Ovidio

Sulmona, 20 marzo 43 a.C. – Tomi, 18 d.C.

Al giovane Publio Ovidio Nasone non va la carriera pubblica cui il facoltoso padre vorrebbe consacrarlo, ma gli arridono le lettere: è presto nei circoli maggiori della Roma della pax augustea divisa tra la propaganda tradizionalista del regime e il brivido innovatore della definitiva liberazione dei costumi orientali. Prisca iuvent alios, dice il poeta che negli Amores prima e poi nella poesia didascalica dell’Ars amatoria rivoluziona l’elegia, facendo dell’amore un lusus sottomesso alla poesia elevata a motore primo e assoluto di un’attività letteraria che celebra una vita vissuta all’insegna di una libertà plurale. L’alto livello raggiunto cresce ancora con la vertiginosa impresa mitologica delle Metamorfosi, un’opera universale di gusto alessandrino che trascende i generi letterari. Con i Fasti l'irrisione del mos maiorum, unita agli intimi maneggi del poeta nella famiglia imperiale, forse lo condanna alla relegatio sul Mar Nero che gli restituirà la purezza e l’autenticità del flebile carmen in una estrema conferma della capacità della poesia di farsi dimensione totale dell’esistenza.


Commenta