John Milton

Londra, 9 dicembre 1608 – Ivi, 8 novembre 1674

Per trent’anni John Milton studia intensamente: avviato giovanissimo alle lingue antiche, come all’italiano e all’ebraico, a Cambridge incontra l’empirismo baconiano e fa i primi versi, sotto l’ammirato stile di Della Casa e di quel Tasso che le lettere inglesi vorrebbero seguire verso un grande poema d’eroi cristiani – progetto che Milton vagheggia quand’è in Italia (1638-9) al termine di sei anni d’attività letteraria che presto il regno di Carlo I Stuart, esacerbando le tensioni interreligiose fino alla Guerra civile inglese (1642-51), trasforma in libellistica politica schierata con la causa puritana. Paladino della libertà di parola in Aeropagitica (1644), per servire il nuovo ordine repubblicano accetta un’alta carica nel Consiglio di Stato e quasi dimentica d’essere stato poeta, spingendo la polemica fino all’apologia del regicidio, finché l’esaurimento dell’esperienza di Cromwell e dunque la restaurazione degli Stuart (1660) lo ricondurranno caduto alla carta, per trarre dalle cadute della notte dei tempi la sua massima opera: tra l’impresa di rivolta dove un immenso Satana eroico fallisce contro la potenza divina precipitando negli inferi, alla perdita del Paradiso che Adamo sceglie come prezzo al coraggio del frutto proibito, Paradise Lost grandeggia nel panorama secentesco fuor d’Italia come il riuscito tentativo di rifondare l’epica sulla Bibbia. 

 

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