Con la benedizione del Signore e di QAnon

Il successo distributivo del film Sound of Freedom non dipende tanto dalla sua qualità

Come si diventa uno dei più grandi successi della storia del cinema indipendente, senza nessun tipo di supporto da parte di Hollywood? Ci si allea con l’alt-right americana. Semplificando potrebbe essere questa la trama che sottende al grande risultato di Sound of Freedom, uno dei casi più interessati usciti di recente dall’industria americana. Cerchiamo di ricostruirne la storia.

Sound of Freedom è un film del 2023, uscito negli Usa il 4 luglio (data non proprio casuale) e approdato in Italia all’inizio del 2024 dopo una distribuzione in quasi tutti i grandi mercati mondiali. Il regista è Alejandro Monteverde, che con il film d’esordio Bella aveva vinto il premio del pubblico al festival di Toronto, mentre il protagonista è Jim Caviezel, già Cristo per il film di Mel Gibson sulla passione del figlio di Dio, nonché fondamentalista cristiano. Il film, di cui lo stesso Gibson è produttore esecutivo, costa 14 milioni e mezzo di dollari e ne incassa, al momento della scrittura di questo pezzo, più di 250 nel mondo. Sound of Freedom parte da un personaggio esistente, Tim Ballard, fondatore di una no-profit – Operation Underground Railroad – che lavora allo smantellamento delle organizzazioni dedite al traffico di bambini e al salvataggio degli stessi minori, per raccontare una delle sue imprese, quella in cui salva una coppia di piccoli fratelli, oltre a decine di altri prigionieri e schiavi, da una rete di pedofili che opera tra gli Usa e il Centro America con diramazioni globali.
 

Quando Disney compra Fox e mette da parte la distribuzione di Sound of Freedom, i produttori del film si riprendono i diritti e cercano una soluzione alternativa


Un thriller dalle forti sfumature drammatiche e con innesti action (nelle intenzioni) perfetto per funzionare sul grande pubblico, anche per il tema che è impossibile non cogliere con empatia e infatti il film, la cui lavorazione va dal 2015 al 2018, trova casa presso 20th Century Fox pronta a distribuirlo partendo dall’America Latina e poi nel resto del continente. Le cose però si complicano quando Walt Disney Company compra Fox e mette da parte Sound of Freedom, così i realizzatori del film, a partire dal produttore e attore Eduardo Veràsetegui, con cui Monteverde collabora fin dal primo film, si riprendono i diritti e cercano una soluzione alternativa. Quella soluzione si chiama Angel Studios.

Situata nello Utah, Angel Studios è una casa di produzione e distribuzione multimediale specializzata in film cristiani, una branca della produzione americana indipendente piuttosto importante, specie come circuito alternativo alla distribuzione tradizionale. Tra le loro produzioni spiccano documentari sull’aldilà, una serie sulla vita di Gesù e un film biografico sulla missionaria cattolica Francesca Cabrini interpretata da Cristiana Dell’Anna, la Patrizia Santore di Gomorra. La vera arma vincente di Angel Studios, però, sono le reti attraverso cui diffonde e distribuisce i propri film: tramite un sistema di crowdfunding, riesce a coinvolgere decine di migliaia di persone legate alle realtà cattoliche e cristiane del paese, diventando una rete capillare soprattutto dentro quella che viene definita “America profonda”. Basti pensare che prima di accettare la distribuzione di Sound of Freedom, la società ha mostrato il film online a tutti i passati investitori dei suoi film – il Wall Street Journal parla di circa 100mila persone, ma sono cifre fornite dalla stessa Angel Studios quindi poco credibili, e vedremo come la credibilità sia una macchia di tutta la faccenda – i quali, sotto il nome di “Angel Guild”, hanno votato sì. La strategia dal basso è proseguita anche per raccogliere soldi per la distribuzione del film, arrivando alla quota di 5 milioni di dollari in due settimane tramite 7mila investitori, e anche nella vendita dei biglietti, spingendo i sostenitori a comprare dei biglietti “sospesi”, come li chiamerebbero a Napoli, biglietti in più da lasciare a chi non avrebbe potuto permettersi di pagare il film, così da avere da subito un forte impatto sul mercato, tale da convincere le persone ad andarci e le sale a chiedere il film.
 

Sound of Freedom è un successo cresciuto col passaparola e rafforzato dal posizionamento politico di Angel Studios


Nessuno però avrebbe pensato che la strategia sarebbe stata così efficace, persuasiva e profonda: il film ha dato il filo da torcere o ha persino battuto al botteghino blockbuster come Indiana Jones e il quadrante del destino o il nuovo Mission: Impossible, diventando un successo silenzioso, dall’onda lunga, cresciuto col passaparola e rafforzato proprio dal posizionamento politico di Angel Studios. Ci ha messo poco infatti la critica a interrogarsi sulla natura del film, o perlomeno dei suoi sostenitori, e sono cominciate le prime polemiche.

