Compagni di letto

Come le amicizie romantiche tra uomini nella vita e nella letteratura insegnano una forma di libertà

A distanza di sei anni dal mio coming out, le storie ottocentesche di amicizie intense ma caste tra uomini erano diventate la mia nuova passione segreta. Mi infilavo sotto le coperte e mi insinuavo nei loro racconti discreti di premure amicali. Si abbracciavano. Condividevano il letto. Talvolta piangevano. Quando aprivo Grindr per cercare ragazzi della mia età con cui parlare finivo sempre per abbandonare la ricerca e immergermi invece nei racconti di fine diciannovesimo secolo che parlavano di teneri ribelli del Missouri, o nelle lettere allusive di persone del South Carolina che negli anni precedenti la guerra civile si chiamavano tra loro “compagni di letto”.

In un’epoca in cui la sodomia era considerata un reato grave in tutti gli stati d’America e la parola omosessualità non era ancora entrata nel dizionario, i romanzi e le storie di uomini in intimità abbondavano: i racconti Tennessee’s Partner di Bret Harte (1869) e Two Gentlemen of Kentucky di James Lane Allen (1888), Joseph and His Friend di Bayard Taylor (1870), Two College Friends di Frederick Wadsworth Loring (1871). Questi ritratti immaginari di cameratismo e affetto tra uomini riflettevano una realtà sociale: nel diciannovesimo secolo era comune che gli uomini stringessero delle amicizie romantiche con persone dello stesso sesso, legami intensi capaci di cambiare le loro vite. Le amicizie romantiche si esprimevano talvolta con manifestazioni di affetto quali baci e sfioramenti, ma in una cultura priva dei termini e dei concetti di eterosessualità e omosessualità questi gesti non entravano in conflitto col matrimonio e con la vita domestica, né erano visti come sfide alla virilità. Gli uomini coltivavano le amicizie romantiche in pubblico, insieme alle relazioni erotiche con le donne.

Le amicizie romantiche tra uomini non erano in alcun modo limitate alla vita e alla cultura degli Stati del Sud, ma erano diffuse in tutto il paese: da Abraham Lincoln, che condivise il letto col migliore amico Joshua per quattro anni quando vivevano insieme a Springfield, nell’Illinois, agli amici appartenenti alla classe media e alla working-class nel New England del diciannovesimo secolo. Nel 1832, J. Foster Beal, un operaio poco più che ventenne di uno scatolificio di Boston, si lamentava del tempo che doveva trascorrere lontano dal suo amico romantico: «Non posso dimenticare le ore felici che abbiamo trascorso insieme e le nostre passeggiate serali, ma ora che siamo separati per chissà quanto tempo questo privilegio ci viene negato. Quanto dovrà passare prima che possa rivedere i tuoi occhi?». Quello che colpisce sono lo struggimento e l’angoscia nel linguaggio usato per esprimere la separazione di due amici.

Ho studiato a lungo questi testi e le lettere d’archivio con la vergogna e il trasporto di un ragazzino delle medie non dichiarato e confuso che sta scoprendo il porno. Mi sentivo un pervertito ad assimilare tutta quell’intimità non erotica. C’era un che di strano, quasi trasgressivo nella vicinanza tra quegli uomini: i loro rapporti omosociali trascendevano il regno dell’amicizia, mentre i modi in cui esprimevano l’amore sfioravano soltanto la sfera sessuale. Affascinato e scandalizzato da queste amicizie romantiche, decisi di tenere nascoste le mie letture. Ero dichiaratamente gay, ma quei ritratti di dolci amicizie tra uomini mi riportavano alla segretezza.
In Joseph and His Friend, Joseph si spinge a baciare l’amico: «Entrambi cedettero all’impulso del loro amore virile, raro, ahimè, ma tenero e sincero come l’amore di una donna. Si avvicinarono l’uno all’altro e si baciarono». Questi uomini esprimono il loro amore in modi che esistono al di fuori delle categorie di cui oggi disponiamo per definire il desiderio e l’identità, al di là dell’amicizia e dei rapporti sentimentali, al di là dell’omosessualità e dell’eterosessualità. Questo è ciò che rende le amicizie romantiche tra uomini così profondamente queer, così esasperanti e deliziosamente complicate da definire per un lettore del ventunesimo secolo.
Quell’intimità indefinibile era entrata a far parte della mia vita. A prescindere dalle loro peculiarità e dalla distanza temporale, quelle narrazioni mi erano incredibilmente familiari. Quei testi mi apparivano subito così inquietanti, travolgenti e avvincenti perché condividevo le stesse trasgressioni: per tre anni anche io sono stato coinvolto in un’amicizia romantica.

