Interviste dalla quarantena | Ilide Carmignani e Teho Teardo

Si faccia una vita interiore. Scrittori, traduttori, giornalisti e musicisti raccontano il loro isolamento

Mentre i giorni della quarantena si accumulavano uno dopo l’altro e cercavo un modo per abitare la mia casa e me stessa senza farmi intimorire da questo tempo circolare, ho pensato spesso a una frase di Cesare Pavese che va bene un po’ per tutto, anche per mandare la gente a quel paese: «Si faccia una vita interiore». La frase intera, in realtà molto dolce, viene da una lettera a Fernanda Pivano, e dice: «Si faccia una vita interiore – di studio, di affetti, d'interessi umani che non siano soltanto di “arrivare”, ma di “essere” – e vedrà che la vita avrà un significato». È probabile che Pavese, andando spesso a trovare la sua amica Natalia Ginzburg a Gressoney, avesse preso in prestito l’espressione dal padre di lei, Giuseppe Levi, che quando i figli si annoiavano in montagna li sgridava tuonando: «Voialtri vi annoiate perché non avete vita interiore». Sia come sia, la questione ci mostra una verità importante: se già normalmente è utile sapersi abitare ed essere in grado di muoversi nella propria topografia interna, figuriamoci quanto può diventarlo chiusi in casa durante una pandemia. Il bello della vita interiore, poi, è che può essere fatta di tante cose, non per forza di studio e di libri ma anche di musica, ricette, motociclette da riparare per tempi migliori, fiori da coltivare, yoga sul balcone. Così è nata l’idea di questa serie di micro interviste a persone che grazie a libri, musica e articoli ci fanno compagnia nelle nostre vite interiori, per andare a scoprire un po’ della loro. Le pubblicheremo due a due, ogni volta una donna e un uomo, per un totale di dieci puntate.

La quarta coppia è formata da Ilide Carmignani e Teho Teardo.
Ilide, di Lucca, è la più importante traduttrice italiana vivente dei latinoamericani, da Bolaño a Onetti passando per Sepúlveda, di cui ha tradotto l’intera opera e con cui è stata molto amica. Nel 2017 ha ritradotto per Mondadori Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez. Ha vinto vari premi, tra cui il premio di traduzione letteraria dell'Instituto Cervantes. Ha fondato e cura diversi eventi dedicati al mestiere della traduzione: il ciclo di incontri “L'autoreInvisibile”, da vent’anni, per il Salone del Libro di Torino; le “Giornate della traduzione letteraria”, da diciassette (prima a Urbino, oggi a Roma); e dal 2013, “Traduttori in movimento” al castello Malaspina di Fosdinovo, in Toscana. Fa parte del comitato editoriale del Salone del Libro di Torino.
Teho Teardo è uno dei più importanti compositori italiani di colonne sonore. È nato a Pordenone e qui ha mosso i primi passi nella scena rock post-industriale a partire dagli anni ’80, fondando poi nel ’92 i Meathead. Il primo incontro fatale con il cinema è avvenuto nel 1999, quando Gabriele Salvatores gli ha chiesto di comporre la colonna sonora di Denti. Il secondo incontro fatale è stato quello con Paolo Sorrentino. Ha lavorato, tra gli altri, con Guido Chiesa, Claudio Cupellini, Stefano Incerti, Andrea Molaioli, Daniele Vicari. Ha vinto molti premi, tra cui il David di Donatello e il Premio Ennio Morricone per Il divo di Sorrentino, e l’Irish Theatre Award. Collabora da diversi anni con Blixa Bargeld, con cui ha pubblicato due album che ha portato in tour in tutto il mondo. A teatro lavora con Enda Walsh, con il quale ha realizzato Grief is the thing with feathers, Arlington, Ballyturk.

