Il Baro - Fonti e apparato iconografico


Aspetti generali

L’impianto generale del lavoro, la struttura di significati che ad esso è sottesa e lo stesso sviluppo narrativo delle vicende sono basati in larghissima parte su due fonti fondamentali: il De Coniuratione Catilinae di Gaio Sallustio Crispo e le quattro Orationes in L. Catilinam di Marco Tullio Cicerone. Molti passi sono poco più che parafrasi o rielaborazioni di luoghi di questi testi, di cui ho usato rispettivamente l’edizione a cura di Francesco Casorati (la traduzione è di Silvia Perezzani e Sandro Usai) edita da Newton Compton nel 2009, e l’edizione BUR del 2010, a cura di Lidia Storoni Mazzolani.

Per la determinazione latina di anni, mesi, giorni e ore, sia in capo ai paragrafi che lungo il testo, ho usato la scheda sulla misura del tempo alle pp. 215-217 del Nuovo Comprendere e Tradurre di Nicola Flocchini, Piera Guidotti Bacci e Marco Moscio, edito nel 2004 da Bompiani per la scuola; ugualmente ho fatto per le ore (per una rapida metabolizzazione dei meccanismi temporali, si rimanda alla pagina http://it.wikipedia.org/wiki/Calendario_latino). La datazione riprodotta è quella consolare.

Per il contesto storico (e degli antefatti e degli avvenimenti stessi) si rimanda Storia romana di Giovanni Geraci e Arnaldo Marconi, Le Monnier Università, p.115-148. Quanto ai luoghi più chiaramente definiti – la residenza di Catilina; il carcere Tulliano; le sedi del Senato; il luogo della battaglia – si rimanda ancora alle fonti citate di Sallustio e Cicerone. Mi sono limitato a queste uniche due fonti sia perché la natura recisamente letteraria del lavoro lo ha permesso senza inficiare la validità del risultato finale, sia perché mancava il tempo di affrontare un apparato più vasto di fonti; operazione di cui peraltro non ho sentito la necessità, essendo il mio principale obiettivo, al netto di quel che di personale c’è nell’interpretazione della vicenda e dei personaggi, il rimanere aderente al punto di vista degli autori.

Aspetti particolari

Per il tratteggio fisico e “fisiognomico” di Catilina si legga il felice ritratto fatto da Sallustio nel cap. 5 della sua opera. Per l’immagine di Catilina lasciato da solo in Senato, si veda il celebre affresco di Cesare Maccari, Cicerone apostrofa Catilina, fatto per Palazzo Madama nel 1889; immagine, peraltro, in parte riportata sulla copertina dell’edizione di Sallustio da me usata (nonché su quelle di innumerevoli riduzioni e selezioni ad uso scolastico).

Per l’espressività dei personaggi e per alcuni modi di dire mi sono rifatto ora al parlato del Satyricon petroniano nella traduzione  di Piero Chiara (che ho reperito in un’edizione speciale fuori commercio dell’opera, allegata a Epoca n. 1971 dell’11/07/1988) ora allo stesso Cicerone (e.g. dignum esse dicunt, quicum in tenebris mices: cfr. De officiis, III,77 ) o a espressioni ricorrenti o celebri nella letteratura latina (ad esempio, «degna di Attalo» è una rielaborazione da Attalicis condicionibus, da Orazio, Odi, I, 1, v. 12; così per «più freddo dell’inverno nordico», rintracciabile in Satyricon, XIX, e così via). Per l’immagine dell’Impero come cortile di Roma, cfr. Elio Aristide, A Roma, 28; per l’immagine d Roma come malsano emporio del mondo cfr. ancora Satyricon, XIV.

Per l’episodio del sacrificio di Marco Mario Gratidiano, cfr. Sallustio, Historiae, I,36, dove si rintraccia una descrizione dell’uccisione; segnala la responsabilità di Catilina il commento di Asconio Pediano all’orazione ciceroniana In toga candida (Asconio 90), che l’arpinate recitò in occasione della campagna elettorale giocata contro Catilina per il consolato del 63 a.C. La toga candida era appunto quella del candidatus; Cicerone tentò di sporcare quella di Catilina rievocandone il torbidissimo passato. Per l’esecuzione del “sacrificio” mi sono rifatto alla descrizione che Tito Livio (Ab urbe condita I, 44) e Dionigi di Alicarnasso (Ρωμαική άρχαιολογία, Antichità romane IV, 22) danno delle procedure di lustratio, eseguite tramite il suovetaurilia e officiate, secondo la medesima tradizione, in occasione del censimento. Per la figura e la riforma monetaria di Gratidiano, cfr. Economia e finanza a Roma, di Filippo Carlà e Arnaldo Marcone, p. 70; Cicerone, De officiis III, 80; stando a Cicerone, la folla («cui nessuno fu più caro di Gratidiano») gli eresse statue, e a queste offrì incenso e ceri; il che era molto simile a quanto accadeva per la festività dei Compitalia, e a ciò fu connesso; in tale occasione si procedeva anche ad una lustratio e al sacrificio, quindi, di un maiale. Ho mantenuto e riorganizzato i vari materiali per conservare e consolidare la potenza visiva dell’evento.

