Fili spinati, mitra spianati

Dal caso Sea Watch al 'muro' sul confine orientale

Stritolata da cialtroni che discettano di coppette mestruali, propongono la buffonata dei mini-bot e inventano falsi banchetti di deputati PD al largo di Lampedusa, l’Italia è attualmente ipnotizzata dal caso ‘Sea Watch’, ong tedesca che (cito dal sito web) «svolge attività di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale con il supporto della società civile europea». Nata alla fine del 2014 per «colmare un vuoto istituzionale creatosi con la fine dell’operazione Mare Nostrum» (istituita dal Governo Letta nell’ottobre 2013: 101.000 persone salvate in un anno), l’ong «fornisce mezzi per il soccorso d’emergenza in mare, si batte affinché i governi intensifichino le operazioni di salvataggio, chiede l’istituzione di corridoi umanitari legali e politiche estere volte alla rimozione delle cause all’origine dei massicci processi migratori di questi anni». L’ultima frase desta autentica sorpresa: fatte le debite differenze, siamo di fronte al principio (sulla carta sacrosanto) “aiutiamoli a casa loro”, un motto che la vulgata massmediatica attribuisce esclusivamente alle forze populiste. Se non che bisogna intendersi sul valore da attribuire a questa espressione: possiamo davvero credere che le cause della migrazione di massa individuate da Sea Watch coincidano con quelle sbandierate da Luigi Di Maio? Dal sito web dell’ong tedesca non si ricavano indicazioni particolari, tuttavia fatico a immaginare Carola Rackete – la capitana della nave Sea Watch 3, oggetto della polemica di queste ore – impegnata a puntare il dito contro il famigerato Franco CFA, la valuta comune a 14 paesi africani, quasi tutti ex colonie francesi. Descritta da Giorgia Meloni e Alessandro Di Battista come la mostruosa longa manus di Parigi sul continente nero, tale moneta è in realtà un sistema di cambi fissi (adottato volontariamente e non obbligatoriamente) senza alcuna relazione con i movimenti migratori, dato che i flussi maggiori arrivano soprattutto da Tunisia, Eritrea, Iraq e Nigeria, paesi che con il Franco CFA non hanno nulla a che fare.

Ansiosi di individuare la causa e il colpevole, cambiandoli a seconda del nostro umore mattutino, ci dimentichiamo che le migrazioni sono la conseguenza di molteplici fattori (non ultimo il cambiamento climatico), ma soprattutto un fenomeno ontologicamente umano, un dato stabile dell’esistenza sulla Terra, un elemento irriducibile dell’homo sapiens che da sempre si sposta nella speranza di un futuro migliore. Oggi come ieri i migranti fuggono dalla fame e dai tagliagole, ma il nostro ministro dell’interno erutta parole indegne come «invasione» e «crociere», seguito a ruota da Libero, La Verità e Il Giornale. In Germania, invece, una destra civile può sfogliare il Frankfurter AllgemEine e leggere un articolo intitolato Die Sea Watch hat die Moral auf ihrer Seite, «La Sea Watch ha la morale dalla sua parte». Chiosa finale: «È certamente esagerato descrivere la capitana della Sea Watch3 come una martire, ma la sua preoccupazione, ossia la tutela dei diritti umani, non può essere messa da parte dal fatto che la lotta contro gli scafisti o l’isolamento dell’Italia siano priorità di maggiore importanza». Prosa limpida, toni pacati, parole oneste: viene quasi da piangere pensando a cosa potrebbe essere una destra liberale, o semplicemente normale, in questo paese assurdo. Una destra che abbia il coraggio di schierarsi con la Rackete pur tenendosi lontana dalle inutili santificazioni e dagli stucchevoli paragoni con Antigone (tranello nel quale sono caduto pure io per altre vicende, mesi fa, e ancora me ne pento), nella consapevolezza che la pasionaria tedesca, forzando il blocco navale imposto da Salvini, ha compiuto un gesto tanto umanitario quanto politico.

 

Le migrazioni sono soprattutto un fenomeno ontologicamente umano, un dato stabile dell’esistenza sulla Terra, un elemento irriducibile dell’homo sapiens



