Scomparire in piena luce

Su Incantagioni di Mariano Tomatis, storie di donne veggenti e illusioniste alla conquista del palcoscenico magico

Quello che ci piace è vedere una donna scomparire, o venire segata a metà. Una donna che assiste il mago senza porsi troppe domande e sorride quando è il momento di farlo. Vediamo, come nel migliore dei trucchi, ciò che davvero vogliamo vedere. Questo è il primo inganno che neppure una mente tra le più allenate riesce a sbrogliare. Un altro ingegno è quello di avere davanti agli occhi solo uno spettacolo di magia novecentesco, o una seduta di mesmerismo in epoca vittoriana. Oppure, come nella raccolta Incantagioni di Mariano Tomatis (NERO Editions, 2022), delle veggenti che si muovono tra Francia e Italia durante il Settecento e l’Ottocento. Non si tratta solo di spettacoli, piccoli eventi capaci di coinvolgere poche persone, ma di storie che celano abusi, sessismo, razzismo. Questo libro racconta di donne che hanno tentato di rivelarsi chiaroveggenti, sibille, necromanti e molto altro. Donne che hanno superato il confine che le vedeva elementi passivi, strumenti nella mano di un medium, di un mago, di un magnate maschi, e che hanno allargato il territorio che spettava loro, utilizzando mentalismo e illusionismo per ottenere in quel nuovo spazio una posizione migliore. Sono confini che riguardano dipendenza e indipendenza, verità e inganno e, ovviamente, reale e impossibile.

Tomatis è un esperto di mentalismo, illusionista e scrittore, e già nel 2013 aveva spostato l’attenzione sul ruolo della donna nell’illusionismo, girando il documentario Donne a metà. Il documentario mette bene in chiaro come l’atto di segare una donna in due, tipico trucco svolto su molti palcoscenici, celi una forte matrice politica, come lui stesso ripete nell’introduzione alla raccolta Incantagioni: «cosa impedisce, a noi maghi uomini, di concepire per le donne un ruolo diverso da quello della valletta seminuda da seviziare, infilzare, squartare e segare a piacimento?». Il focus, nella raccolta, risuona in modo simile: perché la donna deve rimanere al margine? Perché nel trucco, nell’illusione, nel gioco, non le spetta mai un ruolo attivo? Ma, soprattutto, cosa accade quando la donna in questione questo ruolo lo afferra? Ecco quindi che si svelano le storie di sei donne che Tomatis ha rintracciato nei secoli, che hanno sfondato il confine e provato a ricostruire un margine diverso, in cui il ruolo che spettava loro era nuovo e svincolato dalle dinamiche eteropatriarcali. La stessa narrazione di Tomatis e l’esposizione della sua ricerca rendono la raccolta ancora più preziosa. Infatti, attraverso rimandi, collegamenti e in alcuni casi persino eventi che sfiorano la serendipità, l’autore crea un quadro complessivo di ribellioni apparentemente piccole ma enormi, casi in cui davvero l’incantagione del titolo è avvenuta, un evento che l’autore riporta alla luce per dimostrarci come coltivare un nuovo punto di vista e sperare in un trucco, svelamento o gioco migliore, diverso rispetto alla prassi.
 

Il mio è il punto di vista di un illusionista, e ad attivarmi non è mai il sovrannaturale in sé, ma il cortocircuito tra il sotterfugio e la fede mistica, l’imbarazzante filo rosso tra l’inganno e il miracolo, la sproporzione tra il raggiro e le sue implicazioni spirituali. Se immagino la scena non vedo solo una medium che ha aperto un canale tra il Cielo e la Terra, ma anche (e soprattutto) una donna che ha saputo sfruttare le sue capacità per ottenere ciò che le spettava e sopravvivere in un mondo ingiusto, arrivando a turlupinare il re in persona.
 

Questo scrive Tomatis nella seconda indagine, sviscerata all’interno del capitolo La necromante dedicato a Carlotta Cerrino, che arriva a convincere prima uomini di chiesa, poi la corte e il re Carlo Alberto di essere in grado di mettersi in contatto con lo spirito di Maria Clotilde di Borbona. Grazie a trucchi che richiedono l’utilizzo di una complice, lanterne, piume di colomba, nel 1831 la donna riesce infatti a ottenere un colloquio con il re. Carlotta Cerrino non è la sola ad allontanarsi dal margine in cui era stata collocata per mettersi al centro. Spostandoci in Francia, nel capitolo dedicato a La sonnambula, ci viene narrato di Prudence Bernard, che fin da piccola soffriva di disturbi del sonno. Dopo essere stata messa in collegio e punita per soffrire di sonnambulismo, si lega infine al medico magnetizzatore e conoscitore dell’ambiente illusionista Piard-Laurent, e insieme cominciano a esibirsi: l’esordio avviene nel 1840. Come Cerrino e le altre, Prudence si rende conto che quello che sa fare può esserle utile per ottenere una vita migliore, e che il palcoscenico potrebbe anche appartenere del tutto a lei. La storia di Prudence è l’esempio perfetto di quello che Incantagioni vuole rappresentare: l’emancipazione di una donna, ma anche il suo mettersi al centro del palcoscenico.