Mi sentivo un pervertito ad assimilare tutta quell’intimità non erotica. C’era un che di strano, quasi trasgressivo nella vicinanza tra quegli uomini


Tecnicamente eravamo uomini adulti, ma io e Luke Henry avevamo la stessa infinita spensieratezza di un ragazzino di dodici anni. In quanto studenti di dottorato, vivevamo in una sorta di scuola media per aspiranti adulti, uniti, tra le altre cose, dal desiderio condiviso di evitare le responsabilità della vita reale e rintanarci nei meandri della storia della letteratura. Eravamo consumati da quel legame immediato e intenso che avevamo stabilito, a dispetto delle nostre grandi differenze. Luke Henry profumava di Old Spice e indossava gilet e pantaloni color cachi. Giocava a rugby e aveva una fidanzata in Tennessee che avrebbe sposato alla fine di quella primavera. Amavo la sua rassicurante pronuncia strascicata, i suoi freddi occhi azzurri, il suo fisico morbido e robusto. Luke Henry indossava delle logore scarpe da barca e delle polo, e leggeva la poesia del Rinascimento; io indossavo magliette attillate e sgargianti, ascoltavo Britney Spears a tutto volume e provavo disperatamente a nascondere il mio aspro accento di Long Island. Condividevamo tutto l’uno con l’altro: le sue ansie riguardo all’imminente operazione al cuore del padre, il mio imbarazzo dopo aver fatto coming out, la sua decisione di smettere di giocare a rugby al college, i miei progetti segreti riguardo la scrittura. Il mio appartamento, dove spesso si fermava a dormire, divenne il nostro rifugio.

Ma non ci toccavamo. Nonostante la nostra amicizia fosse appassionata, il mio desiderio nei suoi confronti non era propriamente sessuale. Non sapevo cosa fosse o come descriverlo. A tratti ero entusiasta e a tratti sconcertato dal mio stesso entusiasmo: perché i miei sentimenti mi sembravano così diversi da tutto ciò che avevo provato fino a quel momento? Nella mia vita mi ero mai sentito capito o rappresentato? Se ero gay, perché non stavo cercando relazioni con altri uomini gay? Perché preferivo un’intimità non fisica con un uomo etero al sesso con qualcuno di simile a me? Solo quando ho incontrato questi testi del passato, familiari in maniera inquietante, mi sono reso conto che il nostro rapporto era simile a un’amicizia romantica.
Joseph e Philip, i protagonisti di Joseph and His Friend, si scrivono lettere piene di enfasi: «Ora che siamo lontani mi sembra che le nostre anime si aprano l’un l’altra con egual luce e calore, e sento che le vie del Signore risiedono nell’amore dell’uomo» scrive Philip. Altre volte, però, il linguaggio dell’amore virile è duro e severo e ne percepiamo la forza in ciò che non viene detto. Nel racconto Tennessee’s Partner, scritto da Bret Harte, l’amico romantico dell’incallito giocatore d’azzardo Tennessee offre una testimonianza distaccata quando deve difendere l’amico di fronte a un giudice:
 

Mi presento a voi come il partner di Tennessee. Lo conosco da quattro anni. Abbiamo avuto i nostri alti e bassi e abbiamo affrontato ogni tipo di difficoltà. Siamo stati insieme nella buona e nella cattiva sorte. Le sue maniere non assomigliano alle mie, ma conosco quel giovane uomo come le mie tasche: non c’è nulla, nessun moto del suo spirito che io non conosca. E voi mi dite, dite a me… “Parlerà in sua difesa?” e io vi dico, dico a voi… “Cosa deve sapere un uomo del suo partner?”


