La scommessa sul Presente Italiano

Intervista al direttore del festival Michele Galardini e al critico Roy Menarini

Quando mi siedo accanto a lui, su una delle poltrone blu del Piccolo Teatro Bolognini di Pistoia, Michele Galardini, sneakers marroni e giacca grigio chiaro come qualche capello che qua e là gli ricorda i trent’anni appena compiuti, sta mettendo a punto gli ultimi preparativi per la serata di omaggio al cinema italiano presentata dal critico Roy Menarini, nella cornice della prima edizione del festival di cinema Presente Italiano. A Pistoia dal 4 all’11 ottobre, il festival ospita pellicole di qualità dell’ultima stagione cinematografica – tra cui Belluscone, Hungry Hearts, Torneranno i prati, Perfidia, N-capace –, incontri con gli autori Franco Maresco, Eleonora Danco, Saverio Costanzo, il tutto condito da una serie di proiezioni, confronti critici, assaggi sperimentali, workshop e approfondimenti tematici che rendono la settimana di festival un’esperienza completa e sempre stimolante. Direttore di Carnage News e autore per Mediacritica, Galardini è il direttore di Presente Italiano e colui che per primo ne ha concepito l’idea. Un’idea che fin da subito ha trovato l’appoggio di critici come Marianna Cappi di MyMovies, presente a Pistoia in veste di sceneggiatrice con un laboratorio di scrittura per il cinema, e come lo stesso Menarini. «Avevo maturato questa idea già da tempo», racconta Galardini, «ma ne ho incominciato a parlare in modo serio a Venezia 2013. Il primo a cui ne ho parlato è stato proprio Roy, perché era un professore che stimavo e stimo tantissimo, e che è finito a curare l’omaggio al cinema italiano, insieme a Simone Venturini».

Che festival avevi in mente?
Che fosse solo sul cinema italiano era chiaro fin da subito, e che si dovesse chiamare Presente Italiano era chiaro fin da subito. Non era chiaro invece quanti giorni sarebbe dovuto durare, se avrebbe avuto una sezione specifica di cortometraggi, documentari…

A proposito dei cortometraggi, una cosa molto interessante, una tradizione che voi recuperate, è quella di proiettare una selezione di cortometraggi, sempre italiani, prima dei film in concorso
Questa è stata un’idea di Giulio Sangiorgio, redattore di Film TV. La formula che utilizziamo ci permette di collegare un cortometraggio a un film in modo che dialoghino.

Quindi c’è stata una scelta tematica…
…una scelta assolutamente tematica. Una volta scelta una rosa di cortometraggi ci siamo messi lì e abbiamo detto “Ok, questo sta bene con Belluscone, questo può dialogare con Hungry Hearts”. Una scelta molto, molto buona, che ripeteremo sicuramente.

E perché Pistoia?
Perché Pistoia è una città che può assolutamente accogliere questo tipo di festival, il pubblico ovviamente è un pubblico che va convinto, va convinto che esiste questo cinema italiano e va convinto che non è perché questo cinema non viene visto che non è meritevole di essere visto.

Il discorso di sempre, delle tantissime persone che non vanno a vedere il cinema italiano perché “il cinema italiano è brutto”, anche se poi il cinema italiano neanche sanno qual è.
Non sanno qual è. Pensano che magari il cinema italiano sia Io e lei, che è un film che parte già con un pubblico, perché è fatto da Maria Sole Tognazzi, perché c’è la Ferilli, la Buy, al contrario di altri. Per esempio il film della Danco, N-capace, che abbiamo messo in concorso, è un film assolutamente popolare, cioè uno di quei film che se tu vedessi in 300 sale in Italia non te ne stupiresti, perché è molto molto divertente, molto diretto. Non è che perché un film non viene visto allora è per forza un film noioso, un film pesante, anzi spesso il film non viene visto soltanto per le dinamiche produttive e distributive.

