Charles Perrault

Parigi, 12 gennaio 1628 – Ivi, 16 maggio 1703

Intimo e valido collaboratore del superministro di Luigi XIV, Colbert, lʼavvocato Charles Perrault coglie nella nomina a segretario perpetuo dellʼAcadémie des Inscriptions et Belles-Lettres (1663) lʼoccasione di intraprendere la carriera letteraria, sostenuta dal talento come dalla capacità dʼimporsi sulla scena alla moda del bon goût: morto Colbert, Perrault si darà ad una querelle assai rappresentativa della critica allʼantico di cui si nutre la crise de conscience européenne, quella tra gli anciennes e i modernes. Contro il classicista Boileau, lʼautore del Siécle de Louis le Grand (1687) rivendica la superiorità dei moderni, e dunque di letterati quali Molière sugli antichi greci e latini. Ma, con suprema ironia e aperta beffa di chi sprezza il genere fiabesco di cui sarà maestro, è alle fabulae Milesiae di Luciano e Apuleio che Perrault ricollega i suoi Contes du temps passé (1697): infatti, il fine pedagogico di tali “racconti di fate” vuole che il meraviglioso loro proprio sia disposto con virtù, quali semplicità e naturalezza, che solo il classicismo fornisce. È però una moralità moderna, ovvero borghese, quella che Perrault infonde in fiabe – Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Il gatto con gli stivali, Pollicino, La bella addormentata nel bosco – allora come oggi in equilibrio tra scritto e orale e ormai parte di una mitologia continuamente riscrivibile.


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