Solo più tardi, dopo che il partner di Tennessee ha seppellito il corpo dell’amico impiccato, siamo testimoni dell’amore straziante che provava nei suoi confronti: «Da quel giorno la sua ottima salute e la sua immensa forza cominciarono a peggiorare a vista d’occhio; e quando giunse la stagione delle piogge e i fili d’erba iniziarono a spuntare dal cumulo di rocce sopra la tomba di Tennessee, egli si ammalò». Il partner di Tennessee alla fine si arrende nel mezzo di una spaventosa tempesta: si riuniscono nella morte. Harte racconta la storia di due burberi amici di frontiera con il linguaggio sommesso dell’amore inespresso tra due sventurati amanti. L’amicizia romantica può essere trionfante o discreta, ma può anche essere tragica.

Ho scoperto questi testi proprio quando la tragedia stava per abbattersi su di me. Io e Luke Henry eravamo inseparabili, eppure da lì a tre mesi il nostro legame sarebbe stato reciso per sempre. Sapevo che, non appena si fosse sposato e fosse andato a vivere con la fidanzata in Michigan non avrebbe più dormito da me com’era sua abitudine: la nostra relazione sarebbe cambiata per sempre. Alla fine lui e la moglie sarebbero tornati in Tennessee per mettere su famiglia. Sapevo che in quello stile di vita non c’era posto per la nostra intensa fratellanza.
Tutto quello che leggevo e vivevo mi sembrava fuori tempo. Avevo mancato di centocinquant’anni il contesto culturale che avrebbe spiegato la mia intimità con Luke Henry meglio di quanto potessi fare io, e la mia conoscenza delle amicizie romantiche del diciannovesimo secolo giunse troppo tardi. Fu solo tre anni dopo aver conosciuto Luke Henry, subito prima del suo matrimonio, che venni a sapere che il nostro particolare legame aveva una tradizione. Era l’ultimo semestre di lezioni, e mi ero iscritto a un seminario sulla storia dell’amicizia romantica tra uomini, un corso che sembrava pensato per me.
Scoprii che nel diciannovesimo secolo molti uomini continuavano le loro frequentazioni dopo il matrimonio. Nella Virginia dell’Ottocento, William Wirt e Dabney Carr, membri di un gruppo di dieci avvocati che si scrivevano lettere d’amore, credevano che una forma di intimità non escludesse l’altra. «È vero che siamo entrambi sposati, ma c’è qualche ragione per cui dovremmo smettere di amarci?», scrive Wirt a Carr.
 

Tutto quello che leggevo e vivevo mi sembrava fuori tempo. Avevo mancato di centocinquant’anni il contesto culturale che avrebbe spiegato la mia intimità con Luke Henry meglio di quanto potessi fare io


Mentre la maggior parte delle amicizie romantiche nel Nord degli Stati Uniti, in particolare nel New England, si limitavano agli anni giovanili, i peculiari rapporti di amicizia romantica nel Sud duravano per tutta la vita. Per alcuni uomini del Sud, le amicizie romantiche scaturivano dal desiderio pratico di costruire una rete di collegamenti professionali che non sarebbe esistita altrimenti. Essendo esclusi dai circoli elitari del patriarcato agricolo, avvocati e burocrati della classe medio alta costruivano quindi relazioni strette con persone di pari condizione sociale. In queste sfere d’amicizia, gli uomini offrivano spesso consiglio e incoraggiamento ai colleghi durante i momenti cruciali delle loro carriere.
Quello che spesso nasceva come una sorta di legame professionale diventava una connessione emotiva intensa. Questi uomini rivelavano la loro profonda intimità ed esprimevano il loro calore e supporto reciproco, o pianificavano lunghe vacanze insieme nelle rispettive abitazioni, in lettere entusiaste che si scambiavano per decenni. Mentre i codici della mascolinità del Sud nel diciannovesimo secolo di solito celebravano l’imperturbabilità, unita a una combattività onorevole, nei confronti delle minacce alla famiglia o alla proprietà, queste amicizie suggerivano un tipo di virilità più espansiva, tra uomini che abbracciavano l’empatia e la sensibilità. «Sei per me uno dei pochi amici fedeli, che amo profondamente. Tu sai far sparire le mie preoccupazioni e dipingere, con luce calda e soffusa, l’oscuro sentiero della vita», scrive Wirt a Carr.


