Costruire un’identità

Come il mito della nazione italiana è stato definito attraverso la letteratura di viaggio

Tradizionalmente, la letteratura di viaggio viene discussa come fonte per i tempi e gli spazi in cui è stata prodotta, sul piano dei suoi autori e lettori e sul piano del suo contenuto – sempre stratificato – sia che questo riguardi la geografia, i popoli o le idee. In ReReading Travellers to the East. Shaping Identities and Building the Nation in Post-unification Italy (2022) l’obiettivo è invece quello di mettere a fuoco le riletture a cui la letteratura di viaggio della prima età moderna – dal tardo Medioevo al primo Ottocento – è stata sottoposta da diversi attori coinvolti nella vita politica, economica, culturale e intellettuale dell’Italia post-unitaria. Questa specifica attenzione ha permesso di evidenziare come la letteratura di viaggio della prima età moderna sia stata mobilitata, reinterpretata e riutilizzata per scopi politici e ideologici nel contesto della formazione e della trasformazione delle identità collettive.
Sebbene questo approccio alla letteratura di viaggio implichi un’attenta valutazione dei contesti e dei periodi in cui queste fonti hanno avuto origine, l’arco temporale primario dell’analisi delle riletture abbraccia grossomodo il primo secolo di esistenza dell’Italia come stato unitario: dal periodo dell’unificazione politica della penisola italiana – il Risorgimento – alla cosiddetta età liberale del Regno d’Italia e dal regime fascista ai primi decenni della Repubblica. Questa prospettiva di lungo periodo, spesso suddivisa in diverse cornici temporali che abbracciano temperie politiche e culturali molto diverse, ci permette di identificare come elementi caratterizzanti degli schemi di rilettura sia rotture e cambiamenti sia continuità e persistenze.
 

ReReading Travellers si concentra sui contatti tra le comunità della penisola italiana e quelle dell’Asia, ovvero di quelle terre che l’Europa della prima età moderna chiamava Oriente, Indie o Levante


Viaggiare mette inevitabilmente in contatto diverse società e comunità. Per quanto banale, questo implica che qualsiasi analisi della letteratura di viaggio, e a maggior ragione delle sue riletture, dovrebbe tenere conto delle relazioni tra i diversi spazi umani toccati dall’esperienza dei viaggiatori. ReReading Travellers si concentra sui contatti tra le comunità della penisola italiana e quelle dell’Asia, ovvero di quelle terre che l’Europa della prima età moderna chiamava Oriente, Indie o Levante. […] Questa prospettiva offre nuovi spunti di riflessione sulla storia dell’orientalismo in Italia: un tema che, se inteso nell’accezione totalizzante di Edward Said, solo di recente ha cominciato ad attirare seriamente l’attenzione degli studiosi. Tuttavia, è impossibile disconnettere questo insieme di relazioni dal più ampio contesto dei contatti intraeuropei e tra Europa e Asia in generale: il che assume una rilevanza particolare per l’Italia post-unitaria proprio in virtù degli intensi scambi e conflitti con altri Paesi europei che segnarono questo periodo, sia all’interno dell’Europa che nel quadro dell’espansionismo europeo in Asia. Un caso emblematico […] è la costruzione del Canale di Suez, al centro di un’intensa competizione internazionale. Sul versante europeo del problema, il volume può quindi offrire lo spunto di una storia condivisa – ma conflittuale – dell’eredità politica e culturale della letteratura di viaggio.

[...] I saggi di Rereading Travellers evidenziano la natura multipla, frammentata e negoziata dei processi che contribuiscono alla costruzione dell’identità nazionale, identità intesa come il risultato di incontri e scontri politici, diplomatici, commerciali e culturali che coinvolgono paesi spesso molto distanti. Questi processi sono analizzati in molteplici temporalità e su diverse scale, per sottolineare come l’identità nazionale si costruisca attraverso la continua rielaborazione delle esperienze passate delle società. In questo senso, la comunità nazionale che emerge è il risultato della ri-traduzione di queste diverse esperienze in una narrazione unitaria. L’unità politica italiana è stata raggiunta solo nel 1861, dopo secoli di frammentazione politica e di dominazione straniera. Come afferma John Foot in Modern Italy (2003), dopo l’unificazione è stato estremamente difficile per lo Stato italiano trovare una propria legittimazione. Una volta raggiunta l’unità, la ricerca di status sulla scena internazionale si combinò con la necessità di assicurare un’identità italiana a livello interno, in un territorio fino ad allora politicamente e culturalmente frammentato.

