Il magic bus di “Into The Wild” è stato rimosso

A 28 anni dalla morte di Christopher McCandless l'autobus è stato portato via dal Parco Nazionale di Denali

Ci sono alcune immagini che sopravvivono nella memoria per quello che rappresentano e per il luogo o la storia che ci raccontano immediatamente, al primo sguardo. È il caso dello scatto di Christopher McCandless seduto davanti al Magic Bus, barba lunga, camicia a quadri e calosce, sorridente e felice della scelta di vita nomadica e viandante. Quello scatto ci racconta la sua fuga dalla quotidianità, l’abbandono dell’università nel 1990, il viaggio in auto in solitaria e poi in autostop, lo pseudonimo Alexander Supertramp, il ricongiungimento con la natura e gli ultimi giorni di vita nell’autobus 142 di Fairbanks City trovato per caso in un parco dell’Alaska. Uno scatto rievocato nel 2007 dai fotogrammi di Into The Wild di Sean Penn, con Emile Hirsch nei panni di McCandless, che ha contribuito a far entrare Christopher e il Magic Bus nell’immaginario collettivo – insieme al libro Nelle terre estreme di Jon Krakauer, uscito undici anni prima.

Da venerdì 19 giugno 2020 l’autobus non si trova più nel Parco Nazionale di Denali, 28 anni e 2 mesi dopo che Christopher McCandless, nell’aprile del 1992, vi si imbatté durante il suo percorso lungo lo Stampede Trail e decise di viverci per qualche mese. Le immagini dell’operazione della Guardia Nazionale sono impressionanti, non soltanto per l’elicottero CH-47 Chinook che si solleva in aria portando con sé l’intero bus, ma perché sono la rimozione di un luogo dell’immaginario di milioni di persone in tutto il mondo: lo spiazzo brullo non avrà più significato senza l’autobus, ancora meno lo avrà l’autobus stesso – che si conservi o che si musealizzi – al di fuori dal contesto naturale che lo aveva reso così straordinario, così dissonante rispetto agli alberi e ai monti che lo circondavano eppure in un certo senso un simbolo della comunione possibile tra uomo e mondo, il simbolo di cosa può accadere se tutto ciò che è urbano (e umano) ha il coraggio di abbandonare la propria funzione. L’autobus circondato dall’erba, sbiadito dalla pioggia, immobile con le sue ruote sgonfie, aveva abdicato alla sua dimensione di mezzo di trasporto e si era fatto natura, come Christopher McCandless aveva abdicato al suo essere parte (e funzione) della società.

Turisti da tutto in mondo andavano lì in pellegrinaggio laico, rischiando la vita per assaporare un attimo di quella libertà e per replicare la sua celebre fotografia 


La ragione della rimozione è proprio il simbolo che l’autobus era diventato nei decenni, con l’uscita del libro di Jon Krakauer prima e del film di Sean Penn poi. Ogni anno turisti da tutto in mondo andavano in pellegrinaggio laico verso il luogo (e soprattutto l’oggetto, in un controsenso stridente) che rappresenta la filosofia di McCandless rischiando la vita per assaporare un attimo di quella libertà e per replicare la sua celebre fotografia, costringendo la autorità ad intervenire per sventare tragedie a volte inevitabili. Nel febbraio del 2019 cinque italiani, di ritorno dal pellegrinaggio al Magic Bus, erano stati soccorsi dalla polizia di Stato: erano arrivati all’autobus, ma sulla via del ritorno, in pieno inverno, avevano perso la traccia del sentiero e rischiavano la morte per assideramento. I soccorsi li avevano recuperati con l’intervento delle motoslitte a 20 chilometri dal sentiero tracciato e a 15 gradi sotto zero, uno di loro aveva un principio di congelamento. Nel 2018 una donna bielorussa, diretta lì assieme al marito, era morta lungo il sentiero tentando di attraversare il fiume Teklanika, lo stesso che aveva fermato il ritorno di McCandless nel 1992 – per la piena e la velocità del suo corso, gonfiato dalla pioggia e dallo scioglimento dei ghiacciai – costringendolo a tornare verso l’autobus dove avrebbe poi trovato la morte.

C’è un senso di sconfitta, forse, nel vedere un simbolo di libertà che diventa feticcio per turisti, prima come luogo di pellegrinaggio e poi (probabilmente) come oggetto museale da visitare. La collocazione dell’autobus non è ancora certa, l’unica cosa sicura è che non si troverà più lì, nel Parco Nazionale di Denali in Alaska, dove tante persone l’avevano visitato negli anni. C'è anche un qualcosa di poetico però (e ancora una volta qualcosa di cinematografico) nel vederlo volare in cielo sopra il fiume che taglia la base della montagna, lontano, sopra lo spettacolare verde del parco, con le montagne all’orizzonte. Quest’atto dell’Alaska Army National Guard, a prima vista così violento, potrebbe fare onore alla storia di Christopher McCandless. Il CH-47 Chinook che solleva l’autobus 142 di Fairbanks, a pensarci bene, rimuove un oggetto dell’immaginario collettivo dalla sua collocazione fisica, ma lascia l’immagine intatta: ha sradicato il corrispettivo corporeo di questa immagine, il feticcio, liberando finalmente tutta la forza ideale di quello scatto che tutti ricordiamo. D’ora in poi, se vorremo visitarlo, dovremo cercarlo lì dove ancora vive: nel nostro immaginario.


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