Courtesy of the Nini-Treadwell Collection © “Loving by 5 Continents Editions


Nel diciannovesimo secolo l’istituzione dell’amicizia romantica era codificata socialmente quasi come il matrimonio. Nelle immagini ipnotiche che David Deitcher raccoglie in Dear Friends: American Photographs of Men Together, 1840-1918, gli uomini si tengono per mano e posano come farebbero oggi delle coppie di sposi. James Blake parla dell’attenta valutazione e dei riti nascosti dietro la scelta di un’amicizia romantica, come se si trattasse di un matrimonio: «Dopo una conoscenza di quasi tre anni ho scelto [Wyck] come mio amico, e lui ha ricambiato la scelta. Possa egli vivere a lungo e felice, e possa il legame di pura amicizia che abbiamo formato non essere mai reciso se non per mano della morte… Ci mantenga per sempre uniti come lo siamo ora, una vita, un interesse, un cuore, un amore». 
Desideravo quello che avevano James e Wyck. Cercavo risposte in quei testi del passato. Volevo sapere come poteva la mia amicizia romantica durare dopo il matrimonio di Luke Henry, ma allo stesso tempo sapevo di non avere alcuna possibilità. Ossessionato e senza speranza, sorridevo emozionato, arrossivo e facevo degli urletti mentre leggevo la prosa affettuosa e abbagliante di quegli uomini, uomini che avevano sposato delle donne e che non si definivano in alcun modo queer. Inaspettatamente, gli Stati Uniti prima della liberazione gay accettavano delle amicizie tra maschi che nel ventunesimo secolo verrebbero considerate senza dubbio queer. In assenza di parole e categorie per delineare la sessualità, le identità sono più fluide in un modo sorprendente e meraviglioso.
 

Inaspettatamente, gli Stati Uniti prima della liberazione gay accettavano delle amicizie tra maschi che nel ventunesimo secolo verrebbero considerate senza dubbio queer


Un secolo e mezzo più tardi, con Luke Henry, sentivo che questa fluidità mi apparteneva. Dopo le lunghe serate passate insieme, Luke Henry si fermava spesso a dormire da me. Gli lasciavo sempre il letto e io andavo in salotto, insistendo sul fatto che lui fosse più grosso e che non mi sembrava giusto costringerlo a rannicchiarsi sul divano. Il modo in cui lui si appropriava del mio spazio più intimo, mentre io ero sdraiato nella stanza accanto, definiva il nostro bizzarro legame attraverso la lontananza. Eravamo compagni di letto che non avevano mai davvero dormito insieme
Adoravo la nostra intimità non erotica, ma mi chiedevo anche, mentre mi immergevo in quei testi, se fosse davvero possibile conoscersi in quanto queer tramite storie di uomini che non si definivano tali. Oppure era la mia ossessione con le amicizie romantiche delle altre persone, e con la mia amicizia romantica, a frenare la mia stessa omosessualità?

La mia amicizia romantica con Luke Henry nacque dai desideri insoddisfatti di altre persone. Tre anni prima che si sposasse, durante il nostro primo semestre di dottorato, ci eravamo entrambi iscritti a un seminario intitolato “Teorie dell’amore”, che faceva una sintesi degli amori non corrisposti in oltre duemila anni di letteratura occidentale, da Platone e Aristotele a Tommaso d’Aquino e Madame de La Fayette fino a Proust, Nabokov e Barthes. In molti dei testi che leggevamo, gli autori trovavano piacevole e al contempo piangevano la qualità illusoria dei loro oggetti d’amore. Riconoscevano la natura irreale dei loro amanti idealizzati solo per poi desiderarli ancora di più. Esprimevano con un linguaggio devastante la sconfitta di chi desidera qualcuno che non ricambia il proprio amore, o l’illusione intrinseca nell’essere innamorati, senza poter tuttavia evitare di infatuarsi. Questo sfondo di impossibilità romantica si infiltrò subito nella nostra amicizia con un’intensità ambigua. Ogni giovedì dopo lezione io e Luke Henry facevamo aperitivo insieme e non ci salutavamo fino all’indomani.
Io ero bravo ad ascoltare mentre lui parlava e parlava. Dalla mia poltrona reclinabile, fino alle prime ore del mattino, mi raccontava del diario che aveva trovato nell’archivio di un giovane aristocratico inglese del diciassettesimo secolo, o degli incredibili paralleli tra i Run-DMC e Virgilio. Tra una lezione e l’altra, mentre io ascoltavo in loop Teenage Dream di Katy Perry, ci confidavamo i nostri sogni, le nostre paure e i nostri amori. Mi sentivo capito dal mio amico come mai mi ero sentito prima di allora. Il mio appartamento divenne una sorta di casetta sull’albero, un nascondiglio per due ragazzini che non avrebbero mai dovuto rendere conto all’età adulta.
 

