L'equivoco della natura

Sul perché la conquista dei diritti per gli omosessuali è una vittoria di civiltà

«O natura, o natura / perché non rendi poi / quel che prometti allor? perché di tanto / inganni i figli tuoi?» si chiedeva Giacomo Leopardi nella lirica A Silvia, riassumendo in una domanda disperata un lavorio intellettuale complesso e troppe volte frainteso con la abusata etichetta del ‘pessimismo’, come se invece la sua poesia non scoppiasse di vita e di vitalismo. Proprio A Silvia ne è la prova più evidente: un’elegia sulla morte di una ragazza che in realtà è un grido d’amore nei confronti dell’esistenza, troncata da quella ‘natura’ che pensa solo alla sopravvivenza di se stessa, scegliendo i più forti e lasciando dietro di sé i più deboli. Natura, del resto, è un purissimo participio futuro del verbo latino nascor, e come tutti i participi futuri rappresenta un fine; è un attivo che produce e interviene nella storia, mai un passivo che subisce e viene manipolato da altri elementi. Natura è, etimologicamente parlando, «colei che farà nascere»: meglio ancora, quella entità che è destinata a generare. Darwin l’ha spiegato perfettamente: la prosecuzione della specie è affidata a chi è in grado di resistere e di adattarsi alle circostanze, mentre per tutti gli altri provvederà, spietata, la selezione.

Dunque è vero: dal punto di vista etimologico, una coppia dello stesso sesso è effettivamente contro natura, perché non può generare. È quindi ovvio difendere la famiglia naturale, ossia atta a far nascere, ma non si riesce a capire chi e cosa vogliano attaccarla: essa, semplicemente, è e non può non essere e nessuno l’ha mai messa in dubbio, nemmeno la inesistente ideologia ‘gender’ che viene agitata come uno spauracchio. Tuttavia la grandezza dell’uomo sta proprio nella sua capacità di intervenire sul corso biologico degli eventi e di trasformare la natura per i suoi scopi: è nel passaggio dalla condizione di cacciatore-raccoglitore a quella di agricoltore – ossia manipolatore dell’ambiente – che si danno le condizioni per lo sviluppo di ciò che oggi definiamo ‘civiltà’. Con tutte le conseguenze che ne derivano, prima fra tutte la creazione di comunità stanziali con necessità di istituzioni e leggi.

C’è chi ha definito «una sconfitta per l’umanità» la vittoria del referendum irlandese, che ha sancito la possibilità dei matrimoni omosessuali, ma questa tesi è una contraddizione in termini: l’allargamento di un diritto, semmai, è la vittoria dell’uomo nei confronti di una legge naturale selettiva. È la civiltà che avanza, mentre l’Italia preferisce portare in piazza San Giovanni un imam a parlare di diritti, dimostrando che il nemico del mio nemico è mio amico (e pazienza se l’hai insultato fino a due minuti prima). Viva la biologia. 

 

Pubblicato su L'Eco del nulla N.3, "Indagini e ricerche", Autunno 2015
Acquistabile online su
Diogene Multimedia

 











 

 


Commenta