Francesco Borromini

Bissone, 27 settembre 1599 – Roma, 3 agosto 1667

A Roma Francesco Castelli scende giovanissimo (1614) e comincia a lavorare scalpellino intagliatore nella gran fabbrica di San Pietro, mentre la Città riceve dai suoi papi aristocratici, da Paolo V (1605-1621) a Urbano VIII (1623-1644) ad Alessandro VII (1655-1667) la maestosa solennità cui l’impulso tridentino spinge per dare forma visibile alla forza eterna della vera fede. Avviato all’architettura dal parente Carlo Maderno, a questa Roma Francesco Borromini si dedica in formale contrapposizione con Lorenzo Bernini, suo massimo rivale: come emerge dalla facciata di San Carlino alle Quattro Fontane o dall’elica dello scalone di palazzo Barberini, Borromini valorizza le linee piuttosto che le masse per contrarre lo spazio costruttivo e mira ad ottenere in tutto l’edificio più che la maestà e la monumentalità dell’insieme una serrata continuità di ritmo cogliendo audacissimi espedienti costruttivi e insistendo personalmente nel disegno dei minimi particolari decorativi. Frustrato dalla sfida perdente col Bernini fino alla nevrosi e forse al suicidio, all’architettura barocca europea il Borromini apre un dibattito sulla validità del sistema formale classico e sul carattere espressivo delle più ardite soluzioni tecniche che gli è valso la censura della critica neoclassica così come il rinnovato apprezzamento di quella contemporanea.


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