Christchurch | C'è il nostro nome su quel fucile

La responsabilità politiche negli attentati di Brenton Tarrant, Anders Breivik, Luca Traini

Un celebre adagio di Nanni Moretti, dal suo Palombella rossa, dice che “Le parole sono importanti”. Quella sequenza, in cui Moretti schiaffeggia al rallentatore una giornalista che usa impropriamente alcune parole, è diventata iconica. Tutti la conoscono, ma non tutti sembrano capirla davvero, capire davvero l’importanza delle parole. Sono importanti per Michele Apicella, il personaggio simbolo del primo Moretti, che urla contro gli amici che parlano di cinema a sproposito in Sogni d’oro, reagisce alle parole tradite di Bianca, prende a schiaffi la giornalista di Palombella rossa. E lo sono anche per noi oggi, cittadini di un mondo a cui le parole sono sfuggite di mano e che, a potere, di schiaffi dovremmo darne tanti.
Uno schiaffo a Di Maio che definisce le organizzazioni umanitarie “Taxi del mare”, uno schiaffo a Salvini che ai microfoni dice che “Serve pulizia di massa via per via, quartiere per quartiere”, uno schiaffo a Belpietro che titola “Bastardi islamici”, uno schiaffo a Tajani che da presidente del Parlamento europeo dice che “Mussolini ha fatto anche cose positive”. Ma se neanche di Mussolini si può parlar male! “Ha fatto cose buone”. Grazie, anche il mostro di Firenze avrà detto “buongiorno” a qualcuno qualche volta! Lo diceva Roberto Benigni nel 1995 e 24 anni dopo siamo sempre qui a dover giustificare il fascismo, dandogli quella legittimità che poi scatena la violenza da cui tutti, ipocritamente e a posteriori, si dissociano.

Christchurch, Nuova Zelanda, 15 marzo 2019. Un commando di quattro persone assalta due moschee durante il venerdì di preghiera, blocca le uscite e spara sui fedeli con fucili automatici uccidendo 49 persone. A capo della spedizione il 28enne Brenton Tarrant, suprematista bianco, che documenta la strage con una diretta live sulla propria pagina Facebook. Poco poco prima dell’attentato, sulla stessa pagina, aveva pubblicato il manifesto The Great Replacement, uno scritto in cui spiega le ragioni del gesto e che nel titolo echeggia la teoria complottista del piano Kalergi secondo cui sarebbe in atto una sostituzione etnica dell’Europa con gli immigrati africani e mediorientali – e non a caso Tarrant, pur essendo australiano, si definisce europeo in virtù delle radici coloniali dell’Australia. «Strage in Nuova Zelanda, condanna e disprezzo assoluti per gli infami assassini, preghiere per le vittime innocenti», scrive sul proprio account ufficiale Matteo Salvini, lo stesso che negli anni ha sdoganato questa teoria idiota e pericolosissima rilanciandola al pubblico italiano.
 

Le responsabilità sono vostre, ora come allora. Ce le avevi Beppe Grillo quando gridavi parole violente contro lo Stato corrotto, ce le avevi Salvini quando addossavi l’omicidio di Pamela Mastropietro agli immigrati tutti


Anche se vi dissociate, anche se prendete le distanze, le responsabilità sono vostre, ora come allora. Ce le avevi Beppe Grillo quando gridavi parole violente contro lo Stato corrotto e il 28 aprile 2013 (nel giorno dell’insediamento del Governo Letta) Luigi Preiti accorreva di fronte a Palazzo Chigi facendo fuoco contro un carabiniere che ci ha quasi rimesso la pelle, ce le avevi Salvini quando addossavi l’omicidio di Pamela Mastropietro agli immigrati tutti e il 3 febbraio 2018 Luca Traini (ex candidato della Lega, è bene ricordarlo) usciva per le strade di Macerata sparando contro tutte le persone di colore che incontrava, finendo per ferirne gravemente sei. E invece no, non era vostra responsabilità, era l’atto isolato di un folle, lo scatto di un malato di mente che aveva perso il controllo. Che facciamo invece quando l’attacco è strutturato, come nel caso di Christchurch, quando non è un’azione isolata ma l’espressione pratica e feroce di quelle parole d’odio che diffondete ogni giorno. Siete sempre pronti a derubricare il tutto come “follia”?

Vediamo se non vorrete prendervele adesso, queste responsabilità, adesso che sul caricatore di uno dei fucili degli attentatori è stato ritrovato – accanto a quello di Alexandre Bissonette che il 29 gennaio 2017 uccise sei persone nella moschea di Quebec City  – il nome di Luca Traini, come uno degli ispiratori del gesto, mandante ideologico del massacro. Cosa vi serve ancora per capire che ogni vostra parola avvelena la terra e le persone? E se già lo sapete, se tutto questo gran parlare non è bieco cinismo politico ma vero fascismo di Stato, cosa aspettiamo noi cittadini a dissociarci, tutti, ad alzare la voce contro la schifezza di questa retorica che ci divide. Perché se non prendiamo davvero le distanze, sempre e ogni giorno, la parola che arma la mano degli attentatori è la nostra. Abbiamo il dovere di disinnescare, di fare un passo indietro nei commenti in pubblico come in quelli su Facebook, perché ogni parola che diciamo può diventare una pallottola.

All’alba del voto della Brexit, all’alba dell’elezione di Trump, c’era chi diceva: “Avete visto? Non è mica crollato il mondo!”. Ma il mondo crolla ad ogni gesto, ad ogni parola violenta, ad ogni calcio, ogni pugno, ogni insulto ad un ragazzo dalla pelle diversa: dentro o fuori sono ferite che restano per sempre. E ancora si diceva: “Avete visto? Non è cambiato niente”. Non è cambiato niente per te. Per te che sei bianco, europeo e maschio, ma è cambiato per l’uomo di colore minacciato e preso a calci ogni giorno, è cambiato per lo straniero rifiutato e mandato a morire dove non lo vediamo. È cambiato per Idy Diene, ucciso a colpi di pistola, è cambiato per Heather Heyer, investita per le strade di Charlottsville. È cambiato per tutti gli immigrati nel voto post Brexit, umiliati e picchiati pubblicamente, per tutte le minoranze sotto il governo Trump, che Brenton Tarrant cita nel suo manifesto come «un simbolo della rinnovata identità bianca».
 

“Avete visto? Non è mica crollato il mondo!”. Ma il mondo crolla ad ogni gesto, ad ogni parola violenta, ad ogni calcio, ogni pugno, ogni insulto ad un ragazzo dalla pelle diversa


«Supporto molti di coloro che si oppongono a questo genocidio etnico e culturale», scrive ancora Tarrant, e poi li elenca. «Luca Traini, Anders Breivik, Dylan Roof, Anton Lundin Pettersson, Darren Osbourne». Se il nome di Traini viene citato persino prima di quello di Breivik, autore del più agghiacciante massacro di stampo identitario di questi ultimi quindici anni – 69 giovani di un campus uccisi con un fucile automatico sull’isola di Utøya, in Norvegia, il 22 luglio 2011 –, allora forse è arrivato il momento per tutti di rendersi conto che le cose che diciamo non sono soltanto gioco politico, che hanno un peso e una responsabilità. Soprattutto per voi politici. L’odio porta odio, la violenza verbale porta violenza fisica, le parole sono importanti. E se continuerete a volerle pronunciare, starà a noi combatterle.


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