Possiamo anche disquisire sul fatto che la Libia non sia un luogo opportuno in cui sbarcare (com’è vero), che la Tunisia non sia affatto un porto sicuro (per quanto dichiarato tale dall’UNHCR) e che Malta non sia attrezzata per operazioni del genere (ma scusate se non ci credo, dato che parliamo di 42 persone, non 42mila): la verità è che «la Capitana», dopo 17 giorni di peregrinazioni nel Mediterraneo, ha cercato e voluto lo scontro diretto con «il Capitano». Scomodare Oskar Schindler o Gandhi è fuorviante: l’Italia di oggi non è la Germania nazista o l’Inghilterra coloniale, bensì uno stato democratico con un governo regolarmente eletto dal popolo. Carola Rackete ha giocato la sua partita – diciamolo serenamente –, ma questo non toglie alcunché alla potenza del suo gesto: semmai lo amplifica, lo cala nella realtà fattuale e lo libera dai connotati eroici che lo renderebbero tanto elevato quanto lontano dal nostro agire quotidiano. Alla domanda «perché ha scelto proprio l’Italia?» io rispondo senza giri di parole: perché l’Italia del governo gialloverde è l’avanguardia del razzismo europeo, il distillato più puro della reazione, il supremo laboratorio politico del populismo. Ci dipingono come nazione marginale negli equilibri globali, ma è una sciocchezza assoluta: abbiamo inventato noi le categorie del Fascismo e del Qualunquismo; siamo stati noi a rivoluzionare gli assetti della politica con Berlusconi, giustamente sbertucciato da mezzo mondo fino a quando i suoi replicanti non lo hanno invaso, arrivando addirittura alla Casa Bianca; abbiamo portato noi al governo un Movimento fondato da un comico (ma i suoi ministri fanno molto più ridere di Beppe Grillo), ben prima dell’Ucraina di Zelens’kyj.

Carola Rackete ha fatto qualcosa che in questo paese non si vedeva da tempo: opposizione. È andata consapevolmente incontro all’arresto, agli insulti e alla solita nenia del curriculum scandagliato in lungo e in largo alla ricerca di falle, contraddizioni, zone buie di una vita da figlia di papà con i rasta da fricchettona. La mancata convalida del fermo da parte del gip di Agrigento è stata accolta con rosicante sdegno dal Ministro dei Temporali, che in un tripudio di tromboni ha puntualmente auspicato la riforma della giustizia (ignaro del fatto che ne sarebbe la prima vittima, ma non glielo diciamo). Per fortuna a tirargli su il morale c’è Massimiliano Fedriga, l’ineffabile governatore leghista del mio Friuli Venezia Giulia che da qualche giorno si trastulla immaginando un muro di 243 km lungo il nostro confine orientale. La notizia ha fatto il giro dei media nazionali, ma solo leggendo le testate locali capirete il vero motivo di questa proposta delirante: stornare l’attenzione dall’annunciata chiusura del centro nascite di Palmanova, accolta con un’ondata di proteste dopo che l’intera campagna elettorale di Fedriga si era giocata sul rilancio della sanità. Perché di questo stiamo parlando: di gente che si diverte a prenderci per il culo.

 

Carola Rackete ha fatto qualcosa che in questo paese non si vedeva da tempo: opposizione


Forse il governatore non sa cosa ha significato, qui da noi, quel confine fra Italia e Jugoslavia prima e fra Italia e Slovenia poi, finalmente caduto nel 2007 con grandi brindisi da entrambe le parti: forse non si ricorda cosa è stata quella Cortina di Ferro, quella barriera di odio e sangue che ha diviso con filo spinato e mitra spianati un mondo fieramente bastardo, dove ai tempi della Mitteleuropa un insegnante sloveno poteva insegnare latino e greco in tedesco ad alunni italiani di religione ebraica. Dove gli alberi genealogici sono atlanti geografici, le salsicce ćevapčići e le bestemmie di condimento solo e sempre in italiano (anche se si parla ‘slavo’). Dove la mia cittadina di 12mila abitanti, tra il 1992 e il 1997, ha accolto 1.700 profughi delle guerre jugoslave quasi senza battere ciglio, in un’epoca in cui ci saremmo messi a ridere di fronte alla parola «emergenza» riferita a 42 disperati su una nave.

Tutto questo è ignoto a Fedriga e al Signor 49 Milioni, fieri propugnatori di un’Italia ferma al DDT e al tanfo da rancio militare scaduto. Mentre l’economia arranca e qualche simpatico maschione augura lo stupro a Carola Rackete, il ballo del potere si arricchisce ogni giorno di nuovi passi. Uno-due: i vicepremier giocano a nascondino nei consigli dei ministri ("Se lui non si presenta allora non vado nemmeno io, gne gne gne"). Tre-quattro: il premier professor dottor avvocato degli Italiani Giuseppe Conte gioca allo sciacallaggio («Se Merkel mi parlerà di Carola Rackete non lo so dire. Ma potrebbe essere l’occasione per chiedere se c’è stata e a che punto è in Germania l’esecuzione della pena per i due manager della Thyssenkrupp»). Cinque-sei: i nuovi leader Ue sono ultras del rigore e del pareggio di bilancio, dunque ci attenderà nuovamente «un anno bellissimo» di moniti, letterine e figuracce economiche targate Lega-5Stelle. Un anno di paura alimentata a forza, di odio montato come gli albumi a neve e di inesorabile disumanizzazione dell’Italia. Marchiata a fuoco sulla carne viva dei migranti.

 


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