Belomorkanal

Propaganda in tabaccheria

A ridosso della boscosa linea di confine tra la Finlandia e la Russia si stende, fredda, la Carelia. Per secoli e secoli, i rigorosi credenti ortodossi che abitavano quella regione avevano innalzato monasteri e croci alla gloria del Salvatore. Anche dopo la venuta del bolscevismo, quella terra bianca di neve e dura di granito era rimasta impermeabile al mondo esterno.

Ma le necessità del primo Piano Quinquennale dovevano portare in Carelia tutta la dirompente novità della Russia rigenerata dal socialismo. Nel piano di sviluppo della regione, era essenziale la costruzione di un canale che collegasse il Mar Baltico con il Mar Bianco: da San Pietroburgo, il Canale Stalin avrebbe coperto 227 chilometri di terra verso nord, correndo lungo la Neva e lo Svir, gettandosi nei laghi Ladoga e Onega. Ben 19 chiuse lungo il percorso avrebbero scavalcato il dislivello di 70 metri che c’era da colmare; gli ingegneri che avevano progettato la grande opera erano stati arrestati e rinchiusi in un ufficio dei servizi segreti a Mosca, dove potevano lavorare senza che nessuno li disturbasse. Il Canale Stalin o, come fu sempre chiamato, il Belomorkanal (Canale del Mar Bianco) fu la vetrina dell’efficienza del primo Piano Quinquennale, nonché il banco di prova della rieducazione forzata attraverso il lavoro. Infatti si stima che ben 150.000 prigionieri dei Gulag siano stati addetti alla realizzazione dell’ambizioso progetto; privi dell’equipaggiamento adatto, tenuti quasi alla fame, sorvegliati giorno e notte, riuscirono a portare a termine la commessa con ben quattro mesi d’anticipo. Il 2 agosto 1933, dopo poco più di un anno di lavori, il Belomorkanal fu inaugurato alla presenza di Stalin, che diede all’opera la forza del suo nome. Ben 37 chilometri di nudo granito furono sventrati per far posto alle acque; le croci della Carelia furono trasformate in pali della luce elettrica. Secondo le stime correnti, furono circa 100.000 i prigionieri a perdere la vita lungo il Belomorkanal.

Tuttavia, il regime vedeva nel Belomorkanal una straordinaria rappresentazione dei suoi successi economici e politici , tanto che si decise di incensarlo con una dose deluxe di propaganda. Lo stalinismo, che in quegli anni cercava la via dei suoi grandiosi paradigmi estetici, ne sfruttò a pieno le potenzialità. La Pravda e la Izvestija, principali organi del Partito, diedero grandissimo risalto alla vicenda: lungo le loro colonne affiorarono le storie dei «nemici del popolo» e dei criminali comuni che, grazie al duro lavoro correttivo al Belomorkanal, erano stati «riforgiati» e rimessi sulla retta strada del socialismo. Capitanati nientemeno che dal celeberrimo Maxim Gorky, un gruppo di centoventi fra scrittori e artisti soggiornarono presso il canale per produrre un libro propagandistico che ne esaltasse il molteplice valore; la stessa brigata di scrittori doveva lavorare collettivamente, come contadini di un kolchoz. Illustrato dalle straordinarie fotografie di Aleksandr Rodchenko – pilastro dello stile costruttivista – e pubblicato sotto l’egida del Direttorato politico dello Stato, il libro vide la luce nel 1934 per essere distribuito ai membri del XVII Congresso del Partito. Dietro l’edificante immagine della forza redentrice del lavoro che trasformava in uomini nuovi i peggiori dei rinnegati, giaceva la drammatica materialità dei perché gli scrittori si allinearono alle esigenze del progetto. Viktor Shlovsky, per esempio, aveva un fratello internato, e grazie al suo lavoro di propaganda fu liberato – per poi essere di nuovo arrestato alcuni anni dopo e scomparire per sempre. Inoltre, gli aspetti più terribili del lavoro forzato furono sempre tenuti nascosti agli intrepidi scrittori; ed è difficile credere ad una partecipazione spontanea e incondizionata anche per lo stesso Gorky, figura ben più controversa della perfetta immagine di padre del Realismo socialista che allora si propagandava. Così Belomorsko-Baltijskij Kanal imeni Stalina. Istorija stroitel'stva. 1931-1934 fu un glorioso inno in lode di tutto il sistema. La migliore garanzia della verità di quel libro era lo sguardo di Stalin, che, rassicurante e insieme severo, penetrava il lettore dal frontespizio.

