A voce alta contro il precariato culturale

I bibliotecari fiorentini raccontano la storia di una politica al ribasso e la protesta per far valere i propri diritti

Trovarsi ancora, dopo tanti anni, a parlare della nostra condizione lavorativa lo consideriamo di per sé un fallimento, visto che viviamo in uno Stato che si fonda sul diritto al lavoro come principio costituzionale. Lo consideriamo un fallimento anche perché molti di noi lavorano ormai da più di 15 anni presso l’Archivio e le biblioteche comunali fiorentine, e qui ci troviamo non a raccontare cosa sia il lavoro dell’archivista o del bibliotecario, ma a cercare di far comprendere come, con la scelta del sistema degli appalti a ribasso da parte delle pubbliche amministrazioni, il ruolo stesso di archivisti e bibliotecari venga costantemente mortificato e sminuito.

Le esternalizzazioni e i primi appalti
La storia della nostra precarietà comincia nel 2002, quando il Comune di Firenze decide di appaltare i servizi dell’Archivio storico fiorentino pubblicando un bando della durata di 5 anni, ed esternalizzando un gruppo di lavoratori lì impiegato già dal 1997 come LSU. L’appalto viene vinto dalla CoopLAT, la quale, nonostante il bando fosse costruito sul CCNL Federculture, applica il CCNL del Commercio inquadrando il personale al II livello. Nel 2007, con l’inaugurazione della Biblioteca delle Oblate, viene deciso di appaltare i servizi di front office di questa e di altre biblioteche comunali, fino ad allora gestite da personale interno. La gara, anch’essa costruita sul CCNL Federculture, viene vinta da un’Associazione temporanea d’imprese costituita dalle cooperative Codess Cultura, Eda servizi e Ifnet, che assumono il personale inquadrandolo con il contratto nazionale del Commercio al IV livello. Che questo contratto sia inadeguato alla tipologia del nostro lavoro lo dice il nome stesso, dato che risulta più che evidente che noi non commerciamo niente. Il contratto nazionale di riferimento per la nostra professione esiste adesso ed esisteva già allora: si chiama appunto Federculture, e nel suo mansionario sono elencate tutte le specifiche riguardanti le attività che svolgiamo. Ovviamente tale contratto garantirebbe salari adeguati alla nostra professione, ma con costi maggiori per le aziende. CoopLat, che aveva partecipato alla gara delle biblioteche perdendola, impugna il bando, che viene di conseguenza annullato. Nel 2008 viene pubblicato un nuovo bando comprendente anche l’Archivio storico; CoopLat entra nella Ati e continua ad applicare lo stesso contratto con le stesse condizioni. Nel 2012 Cooplat licenzia il  personale dell’Archivio storico, che viene riassorbito da Eda e Coopculture (ex Codess Cultura) con un abbassamento al III livello.

Il peggioramento della situazione economica
Così la storia è continuata con varie proroghe all’appalto, inizialmente della durata di 5 anni, fino al 2014, anno nel quale è stata bandita una nuova gara d’appalto. Nel frattempo i servizi sono aumentati, un numero maggiore di biblioteche è stato affidato all’Ati, sono stati ampliati gli orari di apertura soprattutto della Biblioteca delle Oblate. Alla nuova gara d’appalto si è presentato un unico soggetto con la stessa formazione Ati (con il passaggio in subappalto del personale dei servizi generali a Euro&Promos) che ha applicato un ribasso di più dell’11% sulla base d’asta. Le conseguenze di questo ribasso sono ovviamente ricadute sui lavoratori, ai quali è stato imposto di licenziarsi per essere riassunti con un nuovo contratto, sempre del Commercio, nel quale inizialmente non era stata riconosciuta l’anzianità di servizio (poi in parte reintegrata tramite contrattazione sindacale) con la perdita di alcuni istituti contrattuali tra i quali i permessi retribuiti e i superminimi. È evidente che dopo tanti anni di lavoro e maturazione professionale la nostra situazione contrattuale ed economica è andata sempre peggiorando. Oggi ci ritroviamo con un appalto scaduto a giugno 2020 e in affidamento diretto dei servizi fino al 30 aprile 2022. Il nuovo bando è stato pubblicato il 16 febbraio scorso e si preannuncia un nuovo peggioramento delle nostre condizioni lavorative.

Milioni di euro di tagli
Il problema del nuovo appalto, che dovrebbe essere espletato entro il 1° maggio a quanto riportato dalla dott.ssa Farsi, dirigente della Direzione Cultura e Sport del Comune di Firenze, è l’ingente taglio dei fondi stanziati per l’appalto stesso: inizialmente erano stati promessi 14 milioni di euro per 4 anni, per poi passare a 12 milioni di euro, fino ad arrivare agli attuali 10 milioni e 500mila euro per 3 e 4 mesi. A causa di questi tagli, c’è il concreto rischio di vedere applicata una tipologia di contratto ancor meno idonea al servizio che quotidianamente svolgiamo nelle biblioteche e negli archivi. In oltre quindici anni di appalto noi lavoratori precari abbiamo già dato prova di una grande flessibilità, lavorando su più sedi nell’arco di una giornata lavorativa, accettando turni spezzati in base alle richieste del Comune di Firenze per coprire orari di maggior affluenza delle biblioteche.
 

