C’è qualcosa di marcio a Roma

L’inattuale attualità della letteratura tra Cesare e Shakespeare nel libro La differenziazione dell’umido

L’atto artistico è senza dubbio anche un atto politico, e talvolta ci chiediamo fino a che punto l’arte possa dire qualcosa sul nostro tempo: rappresentarlo, sviscerarlo, metterlo alla berlina. Tra le arti, la letteratura, pur nella sua splendida inutilità, può ancora essere un efficace strumento di comprensione del mondo, e per farlo non necessita né di una trama originale né di appigliarsi a tutti i costi all’attualità.
Lo sapeva bene Shakespeare che, nel descrivere la sua epoca e il suo paese, metteva in scena situazioni e personaggi del passato, senza neanche prendersi la briga d’inventarsi la storia. Del resto, la sua grandezza stava nel come e non nel cosa raccontava; e leggendo, tra i tanti, il Giulio Cesare, ce ne rendiamo subito conto, giacché per mezzo di una vicenda del 44 a.C. scritta negli ultimi anni del sedicesimo secolo, il Bardo riesce come non mai a fotografare scenari contemporanei.

È quanto vuole dirci Goffredo Mainardi, protagonista della Differenziazione dell’umido: nominato senatore a vita, il poeta dovrà tenere un discorso davanti ai suoi onorevoli colleghi; e l’argomento, vista la sede, dovrà essere politico. Nel contempo Mainardi sa di non poter prescindere dalla poesia, l’arma retorica a lui più congeniale: si servirà quindi del dramma shakespeariano, scrivendo un discorso che non verrà mai pronunciato, ritrovato dal curatore del testo in una cartella di cartoncino assieme ad altre carte, tra cui delle lettere.
 

Il mio disagio, adesso, è nel pensare che la letteratura in realtà non serva a niente, e che dia il meglio nella sua inutilità. E proprio per questo non dovrebbe avere niente a che fare con il potere.


È un discorso letterario, quello di Mainardi, e dunque complesso; non è gridato, non ci sono slogan: solo riflessioni e parallelismi che il suo uditorio potrebbe far fatica a cogliere. Il Giulio Cesare viene ripercorso in ogni suo punto: gli incubi di Calpurnia che preannunciano l’imminente morte del marito; la decisione di Cesare di recarsi comunque in Senato e la conseguente consapevolezza della propria fine; l’analisi delle figure di Bruto e Antonio e la tragica uccisione del poeta Cinna, prima confuso con Cinna il congiurato e dopo ammazzato comunque «per i suoi brutti versi».
Bruto è il più nobile tra i romani; è la figura più indagata dal poeta, la più rappresentativa del significato delle sue argomentazioni: pur di salvaguardare Roma, è disposto a uccidere Cesare, il tiranno migliore possibile. Ma non riuscirà a restaurare la Repubblica, dimostrandosi pure incapace di spiegarsi alla folla. La forza di Bruto non sta infatti nel suo peso politico: risiede nei suoi pensieri e nelle sue parole; e il suo difetto è quello di non leggere abbastanza a fondo la realtà, di tendere troppo dalla parte dell’utopia.
 

Grazie a Cassio e alla sua espressione «What trash is Rome» Mainardi riesce a riallacciarsi al presente e constata l’abissale distanza tra l’odierna classe dirigente e quella dell’antica Roma


A differenza sua, Marco Antonio si rivela un abile stratega: arriva in Senato dopo la morte di Cesare e pensa che verrà ucciso, cosa però non prevista dai piani dei congiurati. Così domanda di poter parlare al funerale di Cesare, a patto di mediare, nella sua orazione, tra la glorificazione del condottiero e le ragioni del suo assassinio. Bruto gli accorderà il permesso, benché Cassio non sia d’accordo: è appunto quest’ultimo a capire l’ampiezza del disegno politico di Antonio, che più avanti si spartirà il mondo assieme a Lepido e Ottaviano. E per conoscere i fatti tramite la voce di Shakespeare, scrive Mainardi, bisognerà attendere il dramma successivo. 
 

In una qualsiasi narrazione, quella spazzatura di cui parla Cassio, e che rende Roma una città completamente corrotta, finirebbe per esplicitare, per esempio, come la malavita cerchi di infiltrarsi in ogni meandro dell’amministrazione, boicotti i tagliaerba, dia fuoco agli autobus e infili a forza i frigoriferi nei cassonetti. Anche perché, su di un piano drammaturgico, l’idea per cui i cassonetti non vengano svuotati e gli autobus prendano fuoco da sé è così assurda da non reggere a nessuna rappresentazione.


È grazie a Cassio e alla sua espressione «What trash is Rome» che Mainardi riesce a riallacciarsi al presente: constata l’abissale distanza tra l’odierna classe dirigente e quella dell’antica Roma, che già Shakespeare aveva contrapposto a quella a lui coeva. Soprattutto il neo-senatore a vita, in riferimento alla differenziazione dell’umido quale ultimo baluardo della lotta politica, sottolinea ulteriormente la bassezza dell’attuale dibattito pubblico.

Da qui, Giovanni Nucci prende spunto per dare il titolo al suo libro: un titolo spiazzante per il lettore e al tempo stesso perfetto per un testo così poco classificabile. Del resto, cos’è La differenziazione dell’umido? È un saggio? Un romanzo? Un pamphlet? Un racconto lungo? Volendo, tutte e nessuna di queste cose. Senza dubbio, è un arguto testo letterario, la cui brevità è proporzionale alle sue molteplici implicazioni. È un gioco di specchi manganelliano dalla prosa impeccabile, un artificio meta-letterario rimandante a Borges; non è un esercizio di stile, né tanto meno un divertissement. Il livello poetico e quello politico si fondono e danno voce a un personaggio che, come Bruto nel Giulio Cesare, dà il meglio di sé quando è da solo, nel momento in cui la sua opinione non si confonde tra la folla: le sue parole resteranno solo su carta, e non avrà modo di pronunciarle dinanzi agli onorevoli. Nucci, senza il bisogno di far nomi, con punzecchiature a tratti neanche troppo velate, riesce a condensare in meno di ottanta pagine la miseria umana dei tiranni del nostro tempo e la loro inconsistenza intellettuale, del tutto scollata dalla complessità di qualsivoglia pensiero critico e inadeguata a maneggiare una materia delicata qual è la cosa pubblica.
 

Nucci, senza il bisogno di far nomi, riesce a condensare in meno di ottanta pagine la miseria umana dei tiranni del nostro tempo


L’autore riscopre inoltre la letteratura nella sua forma più alta, ossia come viatico per la conoscenza; non costruisce ex-novo una storia con un inizio e una fine: preferisce rileggere Shakespeare, che a sua volta rileggeva le Vite parallele, dove Plutarco reinterpretava a suo modo i fatti della Storia.
La differenziazione dell’umido è un libro squisitamente inattuale per la sua costruzione, troppo denso e stratificato per la platea dei lettori assuefatti a una narrativa piana e semplice, priva di guizzi stilistici e svuotata di ogni ambiguità. Tuttavia, sono contemporanei i problemi che solleva e gli spunti che offre, ed è un gioiello irrinunciabile per chi ancora cerca la Letteratura con la L maiuscola.

 

In copertina l'installazione "Trash People" dell'artista tedesco Ha Schult
Piazza del Popolo, Roma, 2007


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