Cuore e muscoli

Su Aritmija di Boris Chlebnikov e Bolshoy di Valerij Todorovskij, al Festival del cinema russo contemporaneo

Dopo la serata inaugurale che ha visto protagonisti Ghiaccio e La rete, il festival del cinema russo contemporaneo porta a Firenze il complesso universo coniugale dipinto in Aritmija di Boris Chlebnikov e il mondo della danza raccontato in Bolshoy di Valerij Todorovskij, noto al pubblico occidentale per il musical Stilljagi.

ARITMIJA di Boris Chlebnikov ФФФ
Aritmija è la storia di Oleg (Aleksandr Jazenko) e Katja (Irina Gorbačëva), due medici di pronto soccorso che tentano di risolvere i loro problemi coniugali. La loro vita è scandita da turni all’ospedale e momenti di intimità domestica, conflitti e riconciliazioni, soddisfazioni e sconfitte quotidiane.
Noi spettatori diventiamo testimoni delle loro vicende, seguendo la coppia nella doppia dimensione lavorativa e privata che si intrecciano continuamente. Chlebnikov, mantenendo la stessa impronta dei suoi precedenti film Roads to Koktebel’ (Koktebel’), Free Floating (Svabodnoe plavanie) e Help Gone Mad (Sumašedšaja pomošč’), racconta la piccola storia di persone semplici, al punto che la trama di Aritmija arriva a coincidere con la vita stessa dei personaggi. La Gorbačëva e Jazenko, premiato al Festival Kinotavr per la migliore interpretazione maschile, sostengono sulle loro spalle il peso del film: la coppia di attori, così come anche il coro di interpreti secondari, agisce come se la macchina da presa non esistesse, creando una perfetta illusione di verità.
 

La straordinaria prova attoriale e l’essenzialità della trama sono esaltate da uno stile registico quasi documentario: macchina a mano, primi piani intensi sui volti dei protagonisti, luci naturali e assenza di colonna sonora


La straordinaria prova attoriale e l’essenzialità della trama sono esaltate da uno stile registico quasi documentario: macchina a mano, primi piani intensi sui volti dei protagonisti, luci naturali e assenza di colonna sonora. Chlebnikov infatti ammette soltanto l’uso di musica diegetica, cioè proveniente da una fonte presente nell’inquadratura: è sulle note del brano musicale Naše Leto (La nostra estate) di Valentin Strykalo, canzone della loro adolescenza, che Katja e Oleg si riavvicinano per la prima volta in una intensissima scena corale. La frattura nel loro rapporto raccontata dal film non è che un intervallo, un arresto momentaneo, un’aritmia.
Al motivo familiare Chlebnikov sovrappone sapientemente il tema della denuncia sociale. Il sistema in cui Oleg e i colleghi medici sono costretti a operare è profondamente disumano (possono dedicare ad ogni paziente soccorso solo venti minuti), da qui la lotta del protagonista, che si ribella alle autorità coinvolte e cerca ad ogni costo di rispettare il valore di ogni singola individualità. I vivi ritratti che emergono nel corso delle sue visite ai pazienti sono un’altra meravigliosa faccia del realismo di Chlebnikov, che con pochissime pennellate riesce a restituire un concentrato di umanità. Chlebnikov va al nucleo, lo esplora da vicino senza filtri: la nuda realtà che cattura è molto più poetica e sentimentalmente densa di mille artifici drammatici.

BOLSHOY di Valerij Todorovskij ФФ
Con Bolshoy Todorovskij ci fa scoprire il mondo del balletto, una delle discipline, insieme al pattinaggio artistico raccontato in Ghiaccio da Oleg Trofim, più radicate nella cultura russa. La realtà dell’accademia del balletto di Mosca la vediamo attraverso lo sguardo di Julija (Margarita Simonova), ballerina di umili origini, ma estremamente talentuosa, allieva prediletta della severa Galina Michajlova, insegnante interpretata dalla famosissima attrice Alisa Frejndlich. Una volta raggiunta la maturità artistica, Julija dovrà fare i conti con la realtà da cui proviene e mettere da parte il sogno di diventare prima ballerina del teatro Bolshoy a favore dell’amica Karina (Anna Isaeva).
Bolshoy mette a confronto due danzatrici, e quindi due tipi umani, estremamente diversi: da un lato abbiamo Julija, un talento naturale più grezzo, figlia della miseria e praticamente abbandonata dalla famiglia, dall’altro c’è Karina, figura leggiadra e sofisticata, appartenente a una facoltosa famiglia moscovita.
 

In un film hollywodiano avremmo visto la prima trionfare sulla seconda, ma Todorovskij non cade nel clichè, decidendo di mostrare il volto più spietato del mondo della danza


In un film hollywodiano avremmo visto la prima trionfare sulla seconda, ma Todorovskij non cade nel clichè, decidendo di mostrare il volto più spietato del mondo della danza, in cui vige la legge del più forte, anche economicamente. Infatti il riscatto di Julija – interpretare il ruolo di protagonista nel Lago dei cigni soltanto per uno spettacolo – sarà più simbolico che reale. Il film dimostra originalità anche nella scelta di narrare gli eventi in maniera non cronologica, con un montaggio che alterna liberamente le tre fasi della vita delle giovani danzatrici: l’infanzia nell’accademia, la preparazione allo spettacolo di fine corso e il successivo lavoro come ballerine del Bolshoy. La regia elegante di Todorovskij si fonde con una fotografia luminosa e avvolgente e diventa specchio dell’equilibrio e della sobrietà della danza classica, pur scivolando nello stereotipo forse in un paio di occasioni: nel dialogo tra Julija e la madre, che si dimostra ostile fino all’inverosimile, e nello scambio finale tra la protagonista e l’amica-rivale Karina, decisamente poco credibile in una retorica da teen movie americano. 
Nel complesso l’impianto di Bolshoy però rimane solido, valorizzato dall'armonia di un cast al femminile, tra cui spicca l’esilarante personaggio di Alisa Frejndlich, docente smemorata che vanta trascorsi amorosi nientemeno che con Pablo Picasso e con una personalità imprecisata (forse addirittura Putin?) del Cremlino.

Con due singolari sguardi sulla Russia contemporanea Chlebnikov e Todorovskij mettono in scena la cronaca di un amore rianimato e un efficace spaccato dell’affascinante mondo del balletto russo, due aspetti differenti e complementari della società in cui vivono e che attraverso il cinema ci vogliono raccontare.

Serena Mannucci


Parte della serie Festival del cinema russo contemporaneo | 1ª edizione

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