Ucronie e paranoie narrative

Su Berlino di Mirolla e La Carne di Cristò, tra realtà incrociate e tempolinee alternative

L’ucronia, una narrazione di storia alternativa, parte da un presupposto: da qualche parte c’è un mondo, un universo, dove le cose stanno andando in un modo diverso rispetto quello in cui ci troviamo. La strada normale è quella che il lettore dovrebbe conoscere. Un mondo standard a cui fare riferimento rispetto a ciò che avviene in quello ucronico messo in scena da chi scrive, dove la storia ha percorso un’altra via con eventi alternativi. L’ucronia nasce nel momento in cui gli storiografi si chiedono come sarebbe andata a finire se un evento fosse avvenuto, non fosse avvenuto o ci fosse stato qualcosa di diverso a deviarci dalla linea temporale percorsa.
 

L’ucronia parte da un presupposto: da qualche parte c’è un mondo, un universo, dove le cose stanno andando in un modo diverso rispetto quello in cui ci troviamo


Anche la fiction, la fantascienza soprattutto, è ovviamente una zona dove meraviglie ucroniche non hanno problemi a fiorire. Uno tra i romanzi più noti ad aver sfruttato uno spettacolare what if è La svastica sul sole di Philip Dick, dove lo scenario è quello in cui sono le potenze dell’Asse a essere uscite vittoriose dalla Seconda Guerra Mondiale e il territorio americano, dove avvengono i fatti, è stato tripartito e viene governato da nazisti e giapponesi. C’è un altro romanzo di Dick che però non solo mette in scena l’ucronia, ma riesce addirittura a crearla passo dopo passo mentre il lettore viene trascinato in un’immensa tragedia umana, ovvero Ubik, in cui il timore dell’ignoto è causato da un mondo che crea sempre nuove trappole.

Alla fine del 2020 in Italia sono usciti due romanzi ascrivibili a questo filone. Uno è Berlino di Michael Mirolla (Alter Ego Edizioni), ambientato in due tempi diversi che sembrano tuttavia attraversati da un solo personaggio. L’altro è La Carne di Cristò Chiapparino (NEO. Edizioni), in cui la società è costretta a fare i conti con delle creature simili a zombie. Entrambe le storie hanno un marcato tratto ucronico, ambientate in spazi e tempi confusi per i protagonisti, che saranno costretti a porsi domande riguardo le stranezze che incombono su di loro. Le risposte possibili sono diverse, nessuna delle quali molto allettante. La più comune, presente anche in Ubik appunto, è che tutto ciò che sta accadendo non è altro che un meccanismo tenuto costantemente oliato, una forza che spinge in una direzione o nell’altra i personaggi.

Una realtà che sembra sostituire quella conosciuta è quella che vivono i due personaggi di Berlino, romanzo dell’autore canadese Michael Mirolla uscito per Alter Ego Edizioni: Giulio Chiavetta e Antonio G. Serratura. Già l’onomastica dovrebbe suggerire al lettore in che acque stiamo navigando: non solo le realtà appaiono sostituibili e ingannevoli, ma c’è anche la possibilità che siano intercambiabili. Il primo dei due, Chiavetta, ci viene presentato come paziente di un istituto psichiatrico, luogo da cui fugge nel momento in cui scopre che in Germania il Muro è crollato. Lo psichiatra che si mette sulle sue tracce ritrova dei file di Chiavetta, da sempre ossessionato da Berlino, in una cartella denominata appunto Berlino.nov. All’interno vi sono trascritti i tre giorni di passione di Antonio G. Serratura, un filosofo che proprio da Montréal compie un viaggio verso Berlino Ovest, negli anni in cui il Muro è ancora in piedi, per partecipare al Simposio Mondiale Wittgenstein sul dibattito tra realismo e anti-realismo. Nel momento in cui l’aereo di Serratura atterra a Berlino Ovest, la realtà che conosce, o almeno la coerenza che l’aveva tenuta fino a quel momento insieme, si frammenta un pezzo alla volta. Gli incontri e le avventure del protagonista si fanno sempre più allucinati e lontani dalle proprie aspettative. Si meraviglia di ritrovarsi in un ostello dove spia i proprietari dediti a pratiche sadomaso con stanze che si moltiplicano ed estendersi in ogni direzione, dà buca ai colleghi e accetta l’invito di un uomo conosciuto in aereo a ubriacarsi in un Night Club. Proprio il dialogo tenuto sull’aereo sembra rivelare ciò che accadrà a Serratura:
 

«Ma lei pensa alle cose, giusto?». Si sporse un altro po’, per avvicinare di più la sua faccia a quella di Serratura, tanto che questo sentì l’odore del suo dopobarba. Non era sgradevole.
«Sì» disse Serratura, «è una giusta affermazione, anche se piuttosto vaga».
«E inventa teorie – sul passato, per esempio. E sui processi storici, come li ha chiamati lei».
«Alcuni di noi lo fanno, suppongo».


Negli intermezzi si procede alla ricerca di Chiavetta e, ovviamente, alla lettura del suo racconto sulla vita di Serratura; si ha di continuo l’impressione di essere sull’orlo della scoperta, del chiarimento. Il lettore sarà costretto a chiedersi chi sia il vero narratore della storia e di conseguenza chi è che può uscire vivo, integro e sano dalla situazione: lo psichiatra che esamina le storie o Chiavetta-Serratura che riesce ad aprire e attraversare porte impossibili? Questi due mondi possibili, vissuti in parallelo dai due protagonisti, sono davvero probabilmente governati dalle stesse leggi ma entrambi sono modellati e influenzati dalle scelte di Chiavetta-Serratura. Le scelte del primo possono forse influenzare la vita del secondo. Due rette, o due mondi, che forse non sono dimensioni che scorrono una accanto all’altra, ma che continuamente provano a inghiottirsi e a ibridarsi.