Per l’appalto del servizio bibliotecario e archivistico erano stati promessi 14 milioni di euro per 4 anni, per poi passare a 12 milioni di euro, fino ad arrivare agli attuali 10 milioni e 500mila euro per 3 e 4 mesi


Con il nuovo appalto altre ore andranno perse, vista la decisione del Comune di Firenze di reinternalizzare due biblioteche comunali di quartiere, la Biblioteca Fabrizio de André (Quartiere 1) e la Biblioteca del Galluzzo (Quartiere 3). Inoltre alcuni servizi sono stati classificati come “accessori”, da finanziare cioè in base al bilancio comunale. Questi servizi potrebbero non essere più garantiti alla cittadinanza, perché il Comune con un colpo di spugna potrà decidere di sospenderli; tra questi ricordiamo il servizio del Bibliobus – la biblioteca ambulante presente sul territorio da più di 25 anni – che con grande risonanza pubblicitaria è stato ampliato giusto due anni fa; le aperture serali della biblioteca delle Oblate e di Bibliotecanova; le aperture domenicali della biblioteca del Palagio di Parte Guelfa; l’apertura pomeridiana della sala di consultazione dell’Archivio storico.

La reinternalizzazione del servizio bibliotecario e archivistico
L’altra novità è la durata del nuovo appalto, che è stata stabilita in 20 mesi più 20 mesi, ovvero il tempo necessario, come è scritto nero su bianco nel bando di gara, per attuare la reinternalizzazione di tutto il servizio bibliotecario e archivistico e il superamento del sistema dell’appalto. Condividiamo certamente la reinternalizzazione del servizio, ma ci chiediamo in che modo il Comune voglia procedere ad attuarla, e come intenda salvaguardare la nostra posizione e le nostre professionalità, visto che l’unico modo per assumere personale è tramite concorso pubblico: al momento nel piano occupazionale del Comune di Firenze sono previsti solo due concorsi per l’assegnazione di 3 posti come assistente bibliotecario e uno per 10 posti come istruttore direttivo archivista, ma nell’appalto sono attualmente impiegati quasi 100 operatori. Viene da pensare che la presunta assunzione entro l’anno di 30 bibliotecari di cui tanto parla il Comune in questi giorni sia effettuata dalla esistente graduatoria del concorso per amministrativi livello C già concluso. Vogliamo però sottolineare che un assistente bibliotecario ha nel proprio curriculum una laurea e vari corsi di formazione specifici finalizzati alle mansioni che poi si deve trovare a svolgere. Inoltre ci chiediamo quanto sia giusto che i lavoratori che da anni prestano servizio per il Comune di Firenze si debbano ritrovare a partecipare ad un concorso non per provare a crescere professionalmente, ma semplicemente per continuare a fare quello che già fanno e per non perdere il proprio posto di lavoro. Vorremmo che fosse garantito almeno un punteggio congruo per l’esperienza professionale maturata, in quanto troviamo incomprensibile che un Comune come quello di Firenze spenda milioni di euro per gestire un servizio e professionalizzare il personale che lo manda avanti per poi sbarazzarsene, senza porsi il problema del danno che questo può rappresentare per la cittadinanza.

Purtroppo sappiamo di non essere soli: le biblioteche e gli archivi di tutta Italia vivono situazioni simili se non peggiori della nostra. Basti pensare che a Prato, a soli 20 chilometri da Firenze, le biblioteche comunali sono anch’esse esternalizzate (tra l’altro dalle stesse cooperative che le gestiscono a Firenze) e pochi mesi fa l’appalto è stato assegnato con un ribasso dell’11,5% sulla base d’asta; i lavoratori sono stati inquadrati con il CCNL delle cooperative sociali, con una retribuzione anche peggiore della nostra.
Protestiamo quindi. Protestiamo contro la logica degli appalti a ribasso che grava costantemente sui lavoratori. Protestiamo contro la mancanza di progettualità del Comune di Firenze, che utilizza i servizi come spot per la sua immagine finanziandoli a piacimento e tagliandoli poi quando conviene. Protestiamo contro la logica del precariato che ormai da più di due decenni mortifica il mondo del lavoro avvilendo la professionalità dei lavoratori e smantellando il tessuto sociale e culturale del paese. 

 

Gli scatti contenuto nel presente articolo a testimonianza del presidio di lunedì 21 febbraio 2022 in Piazza San Firenze sono pubblicati per gentile concessione di Biblioprecari Firenze


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