Women Talking: l’immaginazione è un atto di resistenza

Sul nuovo film di Sarah Polley tratto dal romanzo di Miriam Toews, con Claire Foy, Rooney Mara e Ben Whishaw

Prima del film, prima del romanzo, c’è stata la triste realtà. Agli inizi degli anni 2000, in una comunità mennonita isolata delle pianure boliviane, le donne si risvegliavano nude, disorientate e doloranti, spesso coperte di ferite e lividi. Per anni i leader della comunità hanno ignorato questi episodi di violenza, attribuendoli al diavolo o accusando le donne di mentire o immaginarsi tutto. Alla fine nove uomini sono stati condannati per aver aggredito e stuprato 151 donne e ragazze. Gli uomini, tutti membri della comunità, utilizzavano anestetici per il bestiame per immobilizzare le loro vittime, che avevano un’età compresa tra i 65 e i 5 anni. Nel 2018 l’autrice canadese Miriam Toews, originaria di una piccola città mennonita del Manitoba, ha pubblicato il suo romanzo Donne che parlano. Il libro racconta la storia di otto donne di una comunità mennonita immaginaria che si riuniscono in un fienile per prendere una posizione rispetto a una serie di aggressioni molto simili tra loro. Che fare? È meglio far finta di niente, restare e combattere o lasciare l’unica casa che hanno mai conosciuto? Durante l’assemblea, il dibattito intellettuale sulla natura del male, sui limiti del perdono e sul significato della fede si alterna a momenti di rabbia, panico, crudeltà e persino risate. In risposta al gaslighting subito delle vittime reali, Toews definisce il suo libro «un atto di immaginazione femminile», ed è un atto potente, compatto, complesso e spietato.
 

È meglio far finta di niente, restare e combattere o lasciare l’unica casa che hanno mai conosciuto?


Il film Women Talking, diretto da Sarah Polley, si rifà al romanzo sotto diversi aspetti, cogliendone sia la desolazione emotiva che i guizzi ironici. Polley e il suo eccezionale cast hanno saputo conferire alla narrazione un’interpretazione personale e intensa, aggiungendo un’ulteriore dimensione alla storia straordinaria che hanno raccontato. È curioso che il romanzo Women Talking sia narrato dal punto di vista di un uomo. August Epps è stato esiliato insieme alla sua famiglia dalla comunità anni prima, ed è  tornato a insegnare nella sua scuola (riservata solo ai ragazzi). Le donne gli chiedono di documentare il loro incontro segreto e August, considerato un “contadino fallito” e quindi disprezzato dalla comunità, dimostra una mascolinità più gentile e disposta ad ascoltare le donne. Toews crea un parallelo efficace tra August e Sant’Agostino, il famoso teologo del IV secolo la cui opera è fondamentale per il pensiero cristiano, ma anche quando le donne giungono a conclusioni radicalmente diverse da quelle di Agostino, August rimane in silenzio e prende diligentemente appunti.

Il film è narrato, tramite voce fuori campo, da un’ormai adulta Autje (Kate Hallett), una delle due adolescenti che partecipano all’assemblea nel fienile, che racconta la sua storia a un bambino concepito ma non ancora nato durante gli eventi del film. Il personaggio di August, interpretato da Ben Whishaw, ha un ruolo meno centrale nella trama del film, il che semplifica la narrazione, ma al contempo ne accentua l’intensità. Attraverso la voce fuori campo di Autje, il film ci assicura che almeno una delle donne sopravviverà per raccontare la sua storia, mentre il romanzo non ci dà mai questa certezza. Inoltre, il film offre una maggiore componente visiva rispetto al libro – la tavolozza dai toni sbiaditi è particolarmente evocativa, simbolo della sia la rigidità del clima, sia di una cultura in cui ogni forma di abbellimento è scoraggiata – ma nasconde o elimina molte date, nomi e luoghi presenti nel libro, suggerendo che tali atrocità possano accadere in qualsiasi comunità in cui vige un potere indiscusso.
 

Un atto di immaginazione può diventare un atto di resistenza


Il cast del film è guidato da Claire Foy, che interpreta Salome, una giovane madre furiosa, e da Rooney Mara, che veste i panni di Ona, la sorella più riflessiva di Salome, anche se, il film, come il romanzo, è una creazione corale in cui ogni personaggio ha la sua importanza (Frances McDormand, nel ruolo di Scarface Janz, appare sullo schermo per meno di dieci minuti, ma svolge una funzione fondamentale). Nei dialoghi tra le donne, sia nel libro che nel film, a volte si avverte un’eccessiva formalità, quasi teatrale. Tuttavia, questa scelta è coerente con il contesto, perché le donne stanno in qualche modo recitando una parte, cercando di argomentare le proprie riflessioni e di catturare l’attenzione dell’uditorio. Sanno perfettamente che le autorità ecclesiastiche si aspettano che perdonino i loro aggressori, e che, in caso contrario, verranno giudicate come eretiche. Eppure le donne di Women Talking prendono la loro fede e la loro esistenza molto seriamente, sono disposte a mettere in dubbio i presupposti che stanno alla base di questo ultimatum e giungono alla conclusione che non si può essere compiacenti di fronte al male in qualsiasi forma esso si presenti. «Siamo solo donne che parlano», dice una di loro a un estraneo, ma come sottolineano Toews, Polley e tutto il cast del film, le donne che parlano sono anche donne che pensano, e un atto di immaginazione può diventare un atto di resistenza.

Pur ammirando il coraggio delle protagoniste e delle opere che le ritraggono, dobbiamo ricordare che, come viene sottolineato nelle pagine finali del romanzo di Teows (ma non nel film), questo non è sufficiente per porre fine alla sofferenza delle donne e delle ragazze che hanno ispirato la storia, né di altre vittime simili. Nonostante otto uomini condannati per stupro siano ancora detenuti in una prigione boliviana, i leader della comunità stanno facendo pressioni per il loro rilascio in nome del perdono, e purtroppo ci sono notizie di aggressioni più recenti all’interno della stessa comunità. Toews, che ha abbandonato la sua città natale all’età di 18 anni e non è più una praticante mennonita, considera la fede come un concetto multiforme. «Nel mondo esistono tante versioni della fede mennonita, alcune delle quali abbracciano l’uguaglianza, accolgono pastori donna, si mostrano aperte alla comunità LGBTQ+ e incarnano amore e tolleranza» ha detto, aggiungendo di essere «inorridita ma non sorpresa» dai crimini in Bolivia. Troppo spesso le donne e le ragazze all’interno di comunità isolate sono costrette al silenzio dalle forze del patriarcato e del fondamentalismo, e vengono esposte a rischi inimmaginabili.


 

Michelle Nijhuis è una giornalista scientifica statunitense, si occupa principalmente di ambientalismo e alcuni suoi articoli sono apparsi su National Geographic e Smithsonian. È l’autrice di Beloved Beasts: Fighting for Life in an Age of Extinction. Questo articolo è stato pubblicato su Literary Hub il 06/01/2023 ► In Women Talking, Acts of Imagination Are Acts of Resistance  | Traduzione di Serena Mannucci


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