Pensare a se stessi come a membri di una nazione – una grande “famiglia” o “comunità” composta da migliaia o milioni di persone – è uno straordinario atto d’immaginazione


Nella loro fondamentale raccolta di saggi, L’invenzione della tradizione (1983), Eric J. Hobsbawm e Terence Ranger hanno efficacemente analizzato la diffusione di pratiche culturali direttamente connesse alla necessità di cementare la società e costruire la nazione, sottolineando come questo intreccio abbia influito sulle percezioni e sulle rappresentazioni di una storia condivisa. Come ha sottolineato Benedict Anderson nel suo Imagined Communities (1983), pensare a se stessi come a membri di una nazione – vista come una grande “famiglia” o “comunità”, ma composta da migliaia o milioni di persone, la maggior parte delle quali non incontreremo mai – è uno straordinario atto d’immaginazione. L’innovativo approccio antropologico dello storico George Mosse al nazionalismo e la sua discussione di miti, liturgie e rituali come strumenti di legittimazione nazionale sono stati cruciali per comprendere l’emergere dei nazionalismi europei, non ultimo quello italiano. Come sottolinea Mosse nella Nazionalizzazione delle masse (1975), era attraverso i miti che il popolo partecipava al culto di se stesso come nazione. Inoltre, come per altri Paesi del mondo, anche la costruzione della nazione italiana si è basata molto su un gioco di specchi: il modo in cui gli italiani vedevano se stessi era sempre più legato al modo in cui gli stranieri vedevano l’Italia. Il lavoro del sociologo Stuart Hall sull’identità culturale dimostra chiaramente quanto sia importante per il nazionalismo costruire un’identità forte agli occhi degli altri.

Almeno a partire dal rinnovamento storiografico operato, tra gli altri, da Franco Venturi tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, gli eventi del periodo che ha portato al Risorgimento e il Risorgimento stesso sono stati collocati nel contesto di scambi culturali che hanno coinvolto intellettuali, viaggiatori, politici e rivoluzionari europei ed extraeuropei. In questa cornice, la questione della costruzione della nazione italiana è stata discussa, ad esempio, analizzando il ruolo svolto dall’invenzione di un passato nazionale, dalle città-stato medievali e dalla loro prosperità e libertà fino al Rinascimento e al successivo “declino” causato dalla dominazione straniera; oppure esaminando le intersezioni dei discorsi religiosi e politici nel contesto della lotta per l’indipendenza e l’unità nazionale. Ne sono un esempio i lavori ormai classici di Alberto Banti, come Sublime madre nostra (2006), ma la questione dell’identità italiana e della costruzione della nazione è ancora oggetto di discussione accese sia all’esterno che all’interno del mondo accademico, come indicano il pamphlet di Christian Raimo Contro l’identità italiana (2019) o L’Italia come storia. Primato, decadenza, eccezione (2020) a cura di Francesco Benigno e Igor Mineo.

Si è però parlato poco di come l’identità nazionale sia stata costruita anche attraverso i viaggiatori della prima età moderna originari della penisola, destinati ad essere considerati la manifestazione del particolare “spirito” dell’Italia – il genio italico. Come ha notato Silvana Patriarca in Italian Vices, l’Italia risorgimentale veniva spesso criticata in quanto gli italiani erano ritenuti indolenti ed effeminati: qualità opposte a quelle dei viaggiatori – sempre più presentati come esemplari, coraggiosi e avventurosi – che gli italiani avrebbero dovuto emulare. La prima guerra d’Africa dell’Italia (1896) contrappose la giovane e ambiziosa nazione italiana – «l’ultima delle grandi potenze europee», per usare le parole di Nicola Labanca – all’impero etiope. Come sostiene Giuseppe Finaldi in Italian National Identity in the Scramble for Africa (2009), il risultato fu un’umiliante sconfitta per l’Italia, ma nonostante la disastrosa prima esperienza coloniale italiana, l’idea di “impero” entrò nella mentalità del popolo italiano.