Questo ci riporta alle donne segate a metà e al discorso sui margini. La consapevolezza che il potere, il trucco e l’inganno erano alla loro portata conduce le donne di Incantagioni a giocare in modo diverso. Questo ovviamente ci dimostra quanto gli standard maschilisti possano piegare persino l’immaginario: il trucco del mago è ormai la prassi. Quando il mago sega a metà la valletta che lo accompagna osserviamo la scena: con un occhio sappiamo che è tutto finto, con l’altro potremmo fingere di credere a ciò che sta accadendo. Come spettatori siamo abituati a questa immagine e non ci poniamo più domanda alcuna al riguardo. Tuttavia quello che accade sul palco ci riporta a un’unica domanda: cosa siamo disposti ad accettare? Accettiamo che il mago divida in due il corpo di una valletta, eppure su quello stesso palco cerchiamo di smascherare a ogni costo i trucchi messi in scena da una donna. Come scrive Tomatis, ancora riguardo Cerrino e la discrepanza con il trattamento che sarà riservato a Gustavo Rol, riconosciuto ‘sensitivo’ torinese del ‘900:
 

Quella che colpisce è la sproporzione nel trattamento che Torino ha riservato alle due figure. L’uomo ricco esponente della borghesia cittadina, è oggetto di un culto laico che prosegue ancora oggi: c’è chi ha proposto di erigere un museo a memoria dei suoi prodigi. La donna, una cuciniera di bassa estrazione, è solo una furbacchiona da allontanare, mettere al gabbio e cancellare dalla memoria – e deo gratias che il cielo se la sia presa in fretta. Giustizia fatta? Niente affatto, bastardi.
 

Rol viene etichettato come sensitivo, non illusionista. I suoi sono considerati da molti poteri, non trucchi. Torniamo quindi alle donne che sono costrette a scomparire. Come scrive Karen Beckman, citata anche dallo stesso Tomatis, in Vanishing Women riguardo il dispositivo pubblicitario ideato da Frank L. Baum che vedeva una donna scomparire e riapparire in una vetrina.


Da un lato, cerca di trattenere il corpo femminile controllandone la mobilità, smembrandolo e fissandolo su un palo per rassicurare gli acquirenti della vetrina che questa donna, per quanto inafferrabile possa sembrare, non va da nessuna parte. D’altro canto, lo spettacolo si rende contemporaneamente partecipe di un discorso misogino che fantastica la completa eliminazione di ogni donna.
 

Beckman continua a citare quindi altri casi in cui la donna scompare inserendo anche esempi cinematografici, tra cui il film di Hitchcock La signora scompare del 1938. Tuttavia, come dimostra Tomatis scrivendo Incantagioni, è più interessante osservare i casi in cui la donna non scompare ma si mette al centro, o almeno prova a prendere in mano le redini del gioco. Per questo, pensando alla cinematrografia recente, mi rendo conto che film dedicati all’argomento utilizzano lo stesso dispositivo mediocre della donna strumento passivo. Penso all’ultimo film di Guillermo del Toro uscito proprio quest’anno, Nightmare Alley, in cui un neofita del mentalismo cerca di rendersi medium, ovviamente fallendo. Le donne presenti nella pellicola, la compagna e la terapista, sono strumenti o personaggi collaterali che ne determinano ascesa e declino. O all’esemplare film di Christopher Nolan Prestige. In questo caso la scomparsa della donna amata, la compagna di uno dei due illusionisti, avviene davvero durante un trucco di magia, ma per giunta è anche il motore che mette in moto la storia. Al contrario, sembrano essere più efficaci e appropriate, per parlare di donne che scompaiono e ricompaiono, pellicole non dedicate al tema. Gaslight di George Cukor, film del 1938 che ha creato il termine stesso gaslighting per indicare una manipolazione subdola che cerca di screditare la vittima. La protagonista del film di Cukor viene lentamente portata a scomparire, i confini le si chiudono intorno. Nella sua stessa casa, non su un palcoscenico, la donna viene invitata con malignità a sottostare a una presenza schiacciante, quella del marito. Film molto più recente è Gone Girl di David Fincher, del 2014, tratto dal thriller dell’autrice statunitense Gillian Flynn. Qui è Amy Dunne, la protagonista, a scomparire e ricomparire come desidera. Un gioco tessuto con cura e calcolo, un’illusione e un inganno così potente che diventa irreale.

Cosa fa più paura di un inganno ideato da una donna? Cerrino, Prudence Bernard, la donna invisibile che chiude la schiera di veggenti narrate da Tomatis sembrano suggerirci che una donna sola, su un palco, sarà sicuramente attaccata. Per chiudere la questione non può che venire in mente un’altra donna che è stata perseguita e smascherata persino da Harry Houdini. Mina Crandon, passata alla storia come la strega di Lime Street, si trovava sull’altro continente rispetto le donne di Tomatis. Anche nel suo caso, una casalinga che comunicava con gli spiriti non era una cosa normale, che si vede tutti i giorni. Aveva quindi attirato sempre più sguardi e la voce del suo talento era giunta a spiritisti, esperti del settore, la rivista Scientific American che nel 1922 aveva messo in palio un premio in denaro a chi fosse capace di manifestare veri poteri psichici. E infine Houdini, che cercò a tutti i costi di svelare i trucchi della donna, e che accolse la presenza di Crandon, al centro della stanza, sotto gli occhi di tutti, come una sfida. Viene di nuovo da chiedersi cosa siamo disposte a vedere, e qual è, tra tutti i trucchi, l’inganno a cui ci siamo più abituate. C’è un sapere patriarcale, scientista e sessista che prova a tessere su di noi l’incanto più potente di tutti, ma le sonnambule e le veggenti narrate da Tomatis ci dimostrano che c’è ancora tempo e modo per metterci sotto i riflettori, e prenderci finalmente la scena.

 


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