Il poeta dei prodigi

Le invenzioni senza brevetto della fantascienza di Jules Verne

A partire dalla metà del secolo scorso, niente ha avuto più autorità delle conquiste tecnologiche nel dare il nome ai lassi di tempo individuati dalle cronologie storiografiche. Così, gli anni Novanta del XX secolo sono stati il decennio dell’esplosione dei personal computer, gli anni zero del terzo millennio il decennio della diffusione di Internet, quello che stiamo vivendo adesso il decennio dei social network. I passi in avanti della scienza applicata, per l’impatto immediato sulla vita quotidiana, entrano ben presto a far parte della cultura popolare, influenzando cinema, televisione, letteratura. Più rara è invece l’eventualità opposta, ovvero quando sono le idee fantasiose di alcune opere a determinare, con una carica profetica di innegabile suggestione, le tappe dell’avanzamento tecnologico. È questo il caso degli scritti del narratore francese Jules Verne, il celebre padre della fantascienza. Epiteto che può sembrare quanto meno riduttivo quando ci si trovi a scorrere la lista delle invenzioni della nuova scienza anticipate dalle pagine del Verne, invenzioni immaginate in un momento in cui a malapena erano stati gettati i presupposti teorici necessari al loro concepimento. Molto prima che i pionieri dell’esplorazione potessero anche solo pensare di arrivarvi, i protagonisti delle prose del grande narratore francese dischiudevano agli occhi del lettore i segreti e le meraviglie di paesaggi ancora vergini al suono del passo umano. Macchine straordinarie – fantascientifiche, appunto, per il pubblico della seconda metà dell’Ottocento –  aprirono le porte delle profondità oceaniche e dei cieli, portando con sé l’implicita promessa che nessun luogo fosse ormai inconoscibile o irraggiungibile per l’uomo.

Seppure la finzione letteraria concede all’ingegneria una libertà non trascurabile, sottomarini, areoplani e razzi spaziali non avrebbero accolto i viaggiatori partoriti dalla penna del Verne se all’autore fosse mancato quell’insaziabile appetito per le più recenti pubblicazioni scientifiche responsabile dell’ispirazione di ogni singola riga scritta di suo pugno. Il secondo Ottocento, d’altra parte, vide ogni ramo dell’arte confrontarsi in qualche modo con le conquiste della scienza: si pensi agli studi sui colori complementari in pittura, portati avanti di pari passo con le scoperte attribuibili all’ottica, oppure alle sperimentazioni di certi compositori nell’ambito della tecnica del suono. Allo stesso modo, le prose di Verne non traggono mai la propria origine da una dimensione metafisica priva di appigli col reale, piuttosto l’esatto contrario, venendo spesso tratteggiate in appunti che condividono la superficie dello scrittoio con le carte geografiche dei più remoti angoli della Terra o le equazioni di qualche trattato di fisica. L’immaginazione e l’artificio letterario entrano poi in scena quando il racconto dipinge tecnologie e mondi che la scienza del tempo non è ancora stata in grado di raggiungere. Ciò che ne consegue è un salto prodigioso, le cui conseguenze si possono ravvisare nelle profezie per cui le prose di Verne sono tutt’oggi note, ricordate non molto tempo fa anche da un articolo sul sito del National Geographic, a testimoniare la simpatia degli ambienti scientifici per il narratore francese: pistole elettriche, vele solari, videoconferenze, tutte apparse in romanzi e racconti quasi un secolo prima della loro effettiva progettazione. Non a caso, un poeta ascrivibile ad un altro movimento artistico molto sensibile, specialmente dal punto di vista lessicale, alla nuova scienza, il crepuscolare Guido Gozzano, nell’occasione della morte di Verne scrisse un sonetto a lui dedicato, poi incluso nella raccolta La via del rifugio. I versi della composizione, che tradiscono un’affezione tutt’altro che disinteressata del poeta piemontese verso il padre della fantascienza, comprovano altresì il riconoscimento attribuito al Verne sin da quando egli era ancora in vita, restituendo la portata della sua carica evocativa: «Maestro, quanti sogni avventurosi / sognammo sulle trame dei tuoi libri! / La Terra il Mare il Cielo l’Universo / per te, con te, poeta dei prodigi, / varcammo in sogno oltre la Scienza».

 

Pubblicato su L'Eco del Nulla N.2, "Distanze", Primavera 2015
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