Guardando ai sostenitori del film e al suo endorsement politico (da Elon Musk al Family Research Council fino a Donald Trump che ha organizzato una proiezione speciale nel suo golf club nel New Jersey), parecchi cronisti si sono chiesti chi ci fosse dietro il successo e l’interesse per il film, quali correnti spingessero e sostenessero la rete creata dalla Angel Studios. La risposta ha lambito non solo le frange più conservatrici del mondo cristiano e repubblicano statunitense, ma si è spinta fino a coinvolgere QAnon, il movimento politico di estrema destra che diffonde e crede in numerose teorie del complotto, tra cui una, tra le più viscide, che riguarda proprio la pedofilia, nel cui immaginario ci sarebbe una rete di ricchissimi e famosi che usa i bambini per i propri scopi sessuali e per venerare Satana. Nel film non si accenna a questa fantasia, ma qualcuno ha visto una sorta di ammiccamento nella banda di trafficanti che usa lo spettacolo e il mondo del cinema per attrarre i bambini. E poi, è difficile credere che nessuno della produzione abbia pensato a tale alleanza se sia il vero Ballard che il protagonista Caviezel sono dichiaratamente seguaci di quelle teorie.

 


Donald Trump, Tim Ballard e Jim Caviezel durante la conferenza stampa per la proiezione del film



Diciamo che Monteverde e Veràsetegui hanno fatto il pesce in barile, hanno usufruito di certi accostamenti scomodi per poi negare ogni parentela con gli estremisti di destra, spingendo sul fatto che il film fosse una storia vera. Su questo tasto spinge anche lo stesso Ballard per allontanare dal film l’ombra dei terroristi che invasero il Campidoglio il 6 gennaio del 2021 dopo la sconfitta di Trump: «È molto difficile accostare il film a certe teorie se è tratto da una storia realmente accaduta», dichiara al The Independent. Sul grado di realtà di questa storia però c’è molto da dubitare, gli “abbellimenti” a cui il lavoro di Ballard e della OUR sono stati sottoposti vanno al di là di un classico adattamento hollywoodiano: non solo la liberazione dei due fratelli, fulcro narrativo principale, non è mai avvenuta e quasi tutti i dettagli relativi alle operazioni di salvataggio sono frutto dell’invenzione degli sceneggiatori, ma in molti dubitano anche dell’entità stessa del lavoro dell’organizzazione, che avrebbe esagerato i propri meriti e ingigantito le proprie azioni.
 

Sound of Freedom dà l’impressione di un film “pubblicitario”, un prodotto per risollevare le sorti di un personaggio e dell’organizzazione da lui fondata


Il film cerca di restare sobrio per quanto riguarda le correlazioni politiche, se gioca sporco lo fa per emozionare lo spettatore, non per convincerlo di qualcosa, ma a scavarci dentro resta l’impressione di un film “pubblicitario”, un prodotto che non deve diffondere un messaggio, quanto risollevare le sorti di un personaggio e dell’organizzazione da lui fondata. Operation Underground Railroad infatti è finita ripetutamente sotto lo sguardo delle autorità per una serie di pratiche scorrette compiute durante le missioni sotto copertura e nelle fasi successive al recupero degli ostaggi: coinvolgimento di agenti inesperti, mancata sorveglianza e identificazione dei bersagli, negligenza nell’accertarsi dell’identità delle vittime e del loro status, pratiche traumatiche nei confronti delle vittime, mancanza di cura dopo il ritorno a casa e via dicendo, per non parlare delle inchieste in cui si sollevavano dubbi sull’effettiva realizzazione degli interventi tanto pubblicizzati.

Jim Caviezel interpreta Timothy Ballard in Sound of Freedom - Il canto della libertà

 


Ironia della sorte, Ballard è stato cacciato dall’organizzazione nell’estate del 2023, nel pieno del successo del film, per questioni riguardanti la sua condotta sessuale, contraria agli statuti: secondo l’investigazione interna, Ballard è stato ritenuto responsabile di «comportamenti non professionali» dopo le denunce di alcuni impiegati e collaboratori che lo accusavano di molestie sessuali, manipolazione emotiva, cattiva condotta sessuale e – l’accusa più inquietante visto il tipo di lavoro che Ballard ha compiuto prima come agente della National Security Agency e poi presso l’OUR – adescamento, pratica che solitamente si riferisce a vittime giovani, spesso minorenni.

Come se, guardando l’abisso, Ballard fosse finito al centro dell’abisso stesso: un elemento di grande interesse narrativo e cinematografico che però il film non sfiora nemmeno, preferendo un atteggiamento manicheo e reazionario, quasi ricattatorio. I distributori e i difensori del film sventolano la buona causa, anche in Italia dove il film è distribuito da Dominus Production, anch’essa società che diffonde valori fortemente cristiani e conservatori, ma a questo punto viene da chiedersi quale sia la buona causa: la lotta al traffico dei minori e alla pedofilia, magari con mezzi fattivi e meno problematici rispetto a quelli di Ballard e affini, o l’esaltazione di un personaggio e di un lavoro quanto mai dubbi, come coloro che si sono affrettati ad appoggiarlo? Non è che forse il film stesso fa parte di quell’abisso che vorrebbe smascherare? Sembra quasi che regista e produttore del film, magari in buona fede, si siano lasciati irretire e coinvolgere proprio come accade ai bambini protagonisti del loro film. Come dice il saggio, la via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni: partendo da alibi di questo tipo, aprire la porta alla propaganda più pericolosa è davvero questione di attimi.


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