 

ILIDE CARMIGNANI


Dove stai trascorrendo il lockdown? Sei da sola o con qualcuno?
Sono a casa, sulle colline fra Lucca e il mare, un posto dove la sera i cinghiali vengono a mangiare le nocciole in fondo al giardino e i daini bramiscono nell’oliveto (tanto belli e tanto stonati). Mi tengono compagnia, ma non troppo perché continuo a lavorare parecchio, un marito e due figli.

Stai bene? Come stanno i tuoi cari?
Stiamo tutti bene, per fortuna. La fortuna è diventata una dea molto importante in questi ultimi tempi.

Qual è la cosa che più ti manca del “prima”?
La calda sensazione di accoglienza che mi trasmetteva il mondo quando viaggiavo.

Qual è la cosa che invece non ti manca?
Un grande regalo è stato avere la compagnia dei miei figli, due ventenni. Non mi manca averli fuori casa.

Puoi dire di aver imparato qualcosa, di te o in generale, in questo periodo di quarantena?
Più che imparare, ho avuto conferma che aver cura degli altri è aver cura di sé e aver cura di sé è aver cura degli altri.

C'è un'abitudine, o un nuovo rito, che hai acquisito?
Bolaño l’avrebbe giudicata una cosa un po’ cursi, un po’ sentimentale, ma pazienza: ogni giorno cerco nell’oliveto un fiore selvatico diverso e lo infilo nel mazzetto che tengo sulla scrivania. In realtà me lo faceva fare mia nonna da bambina, a maggio, per la Madonna. Resta una forma di preghiera, molto laica, perché tutto vada bene.

Che cosa mangi quando vuoi farti un piccolo regalo? Se vuoi dacci la ricetta.
Shortbread: 2 parti di burro, 2 parti di farina 00, una parte di farina di riso, una parte di zucchero, un pizzico di sale. 20 minuti in forno a 180 gradi. Il mio regalino quotidiano.

Che cosa hai letto o stai leggendo?
Salvar el fuego di Guillermo Arriaga, Chthulucene di Donna Haraway,  Il tradimento di Rita Hayworth di Manuel Puig.

Che film e serie tv hai visto o stai vedendo?
Ho appena visto un vecchio film bizzarro, Lo Zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti, e un documentario con Pepe Mujica, Fragile equilibrio di Guillermo García López. E ho rivisto Les Amours Imaginaires di Dolan. E poi Good Omens, Fleabag, Tales from the loop, qualche risata leggera con Young Sheldon. Le serie però spesso le comincio e non le finisco, dopo la prima puntata si ammosciano, vedi Unorthodox.

La migliore colazione possibile da fare a casa.
Shortbread e caffellatte.

La migliore colazione possibile da fare al bar e che ti manca.
Cappuccino senza schiuma e sfogliatella di ricotta, ma l’importante è il tavolino al sole, sul marciapiede, con un fiume di gente che ti passa davanti.

La prima cosa che farai quando si potrà.
Mi manca il mare: sole, sabbia, acqua.

Una frase che ti tiene compagnia.
«Se non ora, quando?»

 

TEHO TEARDO


Dove stai trascorrendo il lockdown? Sei da solo o con qualcuno?
Sono a Roma, con la mia famiglia. All’Esquilino, quella parte di città che comincia da un lato di via Merulana, attraversa Piazza Vittorio fino a fermarsi di fronte alla colossale parete di travertino a Termini. È un quartiere in cui risiedono persone che arrivano da ogni parte del mondo, ci sono grandi comunità di cinesi, indiani, africani. Mi sarebbe piaciuto vivere in campagna in questo periodo, in un posto con un giardino per camminare scalzo, sedermi a terra. Un mio amico si è rifugiato in montagna a Rigolato, paesino della Carnia, in Friuli. Ecco, ci andrei subito.

Stai bene? Come stanno i tuoi cari?
Stiamo bene, grazie.

