Polvere di stelle

Inammissibile: qualcuno nel M5S vuole ragionare con la propria testa

I solidi principî monocratici vacillano. Il segreto dell’urna induce in tentazione. E un certo horror vacui spinge alcuni dissidenti del Movimento cinque stelle ad agire secondo coscienza. A votare a favore di Grasso per la presidenza del Senato. Appoggio al Partito di Bersani. Collusione. Eresia. Quasi immediata la risposta di Grillo: chi ha tradito tragga le dovute conseguenze. Una sorta di invito a dimettersi. Un po’ più garbato di quello indirizzato qualche tempo fa ad altri due spiriti liberi, Favia e Salsi. L’accusa? Aver avanzato dubbi sulla democraticità del Movimento. Per entrambi, il giudizio fu risoluto: una diffida dal fare ancora utilizzo del logo e del nome dei Cinque stelle. Più velato e conciso quello di oggi, indirizzato ai franchi tiratori. Ma, in sostanza, senza appello.

Le prime crepe si aprono improvvisamente nella compattezza dell’ensemblement dei grillini. Una riunione d’urgenza convocata prima dell’ultima votazione non riesce a imporre di sventolare bandiera bianca comune a tutti. Si affrontano la fazione del contro Schifani e quella del contro tutti. Le grida riempiono il terzo piano del Senato. Le porte restano chiuse. La trasparenza è servita. Il civile confronto lascia spazio allo scontro ferino. Sarebbero principalmente i senatori siciliani a caldeggiare l’elezione di Grasso. Una sorta di compromesso obbligato. Indigesto per i fedelissimi dell’oltranzismo e di Grillo. I toni si surriscaldano. E la riunione si risolve in un sostanziale nulla di fatto. Con i giornalisti cupidi, poche parole. Molti monosillabi. Eloquenti silenzi. Qualche ora dopo, il partito si spacca. E ci si affretta a chiarire quella che è già un’impasse. Non c’era l’ordine di votare scheda bianca. No, nemmeno libertà di voto. Le schede andavano annullate. Niente resa al nemico. Forse. Si precisa con qualche esitazione che il gruppo dei senatori grillini è solido, non c’è alcuna frattura. Il clamore è incontenibile. Le frizioni che si producono minano l’immagine di unità che si è cercato di difendere fino ad adesso.

L’eterogeneità della composizione del Movimento avrebbe dovuto già da tempo suggerire un esito simile. Un eclettismo forzoso che non avrebbe portato un giudizio unitario. Questa gente comune alla ventura, folgorata dall’eloquio volgare del Messia genovese, si sarebbe tradita presto. Medici e operai, imprenditori e disoccupati, uniti dall’odio contro il Sistema e da una certa frustrazione avrebbero assunto certamente posizioni inconciliabili tra loro. Il lider maximo avrebbe perduto il controllo assoluto dei suoi seguaci, una volta che questi si sarebbero trovati dentro il Parlamento. E lui fuori. A scagliarsi contro i dissidenti tramite il suo blog, quasi impotente. Decade la compostezza unitaria della gente. Qualcuno ragiona con la propria testa e pecca di ỳbris, mettendo in dubbio la legittimità delle imposizioni. Forse legge la Costituzione. Fatto sta che rende più opaca l’immagine di un Movimento che si è voluto ergere ad espressione fedele e legittima della volontà popolare, in un’esaltazione tanto accorata quanto sprovveduta della democrazia partecipativa. Un partito che si trova a fare i primi conti con i dissidi interiori su cui le minacce di ritorsioni possono ben poco. Intanto, l’effetto è quello di far intuire un vago dispotismo demagogico. Forse la libertà di espressione non è poi così garantita, sotto le stelle. Forse il Grillo parlante è uno solo, primus inter pares, e lo stuolo di seguaci deve rimanere muto.

Ora è il momento che anche i parvenu capiscano cosa sia la politica che hanno sempre indistintamente osteggiato. Che non si può risolvere tutto per alzata di mano. Che la diretta video delle riunioni è inutile, se non se ne vuole riconoscere l’esito disastroso. Che in politica si è anche chiamati a proporre e poi a scegliere, e non solo a contrastare aprioristicamente. Insomma, ad operare delle scelte che vadano oltre il contrasto, utile solo a corroborare la propria immagine di integrità davanti agli occhi degli elettori. Pare risibile la pretesa di navigare a vista e di conferire il proprio assenso di volta in volta alle proposte che più si conformano alla linea imposta dall’alto. Una linea a cui non tutti sono fedeli, però. Se i dissensi si osservano già sull’elezione del presidente del Senato, è prevedibile l’entità che potrebbero avere su questioni economiche. Deflagranti, in un partito in cui qualcuno vaneggia l’addio all’Euro e qualcuno, più assennatamente, non lo ritiene possibile. Ma fin quando tutto tace, fin quando non si governa, si riesce a garantire un aspetto coeso. Il voto di Sabato scorso ha dimostrato senza equivoci la fragilità di un gruppo parlamentare privo di una figura di riferimento interna. Privo di ideali comuni e collettivi, se non l’opporsi pervicacemente a qualsiasi proposta. Con la pretesa di riuscire a conservare in eterno l’aria da giovani ingenui ed inesperti, osteggiati dai poteri forti e dalla vecchia politica. Vessati e calpestati. Non si può essere vittime per sempre. Non si può neanche adagiarsi nel limbo, e giudicare con aria sdegnosa qualsiasi proposta, dall’alto degli scranni delle Camere. Nemmeno se si occupano cinquantaquattro seggi in Senato.

Ma l’ostruzionismo proseguirà, perché il prossimo appuntamento è un voto palese. E ancora in pochi avranno il coraggio di contrapporsi manifestamente al Sovrano, salvo ripensamenti dell’ultimo minuto. Le elezioni si prospettano imminenti, e il Movimento deve mostrarsi risoluto, compatto, pronto a triturare il Sistema con l’ignoranza e la bassezza. La campagna elettorale è già iniziata, e le cadute di stile non sono ammesse. Tutti i grillini dabbene crederanno che sia questa la vera democrazia orizzontale. In cui uno impone, e gli altri si conformano. La volontà di un singolo, in fondo, a posteriori è la volontà della gente.


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