L’Italia sentì il bisogno di compensare le perdite e la mancanza di rilevanza nell’arena internazionale facendo riferimento a un passato glorioso e a personaggi – viaggiatori, esploratori e inventori – noti a tutti e dai quali gli italiani potevano legittimamente affermare di discendere. Il fenomeno della costruzione e accumulazione del “mito dei viaggiatori italiani” in Oriente, da Marco Polo e Matteo Ricci a Giuseppe Tucci e Giotto Dainelli, si presenta come un uso multidirezionale del passato che va dal regime liberale e fascista alla proclamazione della Repubblica e all’Italia attuale. Questo mito trasmette un’idea di italianità che potremmo provocatoriamente paragonare ad altre idee imperiali modellate sulle qualità di una certa comunità, come quelle discusse da Anthony Pagden per la Spagna, la Gran Bretagna e la Francia della prima età moderna (nello studio ormai classico sui Signori del Mondo). L’esistenza stessa di viaggiatori “italiani” che compiono grandi imprese nel corso dei secoli implicava la continuità storica di un carattere nazionale incarnato nei viaggiatori e aiutava le classi dominanti – quelle che facevano la maggior parte delle riletture – a proporre alla nazione un ruolo, o un destino, adeguato alle proprie aspettative.

L’uso nazionale dei viaggiatori è visibile anche a livello più pratico. Ad esempio, come è noto, l’Italia fascista utilizzò l’immagine “romana” del Mediterraneo come Mare Nostrum per giustificare retoricamente le sue mire egemoniche sull’area. In modo simile, le esperienze passate dei viaggiatori della penisola vennero rilette per rivendicare, mettere a punto e infine giustificare una vasta gamma di operazioni politiche, militari ed economiche in aree che erano completamente al di fuori della politica estera del Paese. Le riletture dei viaggiatori possono quindi essere intese come il punto d’incontro di due fenomeni storici apparentemente distinti ma che si sostengono a vicenda: il fenomeno complessivo del nation-building e gli obiettivi a breve termine della politica estera. […] I viaggiatori sono connettori tra due o più comunità umane: in questo senso, rileggere i viaggiatori era funzionale tanto alla costruzione della nazione quanto alla creazione di identità collettive per le altre comunità a cui i viaggiatori sembravano collegare i “rilettori” italiani.
 

Le riletture dei viaggiatori possono essere intese come il punto d’incontro di due fenomeni storici: il fenomeno complessivo del nation-building e gli obiettivi a breve termine della politica estera


Va ricordato, tuttavia, che nonostante il loro grande successo, tali riletture nazionaliste incontrarono anche delle resistenze, come dimostrano ad esempio le osservazioni che Antonio Gramsci affidò a Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura sul carattere fondamentalmente cosmopolita dei viaggiatori “italiani” della prima età moderna, in una vera e propria critica del tipo di riletture che intendiamo studiare. L’acuta critica di Gramsci suggerisce che tale resistenza interpretativa non deve essere considerata episodica. In effetti, come hanno messo in luce i lavori di Nathalie Hester, tra cui il capitolo “italiano” della Cambridge History of Travel Writing, la scrittura di viaggio in lingua italiana ha acquisito significati e svolto diversi ruoli intellettuali, culturali e politici nel corso dei secoli, affiancando nello stesso momento storico (ri)letture cosmopolite e nazionali. ReReading Travellers si concentra sulle riletture nazionaliste, ma non perdere di vista la polisemia sociale e politica della letteratura di viaggio rimane importante.

 

 

Il presente testo è un adattamento dell’introduzione di ReReading Travellers to the East (2022) a cura di Beatrice Falcucci, Emanuele Giusti e Davide Trentacoste pubblicato per cortesia di Florence University Press © 2022 Author(s) CC BY 4.0 L’introduzione del libro, pubblicata in lingua inglese, è scaricabile gratuitamente qui  New Perspectives on Nation-building and Orientalism in Italy


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