Il destino ormai comune dell'Europa

Logos: la storia (travagliata) dell'integrazione europea

La vicenda dell’integrazione europea rappresenta un unicum: mai, infatti, Stati sovrani sono stati uniti pacificamente prima di allora, e l'attuale Unione Europea rappresenta ancora questo progetto, non ancora fallito, non ancora completato. L'origine di questo progetto va ricercata negli Stati «fracassati al suolo» dopo la seconda guerra mondiale. La civiltà europea era in crisi. Fu proprio da questa convinzione che i confinati antifascisti Ernesto Rossi, Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni maturarono un nuovo progetto politico: l'Europa andava reinventata e solo superando alla radice le motivazioni che l'avevano spinta alla catastrofe sarebbe potuta uscire dalla propria crisi. Anche grazie all'azione dei numerosi federalisti europei, dopo anni pochi anni dalla fine del conflitto, il terreno politico per posare la prima pietra di una solida unione continentale era pronto. Il Ministro degli esteri francese, Robert Schuman, il 9 maggio 1950 dichiarò che era necessaria una pacificazione tra Francia e Germania, la quale doveva avvenire tramite l'istituzione di una comunità economica settoriale, che rappresentasse la prima tappa di una futura federazione europea. Grande stratega dietro tutto ciò fu Jean Monnet, figura di spicco della politica francese. L'operazione da lui avviata, fondata sul cosiddetto approccio funzionalista, consisteva nell'individuare i fattori chiave che avevano determinato i conflitti europei. Più semplicemente, per evitare nuove guerre si progettò di mettere in comune le risorse su cui si basavano le industrie belliche europee: il carbone e l'acciaio. Queste costituivano, inoltre, la principale risorsa naturale delle regioni della Saar e della Rhur, per il cui controllo Francia e Germania si erano combattute per decenni. Pochi mesi dopo, il governo francese alzò addirittura il tiro, presentando, il 24 ottobre 1950, il cosiddetto “Piano Pleven”, con cui si progettava l'istituzione di una Comunità Europea della Difesa (CED).

Non passò nemmeno un anno e queste dichiarazioni divennero realtà. Il 18 aprile 1951 i governi di Francia, Italia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo firmarono il trattato che istituiva la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA), per «porre le basi per istituzioni capaci di indirizzare verso un destino ormai comune». Prima ancora che esso entrasse in vigore, il 27 luglio 1952, i sei “Stati fondatori”, il 27 maggio 1952, firmarono anche il trattato che avrebbe dovuto istituire la CED. L'articolo 38 di quest'ultimo, fatto inserire da Alcide De Gasperi in seguito alle pressioni di Altiero Spinelli e del Movimento Federalista Europeo, prevedeva la necessità di avviare un processo costituente che portasse all'istituzione di una Comunità Politica Europea (CPE). Nel settembre del '52 i sei ministri degli esteri dei Paesi della CECA, insieme a diversi parlamentari, proposero quindi la commissione di un'assemblea ad hoc e di una Commissione Costituzionale che avessero il compito di redigere il progetto della CPE che sarebbe poi stato approvato il 10 marzo 1953. Lo slancio di questi anni venne brutalmente interrotto alla fine dell'estate del 1954 quando, in seguito ad una serie di eventi che cambiarono le circostanze politiche mondiali, come la fine della guerra in Corea, la morte di Stalin o l'inizio delle ostilità nell'Indocina francese, il trattato CED venne rigettato dall'Assemblea Nazionale francese. Tuttavia, se sull'unione politica o su quella della difesa non si riuscì a trovare accordo, si intravidero possibilità di rilancio del processo di integrazione dal punto di vista economico. A partire dalla conferenza di Messina del giugno 1955, infatti, iniziò il percorso che avrebbe portato alla firma dei trattati di Roma, il 25 marzo 1957. Con essi furono istituite due ulteriori comunità settoriali: la Comunità Economica Europea (CEE) e la Comunità Europea dell'Energia Atomica (Euratom).

In seguito all'istituzione della CEE, iniziarono, a cavallo tra fine anni '50 ed inizio anni '60, le abolizioni dei diritti doganali, così come fu redatto un primo regolamento sulla libera circolazione e fu avviato il mercato agricolo comune. Il processo di integrazione ebbe, però, un ulteriore rallentamento alla metà degli anni '60 quando, in seguito a polemiche tra il governo francese e gli organi comunitari riguardo provvedimenti inerenti la politica agricola comune, il presidente della repubblica transalpina, Charles De Gaulle, iniziò un boicottaggio delle istituzioni CEE, che sarebbe stato ricordato come «crisi della sedia vuota». Questa sarebbe stata risolta solo alla fine del gennaio 1966, in seguito al Compromesso di Lussemburgo, che prevedeva la possibilità degli Stati membri di porre il veto se gli organi comunitari avessero preso decisioni ritenute contrarie agli interessi nazionali, anche se i trattati richiedevano una votazione a maggioranza qualificata. Il «compromesso» segnò la vittoria del sistema intergovernativo e sostanzialmente immobilizzò l'assetto istituzionale dell'Unione fino agli anni '80. Nel 1974 fu, inoltre, reso ufficialmente un organo delle Comunità il vertice dei Capi di Stato e di governo dei Paesi membri: il Consiglio europeo.

