Antonio Meucci

Firenze, 13 aprile 1808 – Staten Island, 18 ottobre 1889

Oltre alle materie artistiche, all’Accademia di Belle Arti il fiorentino Antonio Meucci studia chimica e meccanica, dunque acustica ed elettrologia, conseguendo l’alta formazione tecnica che, superati i moti del ’31 (è patriota e carbonaro), gli vale l’impiego di capo macchinista al Teatro della Pergola: qui trova moglie e installa un “telefono” acustico tuttora in uso. Con altri dell’Opera italiana passerà a lavorare all’Avana, per tre splendidi lustri durante i quali matura il suo talento d'ingegnere e, facendo sedute di elettroterapia, scopre nella possibilità di trasmettere la voce per via elettrica il principio del telefono – l'epocale invenzione per cui Meucci sarà ricordato, benché spazi dall’ambito alimentare (appronta e.g. un metodo di produzione industriale del ragù alla bolognese) alle materie plastiche artificiali. Integro e schietto, mancherà della scaltrezza imprenditoriale necessaria nel mondo degli affari di New York, dove si trasferisce (1850): cattivi investimenti combinati a pessimi soci lo impoveriscono tanto da fargli sfuggire perfino il pre-brevetto del telefono (1874), che intanto, per comunicare con la moglie inferma a letto, ha ripreso e perfezionato (1861) con accorgimenti raggiunti anni dopo dai laboratori di Alexander Bell. Il contenzioso aperto con quest’ultimo sulla priorità dell’invenzione, definitivamente chiuso nel 2002, porterà ad un primo riconoscimento dei meriti di Meucci otto anni dopo la sua morte. 

 


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