A questo proposito mi sembra ci sia anche una ricerca, un tentativo di andare a tirar fuori dalla sabbia del sistema distributivo italiano quei film, pur molto belli, che forse non hanno trovato in sala lo spazio che meritavano. Come avete condotto questa ricerca e chi ti ha aiutato?
I nomi di riferimento sono ancora Giulio Sangiorgio, Marzia Gandolfi di MyMovies e Francesco Grieco di Mediacritica. Loro hanno pre-selezionato i film. Noi ci siamo dati tempo da Venezia 2014 fino a giugno 2015 per vedere tanti film italiani – ho scelto persone che si occupavano nello specifico di cinema italiano – e abbiamo creato un file condiviso in cui ognuno caricava i film, dividendoli in “titolari” e “riserve”.

Un Fantacinema, praticamente
Il Fantacinema, sì, era quello. E alla fine abbiamo discusso: non era detto che un film votato da due critici su tre sarebbe entrato in concorso, perché poi abbiamo fatto un discorso sul linguaggio. Volevamo dare un’impronta a questa selezione, che non fosse semplicemente quella del “cinema che non si vede”, volevamo ragionare su quegli autori che ancora operano sul linguaggio cinematografico, per questo non ci siamo dati limiti di prime opere, seconde opere, N-opere. Basta vedere che a esordienti come Angius e la Danco viene messo a confronto Olmi, che da dimostrare non ha nulla.

Mentre aspetta nell’atrio del Teatro Bolognini l’inizio della serata, ne approfittiamo per parlare del festival anche con Roy Menarini, critico ma anche professore e autore prolifico – il suo ultimo libro, fresco di pubblicazione, è Il corpo nel cinema. Storie, simboli e immaginari, che in copertina riporta la leggendaria locandina di Saul Bass per Anatomia di un omicidio di Preminger.

Che cosa hai visto nell’idea di Michele e perché secondo te Presente Italiano è un festival di qualità?
Intanto non c’è in Italia, paradossalmente, un festival del cinema italiano. Il che è abbastanza sorprendente. La seconda cosa è anche l’intenzione di legare il cinema agli elementi culturali e sociali del nostro paese, perché non è solo un festival del cinema italiano tanto per dire, ma è un festival del cinema italiano che si chiama “presente”, quindi vedere come il cinema italiano interpreta il tempo, che nei tempi d’oro è stata una delle nostre grandi capacità, la forza di interpretare la realtà. Basti pensare alla commedia all’italiana: oggi uno storico per capire l’Italia degli anni Sessanta si guarda i film con Sordi, per intenderci. E allora vedere cosa succede oggi e vedere anche cosa succede nella storia, infatti la mia sezione dedicata al cinema nascosto è per capire anche come certo cinema italiano, magari meno noto rispetto a Fellini, Antonioni, al Neorealismo, sapesse intercettare elementi sociali anche in maniera provocatoria, strana, anomala. Il festival ha quindi una sua originalità, un suo elemento scientifico, cioè la capacità di studiare – i festival possono anche studiare e proporre –, Michele, escludendo me adesso, ha saputo circondarsi di altri ottimi ospiti e viene fuori quello che dovrebbe essere un festival secondo me, cioè non una rassegna di film e basta, ma una rassegna di film dove si discute a fianco, ci sono degli ospiti, ci sono delle presentazioni…
…un qualcosa che crea un dibattito culturale.
Esatto, un festival che crea un dibattito culturale e magari lascia qualche traccia.

Una traccia che è deciso a lasciare anche il direttore Michele Galardini, entusiasta del lavoro svolto ma anche degli ospiti invitati, persone che «non hanno mai messo uno schermo fra loro e me, si sono date spontaneamente, primo fra tutti Saverio Costanzo che è stato il primo a dire di sì, e Maresco, che di solito non va mai a nessun festival; quando ha detto che sarebbe venuto tutti mi hanno guardato come un miracolato». Lo rifarai?, gli chiedo. «Lo rifarò e sarà diverso», mi dice prima di alzarsi e tornare al lavoro, «però sarà sempre Presente Italiano».

Fotografie per cortesia di Stefano Di Cecio


Commenta