Tra una lezione e l’altra ci confidavamo i nostri sogni, le nostre paure e i nostri amori. Mi sentivo capito dal mio amico come mai mi ero sentito prima di allora


Per tutta la vita ho avuto quasi solo amiche donne. Crescendo, come molti ragazzi gay, mi sentivo più a mio agio e capito dalle ragazze. Avevo avuto brevi, travolgenti legami con alcuni ragazzi, legami che in un qualche modo erano più profondi di quelli con le ragazze, anche se mi accorgevo della loro intensità solo quando erano finiti. Alle superiori ci fu il flautista che nel suo seminterrato mi leggeva brani dei vecchi libri di suo nonno e che mi spezzò il cuore quando trovò una fidanzata. Al college ci fu il lunatico studente di logica, ossessionato con la musica barocca per clavicembalo che mi fece scoprire Morte a Venezia di Visconti e mi tolse la verginità. Fu un progresso rispetto alla storia col flautista: ero più consapevole dei miei sentimenti ed ero capace di farne esperienza fisica con qualcuno davvero interessato agli uomini, pur sapendo che non ricambiava il mio amore, ma in fondo nemmeno io ero poi così sicuro di volerlo. In effetti, parte del suo fascino, suo e del flautista, stava in quel misto di indisponibilità unita alla vaga e sporadica passione contraccambiata. Ancora consumato dalla vergogna riguardo la mia sessualità, mi negavo i piaceri per i quali non mi ritenevo all’altezza. Ero convinto che il mio amore per Luke Henry fosse più intenso di quello che avevo provato per il flautista e per il logico. E durante le nostre lunghe passeggiate nell’arboreto, i nostri interminabili aperitivi e soprattutto durante le tre volte a settimana in cui le nostre ubriacature dopo le lezioni si trasformavano in notti trascorse insieme, mi sembrava che lui ricambiasse quell’amore.  


Courtesy of the Nini-Treadwell Collection © “Loving by 5 Continents Editions


La nostra intimità mi sopraffaceva e mi confondeva. Non riuscivo a capire perché volessi passare tutto il mio tempo con un uomo promesso a una donna, quando avevo a disposizione tutti i benefici dell’identità post-Pride, quando avrei dovuto essere abbastanza maturo per avere una normale relazione romantica e sessuale con altri uomini gay. Avevo paura di ripetere gli schemi emotivi che non avevo ancora superato durante l’adolescenza. In quegli spasmi di amore puerile non ero neanche sicuro di voler superare l’adolescenza. Ancora più rassicurante delle notti passate con Luke Henry nella mia casetta sull’albero era lo striminzito paradiso del dottorato. Anche quello stava per finire. Il semestre in cui studiai le amicizie romantiche fu il mio ultimo semestre. Quella volta studiai da solo. Luke Henry non si era iscritto con me.
Il seminario sull’amicizia romantica era una sorta di prosecuzione di “Teorie dell’amore”. Mi ha insegnato che l’amore puramente platonico tra uomini era possibile solo in un’epoca del tutto diversa e irrecuperabile. Il primo seminario della mia carriera di dottorando portò me e Luke Henry ad avvicinarci, l’ultimo chiarì la nostra inevitabile separazione. 
In Two College Friends, Ned si dichiara al compagno di scuola Tom (che poi diventa suo amico romantico, e in seguito suo compagno di battaglia nella guerra civile) dopo che entrambi sono stati catturati da Stonewall Jackson:
 