Per la coppa piena di sangue o di vino, che Catilina avrebbe somministrato ai suoi, cfr. De Catilinae coniuratione, 22. La nostra sensibilità contemporanea mantiene viva la capacità di un simile simposio di evocare l’immagine di un suggello duraturo e infrangibile, certo anche sotto l’influsso del complesso di significati veicolato dall’Eucaristia.

Per i giovani Cicerone e Catilina, le loro attività e collocazione nel contesto della Guerra sociale, cfr. Geraci-Marcone, op. cit. p. 134 e Storia e testi della letteratura latina, vol. 2, di Gian Biagio Conte ed Emilio Pianezzola, Le Monnier, p. 3.

Per la puls, piatto popolarissimo nell’antica Roma, cfr. Geraci-Marcone, op. cit. p. 36; il Falerno sembra vino apprezzato da Orazio, o quantomeno è ben presente nelle sue opere (e.g. Satire, I,10, 24; Odi, II, 3, 8).

Per l’istituto giuridico della Provocatio ad populum, che prescriveva regolare processo per i condannati a morte e ratificazione dei provvedimenti da parte del popolo riunito nei Comizi Centuriati, si vedano i rimandi bibliografici della nota 5, p. 23 dell’edizione citata delle Orationes; lo stesso si faccia per la legge Porcia (cfr. anche la nota 100 al De Catilinae coniuratione dell’edizione citata); cfr. ancora Geraci-Marcone, op. cit., p. 51.

Per l’aquila d’argento, cfr. De Catilinae coniuratione, 59; Orationes in L. Catilinam, I, 24 e II, 13; ho ritenuto verosimile che l’aquila fosse appartenuta a Silla, e non semplicemente a Mario, da un lato perché né Sallustio né Cicerone sono stringenti sul dato (né avrebbero avuto interesse ad esserlo), dall’altro perché Silla fu, col console Catulo, tra i protagonisti della vittoria sui Cimbri ai Campi Raudii. Inoltre, non vedo perché un sillano della prima ora, quale Catilina, avrebbe dovuto compiacersi così tanto di possedere un cimelio di Mario, anche se la presenza dell’aquila ai Campi Raudii bastava certo a renderla appetibile a uomini pristinae virtutis memores.

Per i dettagli sui singoli personaggi minori, cfr. le note dell’edizione citata del De Catilinae coniuratione; l’opera stessa al cap. 25 per il personaggio di Sempronia, appena accennato ma degno di essere approfondito; per Lentulo si rimanda anche alle Orationes  ciceroniane (specie alla III), per quanto riguarda il suo atteggiamento di fronte al console, e alle note dell’edizione citata per il suo omonimo antenato. Quanto al ruolo di Crasso a Porta Collina, cfr. Geraci-Marcone, Storia Romana, p.140; per le imprese di Lucio Opimio, cfr. http://www.treccani.it/enciclopedia/lucio-opimio/. In generale si rimanda alla pagina online dell’Enciclopedia Treccani per una ricerca rapida ed esauriente (anche se non sempre esaustiva) per quanto riguarda tutti i personaggi minori.

Quel «Vissero» che Cicerone scandisce per comunicare ai cives la morte dei condannati, è un vixerunt rituale, una sorta di formula apotropaica in uso là dove evocare la morte poteva attirare la malasorte. Al momento non ho di questo riscontri bibliografici; sarò ben contento se i lettori vorranno e sapranno colmare questa ed altre eventuali mancanze, cui il sottoscritto non ha potuto né saputo supplire, per mancanza di tempo, pazienza e risorse.

Apparato iconografico

Eccezion fatta per il busto di Cesare ne Il Baro – III, di cui non è stato possibile rintracciare l’origine,  nell’ordine in cui sono apparse nei quattro capitoli de Il Baro, le immagini sono le seguenti:
Cicerone inveisce contro Catilina, Cesare Maccari, 1881-1888, affresco, Roma, Palazzo Madama
La congiura di Catilina, Salvator Rosa, 1663, olio su tela, Firenze, Museo di Casa Martelli
Il discorso di Cicerone contro Catilina nel Senato romano, Hans W. Schmidt, 1912, acquerello su tavola
Busto di Cicerone, metà del I sec. a.C., marmo, Roma, Musei Capitolini
Busto di Catone Uticense, da Volubilis, Casa del Mosaico di Venere, 60 d.C., bronzo, Rabat, Museo Archeologico
Trionfo di Cicerone, Francesco di Cristofano detto il Francabigio, circa 1520, affresco, Poggio a Caiano, Villa Medicea
Il recupero del cadavere di Catilina, Alcide Segoni, 1871, olio su tela, Firenze, Galleria d’Arte moderna


Parte della serie Il Baro

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