Adam Smith

Kirkcaldy, 5 giugno 1723 – Edimburgo, 17 luglio 1790

Docente di filosofia morale presso l’università di Glasgow (1752) e commissario alle dogane d’Edimburgo (1778), è in dieci anni di studi nella natia Kirkcaldy che Adam Smith matura An inquiry into the nature and causes of the wealth of nations (1776): per quest’opera, malgrado il parere contrario del grande Schumpeter, Smith passa per il fondatore della scienza economica moderna, o quantomeno come punto d’avvio della scuola “classica”, nel suo dar conto con organica eleganza dei vantaggi della divisione del lavoro e dello scambio. Sostiene Smith che la Provvidenza abbia impresso alla società un ordine naturale, ove l’umana condotta è retta da impulsi differenti eppure contemperati (egoismo e simpatia, senso della proprietà e tendenza al baratto) per cui si ha facoltà di riconoscere il proprio interesse: l’uomo dunque deve essere lasciato libero di soddisfarlo secondo le proprie inclinazioni. Così facendo il proprio bene particolare, egli sarà spinto da una «mano invisibile» – incarnata nel libero mercato, migliore strumento di coordinamento degli interessi individuali e mezzo della cooperazione tra gli individui – a fare involontariamente il bene comune. Perciò, dovendo ogni individuo poter operare liberamente, l’intervento del governo nella società dovrà limitarsi a difesa, giustizia e opere pubbliche perché, mettendo mano altrove, e così alterando l’ordine che è intrinseco all’attività economica nel grande come nel piccolo, lo Stato farebbe solo danni. Ai fisiocrati, che ha studiato, Smith offre così una rigorosa giustificazione teorica del laissez-faire.

 

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