Quando ti sarai ristabilito, ricorda di quando mi sono avvicinato a te e l’ho detto, ti ho detto addio, addio, addio! Oh, Tom, mio caro, non dimenticarlo! Se sapessi quanto ti ho amato quando ero geloso e morboso, quanto ti ho amato nel mio rigido egoismo. Oh, Tom! Tesoro mio, tesoro mio!... Non ricordi quando ci hanno esaminato insieme per il college? Eri seduto dall’altra parte della stanza. Ti ho visto e volevo accorrere ad aiutarti. E la tua fotografia, Tom, quella per cui abbiamo litigato, adesso ce l’ho, Tom. Sarà con me quando mi seppelliranno.


Trovare questi testi mentre ero alle prese con l’imminente matrimonio di Luke Henry e la conseguente fine della nostra amicizia romantica, mi faceva sentire illuminato, revitalizzato, confortato, rappresentato nel sapere che altri uomini avevano provato il mio stesso ingannevole e opprimente amore, eppure mi sentivo strano a battermi per una forma di affiliazione tra uomini che esisteva in un’epoca antecedente all’orgoglio omosessuale, in un contesto denso di ineguaglianze e repressione più tossico di quello dei nostri giorni. Mi sentivo retrogrado a desiderare un amore così all’antica. Ma ciò che ancora di più mi sconcertava e disturbava era quello che la mia infatuazione verso l’amicizia romantica rivelava della mia repressione: non ero solo lontano dal modo di essere queer dei post millennial, ero distaccato dalla mia stessa identità. Cominciai a notare che ero troppo frenato da un’omofobia interiorizzata per poter accogliere altri uomini gay, nonostante avessi fatto coming out con la mia famiglia e i miei amici. Parte della mia attrazione per Luke Henry era data dal suo essere etero. Era ciò che non potevo essere, e mi faceva desiderare di stargli accanto.

Quello che più mi affascina (e mi spaventa) delle amicizie romantiche del diciannovesimo secolo è la loro compostezza. Quegli uomini erano del tutto in sintonia coi loro sentimenti. Parlavano liberamente del loro legame e condividevano le loro emozioni nei toni composti di leali compagni di letto. Centocinquant’anni dopo che gli uomini avevano trovato una struttura e un vocabolario per condividere i loro sentimenti reciproci, io e Luke Henry eravamo incapaci di esprimere ciò che provavamo. Assomigliavamo più ai taciturni ragazzi di montagna delle storie di Harte che ai compagni romantici di Two College Friends e Joseph and His Friend o agli affezionati gentiluomini della società prebellica del Sud. Non ammettemmo mai il nostro amore, forse perché ce ne vergognavamo troppo, forse perché il momento culturale in cui ci trovavamo non ammetteva amicizie romantiche.
I miei amici del diciannovesimo secolo mi mostravano quello che non potevo esprimere io stesso: che il mio desiderio andava oltre l’amicizia, che le mie emozioni non potevano essere contenute in una storia d’amore convenzionale, che andava bene resistere alle categorizzazioni. L’amicizia romantica non era mai stata davvero definita. I suoi piaceri erano sconcertanti, impegnativi, queer.
 

I miei amici del diciannovesimo secolo mi mostravano quello che non potevo esprimere io stesso: che il mio desiderio andava oltre l’amicizia, che le mie emozioni non potevano essere contenute in una storia d’amore convenzionale


