Carlo V del Sacro Romano Impero

Gand, 24 febbraio 1500 – San Jerónimo de Yuste, 21 settembre 1558

Ai matrimoni degli Asburgo il nipote dell’imperatore Massimiliano e dei Re cattolici deve l’assommarsi, nelle sue giovanissime mani, delle amate Fiandre ove nasce, della Spagna coi possessi americani, dell’opportunità, infine, di farsi Sacro Romano Imperatore; comprata col denaro Fugger la corona (1520), Carlo V avrà la realistica possibilità di forgiare l’Europa secondo la sua volontà: rinnovare l’egemonia universale secolare. Ma, se l’obbedisce chi cerca da lui legittimazione alla propria ascesa – nobiltà fiamminga, principi d’Italia – gl’insorge contro, ognuno secondo interessi particolari, chi può trovarla altrove: così nella monarchia nazionale Francesco I di Francia per scampare alla sua morsa; nell’opposto universalismo cristiano, allora asservito alla politica italiana, Clemente VII; i signori tedeschi nella protesta luterana, per fondarvi l’autonomia regionalistica. Già a Pavia (1525) Francesco è vinto; umiliato dal sacco di Roma e costretto ad incoronarlo il papa (1530); carezzati finché conviene i sodali di Smalcalda, poi, rintuzzato il Turco a Tunisi (1535) e dopo lungo barcamenarsi decisa, col Concilio tridentino (1546), la reazione ortodossa, schiantati a Mühlberg (1547). Ma più forte e duratura dei suoi successi, e ancor più della resistenza francese e pontificia, è l’eterogeneità politica, economica, culturale, finalmente religiosa dei suoi domini: accontentati ad Augusta i principi, con l’abdicazione (1556) riconosce un fallimento da cui pure, nella disgregazione che sancisce, l’Europa trarrà molta della sua futura forza.    

 

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