Ma non era ancora abbastanza. L’idea grandiosa del Belomorkanal doveva impregnare la vita quotidiana dei russi col suo entusiasmante significato. Ed ecco l’idea: l’ultima, magnifica opera del regime sarebbe stata commemorata da una nuova marca di sigarette. Il Canale Stalin sarebbe entrato addirittura nelle tasche dei lavoratori, e da lì direttamente nei loro polmoni, da dove avrebbe pesato sul cuore con la sua mole catramosa. Nacquero così le celeberrime e apprezzatissime Belomorkanal, tuttora in produzione e ancora considerate come uno dei brand di sigarette più forti e meno cari d’Europa. Sul pacchetto era stampata la mappa del canale, uguale a quella riportata nel libro prodotto dal collettivo di Gorky; le sigarette divennero talmente popolari che ormai nessuno chiamava Stalina  il canale, ma solo Belomorkanal, come la scritta che biancheggiava in alto sul pacchetto. Come molte altre all’epoca, le Belomorkanal erano sigarette del tipo papirossi o papirosa, un genere scomparso dai Paesi occidentali da più di cinquant’anni, ma che si vende ancora in alcuni Stati dell’ex-blocco sovietico. Ovviamente priva di filtro, la papirosa è composta da un cilindro vuoto di cartoncino che si prolunga in una corta cartina molto fine riempita di tabacco poco pressato. La combinazione tra un’altissima percentuale di catrame, la scarsa qualità del tabacco e l’assenza del filtro dà la classica impressione di leccare un marciapiede, ma questo dettaglio non frenò la Belomorkanal-mania nei Paesi dell’Est né prima né dopo la guerra. Tra l’altro, la presenza del tubo in cartone permetteva di fumare senza togliersi i guanti, cosa che in Russia tornava sicuramente molto comoda.

L’idea della propaganda in veste di sigaretta piacque tanto che durante la guerra se ne produsse un altro marchio molto celebre, le Bogatyri, «Eroi intrepidi». Dato che in URSS prima della guerra non c’era nient’altro, erano rigorosamente in forma papirosa e venivano distribuite soprattutto tra i coraggiosi soldati dell’Armata Rossa: infatti se ne possono ammirare pacchetti originali in molti musei bellici tra Mosca e San Pietroburgo. Sul davanti riportavano immagini ispirate all’omonimo dipinto di Viktor Vasnetsov che raffigura Il’ja Muromec, Dobrynja Nikitič e Alëša Popovič, i più grandi guerrieri eroici della tradizione epica medievale dei Rus’ di Kiev. Oggi, la guerra è finita e l’URSS non c’è più: le Marlboro hanno invaso le piane del Volga ed è stata resa memoria e giustizia ai centomila morti del Belomorkanal. Scavando a fondo nei tabacchini, puoi ancora trovare le Bogatyri, ma impacchettate in una lussuosa scatola metallica, col dipinto originale di Vasnetsov che sovrasta il cartiglio dorato del marchio; potrai comprarle spendendo più di quattro volte il costo di un pacchetto di sigarette di media qualità. Le Belomorkanal, invece, sono note come le sigarette preferite dai fumatori di marijuana: l’immutata conformazione papirossi ben si presta al confezionamento di uno spinello. E ancora oggi, assaggiandone una per un prezzo davvero infimo, potrai sentire sulla lingua il sapore del comunismo.


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