Solo le crisi economiche mondiali resero necessarie misure economiche quali l'istituzione del Serpente monetario

Solo le crisi economiche mondiali resero necessarie misure economiche quali l'istituzione del Serpente monetario, per regolamentare i cambi tra le monete degli Stati membri, ma, coerentemente con la deriva intergovernativa delle Comunità, le eccezioni travolsero le regole e il sistema durò solo un paio d'anni. Gli anni '70 sono principalmente da ricordare per il primo allargamento delle Comunità che videro, a partire dal 1973, l'adesione di Irlanda, Danimarca e Regno Unito. Proprio quest'ultimo festeggiò la sua adesione proponendo, neanche un anno dopo, una rinegoziazione dei trattati in maniera più favorevole agli Inglesi e successivamente, nel 1975, indisse un referendum sull'adesione alle Comunità. Quella volta vinse il «remain».

Una svolta si verificò solo nel 1979, quando fu fatto entrare in vigore il Sistema Monetario Europeo, (SME) per rispondere ad una fortissima ondata di inflazione in Europa, su impulso dei governi francese e tedesco; soprattutto, però, si verificarono, dopo lunghe e travagliate lotte politiche, le prime elezioni dirette del Parlamento europeo. Fu proprio tramite l'azione del rinvigorito Parlamento che il processo di integrazione entrò in una nuova fase propositiva. Grazie all'operato di Spinelli e del Club del Coccodrillo, nel 1984 il PE approvò una nuova proposta di trattato che avrebbe puntato in maniera decisa verso l'unione politica. Il condizionale è necessario perché i Capi di Stato, riunitisi nel Consiglio, bocciarono la proposta. Tuttavia a Milano, nel giugno del 1985, dietro la spinta di 100.000 manifestanti federalisti, il Consiglio europeo decretò la convocazione di un'assemblea intergovernativa che avesse il compito di redigere un nuovo trattato comunitario. Il risultato fu la firma, nel 1986, dell'Atto unico che portò al completamento del mercato unico, ma soprattutto aprì le negoziazioni che avrebbero portato, il 7 febbraio 1992, alla firma del trattato di Maastricht, che permise la nascita dell'Unione europea, basandola su tre pilastri: la politica estera e di sicurezza comune (PESC); affari interni e giustizia; comunità europea, in sostituzione della CEE. L'Unione, ormai a 12 dopo l'entrata di Grecia (1981), Spagna e Portogallo (1985), entrò così nel processo che avrebbe portato all'introduzione dell'euro nel 1999, passando per la firma del trattato di Amsterdam, nel 1997.

Il nuovo millennio si aprì con la proclamazione della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea

Il nuovo millennio si aprì, nel dicembre 2000, con la proclamazione della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea, mentre decine di migliaia di federalisti chiedevano a gran voce una riforma dei trattati: questa effettivamente avvenne l'anno successivo, sempre a Nizza, anche se servì principalmente a preparare le adesioni all'Ue degli Stati dell'Europa orientale. Un ultimo sforzo per dotare l'Unione di una organizzazione più solida e democratica venne compiuto, sempre nel 2001, a partire dal Consiglio europeo di Laeken, dove venne convocata una convenzione che avesse il compito di redigere una Costituzione europea. Quest'ultima venne infine firmata a Roma, nel 2004, ma non entrò mai in vigore a causa dei voti contrari dei referendum in Francia ed Olanda. Il processo di integrazione europea si arrestò così di nuovo, nonostante il trattato di Lisbona, firmato nel dicembre 2007, avesse cercato di riprendere alcuni dei punti della Costituzione del 2004.
Gli allargamenti degli anni 2000 hanno portato l'Unione a contare 28 Stati membri, senza però rafforzare e consolidare i meccanismi democratici che le avrebbero dovuto permettere di governare le crisi che nell'ultimo decenni si sono abbattute su tutto il vecchio continente, lasciandolo il processo di integrazione europea in balia dei venti della storia, non ancora completo, ma non ancora fallito.

Antonio Argenziano
Gioventù Federalista Europea

Questo articolo è parte di una serie per #Logos2017, ciclo di conferenze sull'Unione Europea
7 Marzo: "Storia dell'integrazione europea", Prato, Sala Ovale Provincia di Prato, ore 21
14 Marzo: "Eurozona", Prato, Cinema Terminale, ore 21
21 Marzo: "Società europea", Prato, Spazio Aut, ore 21
31 Marzo: "Il futuro dell'Europa", Prato, Sala consiliare Provincia di Prato ore 21
 


Parte della serie Eureka, la rassegna europea

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