L’amicizia romantica non era sempre facile. Non era sempre senza fine. Per i pionieri ribelli delle storie d’avventura ambientate nell’Ovest di Harte, l’amore virile porta alla morte, un tropo dei primi testi omosessuali. Nelle amicizie romantiche di Joseph and His Friend, l’amore virile non è fatale, ma è tutt’altro che eterno. Alla fine del romanzo, Philip si rende conto che Joseph si sistemerà con una donna – la sorella di Philip – e per qualche tempo ne soffre. Il pensiero è breve ma straziante: «Questo allontanerà Joseph dal mio cuore o ci avvicinerà ancora di più? Dovrebbe riempirmi di pura gioia, eppure sento una fitta di dolore… Bene, dovrò rallegrarmi della loro felicità, riscaldato nella mia sfera solitaria dalle lontane emanazioni della loro gioia nuziale». Come Philip anche io vivevo una vita ai margini. Come lui mi sentivo destinato a vivere alla periferia dell’amore tra un uomo e una donna, ma le nostre somiglianze finiscono qui, dato che Philip decide subito di trovare una donna che lo completi. La sua unica altra opzione per amare è quella di lanciarsi nella stessa istituzione che ha fatto finire la sua amicizia romantica: «Il mondo è un disastro… Se adesso non c’è una nobildonna che possa benedirmi col suo amore, rafforzarmi coi suoi sacrifici, purificarmi con la sua dolce e nitida fede, aspetterò, ma la troverò!». La fine dell’amicizia romantica conduce al matrimonio con una donna.

Io non volevo trovare nessun altro o nessun’altra. Avevo ormai capito che non mi sarei mai conformato alle istituzioni. Non volevo sposarmi e crescere dei figli, percorrere la traiettoria standard della vita emotiva. Non volevo una relazione convenzionale con un altro uomo gay ma, in un certo senso, il mio desiderio era persino più queer. Questo è quello che l’amicizia romantica mi ha davvero insegnato: non avevo bisogno che il mio desiderio rientrasse in una categoria preesistente, ma dovevo ancora lavorare sul problema dell’autoapprovazione. Ero queer non solo perché ero attratto dagli uomini: ero anche affamato di legami che sfidavano la consuetudine.
Parte di me avrebbe voluto scoprire la letteratura sull’amicizia romantica prima che mi innamorassi di Luke Henry. Conoscere l’infelice finale di Joseph and His Friend e leggere questi racconti, romanzi e lettere non mi avrebbe impedito di innamorarmi di lui, ma forse sarei stato meno confuso e mi sarei vergognato meno per qualcosa che a quanto pare era già stato analizzato.
L’altra parte di me, invece, era grata di aver incontrato i testi proprio nell’inverno in cui stavo perdendo Luke Henry a causa del matrimonio. Tennessee e il suo partner, Joseph e il suo amico, William e Dabney, Abraham Lincoln e Joshua Speed forse non avevano curato la mia tristezza, ma mi avevano fatto affrontare in maniera vivida e precisa il mio dolore. Non c’era cura, solo un feroce e disperato bisogno di continuare a leggere. Mi sembrava giusto che la seconda vita di una storia d’amore nata fra i testi risiedesse in un archivio.


Courtesy of the Nini-Treadwell Collection © “Loving by 5 Continents Editions


Durante l’ultima settimana da single ad Ann Arbor, Luke Henry lasciò il suo gilet nel mio appartamento. Tornò a Knoxville prima che potessi restituirglielo. Per alcune notti, dormii tenendolo vicino a me. Era diventato la mia coperta. Mi ci avvolgevo, inalando in maniera frenetica e dolorosa le sue note stratificate, l’Old Spice, il sudore, la pizza, l’aria silvestre dello chalet in North Carolina dove avevamo trascorso il suo addio al celibato, la birra, i nachos, la salsa barbecue, l’aria fresca dell’arboreto dove eravamo soliti andare a osservare gli uccelli e la pioggia del Michigan. Avevo fatto un errore meraviglioso che anche due millenni di teorie sull’amore non erano riusciti a farmi evitare. Avevo visto l’impossibilità di ogni storia d’amore, la menzogna di tutti gli oggetti d’amore, e mi ci ero tuffato senza esitazione.

 

Logan Scherer è un giornalista culturale. Ha scritto Logreads, Catapult, Vice, The Atlantic. Questo articolo è stato pubblicato su Oxford American numero 106, autunno 2019  Bedfellows Forever  | Traduzione di Francesco Cristaudo

Le fotografie contenute nel testo sono tratte da Loving: A Photographic History of Men in Love 1850s-1950s pubblicato da 5 Continents Editions, Courtesy of the Nini-Treadwell Collection


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