Elysium di Neill Blomkamp

Matt Damon, Sharlto Copley, Jodie Foster, Alice Braga, William Fichtner

A quattro anni dall’inaspettato successo di District 9, finanziato da Peter Jackson con le rispettate promesse del corto Alive in Joburg, Neill Bloomkamp, forte sul mercato americano delle quattro candidature all’Oscar, porta sugli schermi una realistica distopia.
Nel 2154 una Los Angeles sovrappopolata e irrimediabilmente inquinata vive con il sogno di trasferirsi su Elysium, stazione spaziale ecologica di lusso orbitante intorno alla Terra dove le fasce più abbienti sono andate a vivere per mantenere alti i loro standard di vita. L’operaio Max Da Costa (M. Damon), esposto a radiazioni letali nella fabbrica in cui lavora e conscio dei prodigiosi macchinari medici della stazione, vi ripone le sue speranze di guarigione. Per raggiungere Elysium nel poco tempo che gli rimane da vivere è costretto a fare appello al suo passato criminale.

Opera seconda del talento sudafricano, Elysium ripropone le tematiche che più gli stanno a cuore: la riflessione su xenofobia e immigrazione, in una Los Angeles bilingue ricreata in Messico, sulle deviazioni del potere corrotto dalla borghesia capitalista, la speranza di una comunione universale riposta nella particolarità di un sentimento.
Cresciuto in una Johannesburg perfetta per comprendere lo scontro e la coesistenza tra ricchezza e povertà, perché «se cresci soltanto in povertà non la vedi, se cresci soltanto nel benessere non la vedi, ma Johannesburg ti forza a vederle entrambe», Blomkamp  rappresenta Elysium esattamente come i Campi Elisi di mitologica ispirazione – Neve non mai, non lungo verno o pioggia / Regna colà; ma di Zefiro il dolce / Fiato, che sempre l’Oceano invia, / Que’ fortunati abitator rinfresca canta Omero nel Libro IV dell’Odissea – , un paradiso. Ma un paradiso con alberi di gomma e volti di plastica, corrotto dall’avidità di denaro e potere di una classe dirigente ingorda che fa della segregazione la propria arma economica.

Pioniere della fantascienza sociale Blomkamp, supportato dall’efficace e consolidato stile di regia mockumentaristico di District 9 – non esplicitato in Elysium ma altrettanto fedele all’idea di falso documentario – , medita con notevole spessore proprio su segregazione e sfruttamento delle fasce più povere della popolazione mettendo in scena, e evidenziandone al meglio i caratteri universali, una chiara metafora della situazione Stati Uniti-Messico. Le navi spaziali che violano lo spazio aereo di Elysium non possono non richiamare, in America, le migliaia di migranti messicani che tentano ogni anno di oltrepassare il confine e, in Europa, i barconi di immigrati clandestini che ogni giorno solcano le onde del Mediterraneo: l’immigrazione, nel 2013 come nel 2154, è «il terzo mondo che cerca di entrare nel primo». Non è un caso perciò che, in linea con l’idea di una science fiction radicata nel presente, si affidi un ruolo fondamentale alle lingue parlate marcando, al di là di un inglese di uso comune, la divisione tra abitanti della Terra e abitanti di Elysium con il nobile francese per le alte sfere e il povero spagnolo per le classi popolari.

Lottando con l’anti-autorialità delle colossali produzione hollywoodiane, restio persino ad incontrare Damon temendo che una star potesse mettere a repentaglio il suo controllo sul progetto, a Blomkamp va riconosciuta la capacità di aver mantenuto intatto il proprio sguardo, continuando a dar linfa ad un genere in una fase di sterile stallo inserendo con forza l’aspetto sociale, aggiornandolo e arricchendolo con una serie di piccole e intelligenti trovate – il fucile a forme geometriche, lo scudo di energia – , tra cui spicca l’upload cerebrale di dati mutuato da Matrix. Nella migliore tradizione di Guerre Stellari, è la cura nella costruzione di un universo usato, sostenuto scenograficamente e registicamente con un abbondante uso di macchina a mano, l’«attenzione ai dettagli, in cose che vanno molto al di là di ciò che il film mostra o racconta, è questo che lo fa sembrare vissuto». «Per ogni dieci per cento che vedi, ci dev’essere un novanta per cento che è stato tagliato fuori» perché il mondo ricreato acquisti la tridimensionalità in cui si muovono i personaggi. Personaggi tra i quali, nonostante un Damon e una Foster di grande professionalità, spicca quello del fedele Sharlto Copley, protagonista dell’esordio prodigioso di District 9, che conquista spesso la scena nell’indimenticabile parte dello schizofrenico e sanguinario Kruger.

 

«Ti daranno la caccia fino in capo al mondo per questo»

USA 2013 – Fantasc. Az. 109' ***


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