini e le prese in giro dei compagni

La figura di San Tommaso si erge possente sullo sfondo del XIII secolo: noto come doctor angelicus, con la sua opera cercò una conciliazione tra la teologia cattolica e la novità filosofica del razionalismo naturalista – quella stessa corrente naturalista che sarebbe, poi, stata additata da Petrarca come il male del suo tempo. Col XIII secolo si era aperta, infatti, un’epoca di enormi cambiamenti. Gli effetti positivi della ripresa economica e sociale iniziata nei secoli precedenti stavano realizzando un progresso che avrebbe velocemente mutato gli equilibri precedenti, lasciando un segno dal quale nessun settore della civiltà europea sarebbe rimasto immune.
La nuova ondata di sviluppo interessava, infatti, ogni aspetto della vita del secolo: dal lavoro, alle arti, al pensiero. I miglioramenti tecnici permettevano una maggiore resa agricola; questa, a sua volta, stimolava tutto il variegato comparto manifatturiero il quale, operando soprattutto nelle città, ne permetteva una grandissima fioritura (è l’epoca dei comuni italiani). Una simile spinta investì di pari passo le arti: l’architettura assistette alla vistosa diffusione, a partire dalla sua culla nell’Île-de-France, del nuovo, luminoso stile che sarà conosciuto come gotico.
Ma contemporaneamente rifiorirono anche gli studi. La necessità di istruire e formare un clero secolare all’altezza delle nuove realtà statali favorì la nascita delle università (la prima è fondata a Bologna nel 1088) e i rapporti con la cultura araba riportarono in occidente pensatori del calibro di Aristotele che, col suo vigoroso (e rigoroso) uso della ragione, acquisì un’influenza sempre maggiore sulla riflessione dei decenni a venire. È in questo fermento carico di possibilità che il giovane Tommaso visse e studiò.

Consacrato a Dio ancora bambino per volere dei genitori, contro la loro volontà era partito alla volta della facoltà di teologia di Parigi (la più celebre del tempo), per approfondire lo studio della logica e della teologia. Qui oltre a seguire il corso di studi canonico si era erudito di quell’aristotelismo carico della riflessione araba (soprattutto Averroè) che sin dalla sua prima apparizione aveva reso sospettose le autorità ecclesiastiche ma che, nonostante tutto, nessuno era ancora riuscito a estirpare. Sempre a Parigi, durante il suo periodo di studi, Tommaso aveva avuto anche modo di conoscere e di studiare sotto la guida di Alberto di Bollstädt, pure lui un frate domenicano (poi santificato con il nome di sant’Alberto Magno), rinomato tra i contemporanei con l’appellativo di doctor universalis, in virtù della sua smisurata erudizione. È proprio al seguito di Alberto che, terminato il triennio di studi parigino, Tommaso si trasferì a Colonia, dove il maestro era stato chiamato con l’incarico di istituirvi una sede universitaria.
Qui, a Colonia, nello studium generale (così erano chiamate le università medievali), i compagni notarono l’atteggiamento silenzioso e taciturno e la grande mole del giovane Tommaso. Per questo, cominciarono a chiamarlo con il nomignolo ‘il bue muto’. Ma Alberto, resosi conto della cosa e conoscendo bene le sue grandi capacità, esclamò: «Voi lo chiamate ‘il bue muto’! Io vi dico che, quando questo bue muggirà, i suoi muggiti si udranno da un’estremità all’altra della terra!». Quando fu udito, quel muggito, percorse davvero il mondo conosciuto da parte a parte.

 

Pubblicato su L'Eco del Nulla N.1, "Nuovi inizi", Autunno 2014
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