Qual è la cosa che più ti manca del “prima”?
Mi mancano le persone. Sento la mancanza di amici, collaboratori. Il mio studio è un luogo di incontro, di lavoro, ora sono lì da solo, mi sembra irreale, come essere l’unico pesce nell’acquario. La musica si fa assieme. Avrei dovuto essere in tour in questo periodo, ma è saltato tutto, siamo fermi e senza la possibilità di pianificare un futuro prossimo. Per i musicisti, come per altre categorie, è seriamente difficile.

Qual è la cosa che invece non ti manca?
La frenesia idiota di coloro che vogliono sempre tutto e subito. Sono scomparsi qualche giorno dopo l’inizio della pandemia. Bisognerà fargli capire, quando torneranno, l’inutilità di tale furia.

Puoi dire di aver imparato qualcosa, di te o in generale, in questo periodo di quarantena?
Che lavorare meno fa stare meglio. Sottovalutare il potenziale dell’ozio è uno sbaglio: quando non lavoro in realtà produco più di quando sono all’opera su qualcosa.

C'è un'abitudine, o un nuovo rito, che hai acquisito?
No, non credo.

Che cosa mangi quando vuoi farti un piccolo regalo? Se vuoi dacci la ricetta.
Del pesce, purtroppo non semplice da trovare nella zona in cui posso muovermi in questo periodo di restrizioni dovute alla pandemia. Questa sera ho cotto un’ombrina al forno con le patate. L’ho farcita con olive, aglio, rosmarino, scorze di arancia e limone. Mentre cucinavo ho ascoltato Pavarotti a volume alto. Non avrei mai pensato di appassionarmi a Pavarotti e, invece, eccomi qui, imprigionato dentro la sua voce che, quando rimane da sola, sprigiona una tale potenza alla cui fine si scorge una fragilità di cui ignoravo l’esistenza. Quella fragilità nascosta mi commuove. O forse mi sbaglio completamente, magari è solo una mia sensazione, ma non è così importante.

Che cosa hai letto o stai leggendo?
I libri che ho apprezzato di più in questi giorni sono Lo studiolo di Giorgio Agamben, Sonic Agency di Brandon Labelle, The Rhythmic Event di Eleni Ikoniadu.

Che film e serie tv hai visto o stai vedendo?
La maggior parte delle serie che ho guardato non mi hanno trattenuto oltre il primo episodio. Ma ho rivisto un paio di episodi dell’ultima stagione di Twin Peaks, serie che ho amato tanto. Preferisco il linguaggio del cinema. Ieri sera ho visto un film di Robert Eggers, The Witch, ma non mi ha impressionato. Sto ascoltando moltissima musica, in questo periodo preferisco i dischi e trascuro un po’ il cinema. Ieri, diverse composizioni di Henry Purcell, secondo me i titoli dei suoi brani sono tra i migliori titoli possibili. Dopo Purcell mi viene spesso voglia di ascoltare Burial e poi Roedelius. Non vedo una connessione tra loro, ma probabilmente c’è qualcosa lì che non ho ancora capito.

La migliore colazione possibile da fare a casa.
Yogurt, granola, caffè.

La migliore colazione possibile da fare al bar e che ti manca.
Ho saputo che il bar sotto casa ha riaperto, domattina andrò a prendere un cappuccino con il cornetto, te lo portano fuori e lo bevi in strada. Non vedo l’ora, metterei anche la sveglia un’ora prima. Anzi no, preferisco dormire, è uno dei vantaggi di questi giorni poter riposare un po’ di più.

La prima cosa che farai quando si potrà.
Andrò ad abbracciare tutti coloro a cui voglio bene.

Una frase che ti tiene compagnia.
Una frase di Jean Genet in cui mi sono impigliato per caso qualche giorno fa: «We are realizing more and more that a poetic emotion lies at the origin of revolutionary thought».



 

"Si faccia una vita interiore" è un ciclo di interviste ideato da Francesca Pellas
Le illustrazioni sono a cura di Arianna Bellucci

www.ariannabellucci.com


Parte della serie Si faccia una vita interiore

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