La Carne invece è il romanzo di Cristò Chiapparino, già uscito per Intermezzi Editore nel 2015 e da poco ripubblicato da Neo Edizioni. Anche nel romanzo di Cristò ci sono due protagonisti che oscillano sull’orlo di due tempi differenti che sembrano dover collimare da un momento all’altro. Uno è un uomo anziano ormai impossibilitato a vivere da solo che ripercorre continuamente i suoi vecchi ricordi, soprattutto l’infanzia e un trauma da lui subito a dodici anni. Nel tempo in cui vive ci sono degli uomini chiamati quasi da chiunque zombie, dal momento in cui la loro unica preoccupazione è cibarsi di carne. Questi zombie si sono tuttavia allineati, se così si può dire, con i tempi: non percorrono le strade razziando e uccidendo umani, ma si dispongono giorno dopo giorno, mentre il loro numero aumenta, in una fila ordinata per ricevere la carne, che sembra non finire mai. L’altro personaggio è Tancredi, un giovane medico la cui vita viene raccontata proprio dal vecchio narratore. Tancredi, che vive in un luogo in cui la zombificazione non è ancora presente, comincia a ricevere dai pazienti preoccupati dei biglietti scritti durante uno stato di sonnambulismo e che messi insieme compongono una sorta di manifesto anarchico.

La situazione ha una svolta nelle vite di entrambi: il vecchio fa una scoperta agghiacciante riguardo il meccanismo che tiene in vita gli zombie, mentre Tancredi scopre che anche sua moglie ha cominciato a scrivere enigmatici messaggi durante la notte, dove confessa addirittura di essere in contatto con il filosofo Averroè.
 

Succede che il mondo si sgretola e non sai se ti sgretolerai con lui o cambierai per rimanere intero. Il modo di parlare, il modo di vestire, la musica che ascolti, i pensieri, le azioni, le certezze, le paure.
Tutto o niente.
Perché sei finito insieme al tuo mondo e l’unico che può sopravvivere è un altro con la tua stessa faccia.


In entrambi i romanzi si ha l’impressione che i due tempi che compongono la narrazione cerchino in tutte le maniere non solo di allinearsi ma di sovrapporsi, mentre chi le vive, e allo stesso tempo le racconta, si rifiuta di portare a compimento l’opera e le due realtà si ritrovano costrette solo a cozzare. I fogli con i proclami e gli zombie cercano di condurre i personaggi de La Carne verso qualcosa più grande di loro, come il file di Chiavetta cerca di far comprendere allo psichiatra dove sta la verità.


Accade quindi che la realtà che ci si aspetta di ritrovare e la realtà esterna non coincidano. Quello che sta fuori, che siano improbabili uscite con sconosciuti a Berlino Ovest come per Serratura o scampagnate verso una conoscenza terribile come il vecchio de La Carne, tutti questi oggetti, eventi, e in primo luogo persino le proprie azioni sembrano sbagliate, fuori posto. Per i personaggi di Mirolla e Cristò, probabilmente è sempre stato così. Da quanto tempo c’è qualcuno o qualcosa che ha stravolto oppure mutato la realtà precedente? In Berlino questo accade quando Serratura comincia a pensare di essere vittima di uno scherzo, di un complotto o che sta soltanto impazzendo. I personaggi di Cristò fanno i conti con un mondo che sembra prendersi gioco delle loro aspettative. Chi è che stravolge il soggiorno berlinese di Serratura e chi è che lascia i biglietti anarchici a Tancredi? Il lettore penserà che c’è qualcuno che si prende gioco degli uomini o che un qualche evento ha inceppato il meccanismo della realtà ordinaria. Eppure la realtà stessa suggerisce il contrario, ovvero che non deve avvenire uno svelamento: semplicemente le due realtà adesso sono sovrapposte e sta a chi le vive scegliere quali parti accettare.

 

Un mondo apparentemente reale ma non del tutto definibile lascia intuire che forse le cose in un tempo o in uno spazio diverso non andavano esattamente così


Esiste infine un’ulteriore questione in questi romanzi, ovvero che la forza che regola il reale, l’ostacolo che intralcia i protagonisti, proviene proprio dalla mente dei protagonisti ingannati. È una paranoia che continua ad alimentarsi secondo un meccanismo ben oliato: un mondo apparentemente reale ma non del tutto definibile lascia intuire che forse le cose in un tempo o in uno spazio diverso non andavano esattamente così, ma questa divergenza o mutamento è nutrito proprio dal narratore che corre in quella direzione, ovvero quella della creazione di quel sistema folle. Sia Serratura che Tancredi fanno la stessa cosa alla fine dei rispettivi romanzi, ovvero cercare di procedere nella giusta direzione, cercando di tornare a un mitico prima, ma nessuno dei due arriverà davvero dove desidera.

Accettare un mondo altro può significare molte cose e far compiere ai personaggi diverse scelte. È possibile mettersi da parte, continuare a fingere o continuare a correre imperterriti verso un passato o un mondo ideale che a ogni passo si allontana in risposta. Ma se la mente collettiva è paranoica la vera liberazione forse può avvenire soltanto accettando i doppi, gli schemi e gli inganni, ammettendo che quel mondo non è falso, ma semplicemente coesistente. Soltanto chi accetta, perché comprende senza porsi davvero troppe domande, ne uscirà vincitore. E in tal caso chi vince non è più chi la storia la legge esternamente, come lo psichiatra di Chiavetta, ma chi la storia la racconta, sempre che i piedi vengano tenuti ben saldi in quell’universo sapendo di esserne parte imprescindibile.


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