Andrej Ždanov

Mariupol’, 14 febbraio 1896 (V.O.) – Mosca, 31 agosto 1948

Bolscevico dal 1915, dopo la Rivoluzione d’Ottobre Andrej Aleksandrovič Ždanov cresce nel Partito e da segretario di Nižnij Novgorod (1924-34), scelto il campo di Stalin, ascende fino alla segreteria di Leningrado: qui gestirà l’epurazione dei quadri locali dopo l’oscura morte di Kirov – prima avvisaglia del futuro Grande Terrore (1936-8) staliniano – e acquisterà ancora prestigio e potere quando, durante la guerra, dirige con successo gli eroici difensori della città contro l’assediante germanico (1941-4). Allora, già membro del Politbjuro (1939) e presidente del Soviet Supremo (1945), Ždanov potrà avvalersi dell’autorità maturata in ambito culturale come massimo fautore del «realismo socialista» – manipolazione, a mezzo arte e fine educativo, della realtà secondo un’ottimistica, fideistica fiducia nella capacità trasformatrice della rivoluzione – per rinnovare, dopo le aperture della guerra, il controllo statale sulla produzione culturale sovietica: ogni tendenza filoccidentale, ogni deviazione «cosmopolita» saranno represse, dalla letteratura di Mikhail Zoščenko e Anna Achmatova alla musica di Prokof’ev e Šostakovič (ždanovščina). A quest’impegno propagandistico corrisponde anche l’importante ruolo che Ždanov ricoprirà nella fondazione del Kominform (1947), prima che la propria morte, anch’essa misteriosa e forse voluta da Malenkov e Berija, suoi avversari nel Partito, apra la strada all’«affare di Leningrado», l’epurazione delle sue clientele politiche (1948-50). 

 

Parte della serie Politici

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