Come J.K. Rowling ha tradito il mondo che ha creato

L’impatto della transfobia della scrittrice inglese sui fan di Harry Potter

Nel corso del tempo, mi sono dovuta abituare a difendere la mia esistenza di donna ogni qual volta delle figure pubbliche dichiarano che le donne trans non sono “vere” donne. Ogni tanto, vorrei starmene seduta in silenzio, evitando lo stress di avere l’ennesima lunga discussione con persone che mi chiamano “Sir.” quando va bene, e “stupratore che dovrebbe essere condannato a morte” quando va male, in quanto tutte le donne trans, secondo la loro tesi, sono alla fin fine uomini che vogliono intrufolarsi negli spogliatoi femminili per fare sconcezze. È emotivamente e spiritualmente snervante discutere della propria identità: a volte vorresti solo disconnetterti dai social e fare una lunga passeggiata o abbracciare qualcuno che ami per avere un po’ di sostegno e raggomitolarti nel tuo piccolo porto sicuro dove, almeno per un po’, nessuno ti accusa di essere contro natura, un pervertito, un abominio che non appartiene agli annali di questo mondo.
Altre volte invece vorrei far risuonare il mio barbarico grido dai tetti del mondo. Vorrei urlare no, fanculo, non lascerò che tu mi sminuisca. Questa è quella che sono, è il fondamento della mia identità, non ho scelto io di essere così, non farei mai finta di essere qualcosa che mi ha portato via moltissimo e mi ha lasciato così tanto dolore. Vorrei urlare che ho rinunciato a molto quando mi sono dichiarata trans, al mio paese d’origine, alla speranza di avere un buon rapporto con la mia famiglia, a vecchi amici, alla possibilità di una vita semplice, ma l’ho fatto lo stesso perché la transizione per me era essenziale e non una decisione presa alla leggera. Sono stata costretta a fare coming out perché non avrei potuto continuare a vivere, in quanto il dolore, la musica dissonante di vivere una bugia, erano insopportabili.
In questi momenti vorrei gridare, fino a scoppiare in lacrime. Dopotutto sono una persona mite, urlare in faccia alla gente non mi viene naturale, e spesso mi scuso per la mia rabbia subito dopo averle dato sfogo. Non mi piace odiare, anche quando sono io l’oggetto dell’odio, ma a volte il fuoco della mia rabbia diventa troppo dirompente da controllare persino per me, e allora vorrei solo squarciare la notte stellata come una cometa incandescente. Ciò nonostante, il più delle volte mi ritrovo nel mezzo di questi due estremi: muta e frustrata di fronte all’ennesimo dibattito superficiale e rozzo sulla mia identità, nonostante il fatto che tutti, sia cisgender – ovvero persone che si riconoscono nel proprio sesso biologico  – che trans, abbiamo un’identità di genere. Semplicemente, le persone trans sono costrette a esserne più consapevoli, in quanto la nostra identità di genere entra in conflitto con il modo in cui le altre persone si riferiscono a noi e ai nostri corpi. In questi momenti di quieta delusione, vorrei che tutti potessero capirlo, ma so che un’altra tirata transfobica di qualche personaggio famoso aspetta dietro l’angolo.

L’ultima della serie viene da J.K. Rowling, un’autrice che un tempo adoravo. Questo mese ha ridicolizzato un articolo che si riferiva a «persone che hanno le mestruazioni», una scelta di parole pensata per riflettere la realtà che non tutte le donne cisgender hanno il ciclo, mentre alcuni uomini trans lo hanno. Invece di ragionare sulla semplice inclusività della frase, la Rowling ha dato in escandescenze, dicendo che equivaleva a negare la realtà del sesso biologico, implicando che fare ciò significava invalidare la legittimità delle relazioni omosessuali. «Cancellare il concetto di sesso biologico vuol dire togliere a molte persone la facoltà di discutere in modo significativo delle proprie vite», ha twittato J.K. «Se il sesso biologico non è reale, non esiste l’attrazione fra persone dello stesso sesso. Se il sesso non è reale, la realtà vissuta dalle donne di tutto il mondo è cancellata». Secondo la Rowling, le persone trans non solo cancellano le donne e il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma come suggerisce un articolo che ha postato stiamo anche “terrorizzando” le lesbiche cisgender entrando negli spazi delle donne quando, invece, dovremmo solo smetterla di illuderci di essere donne tout court.
 

Secondo la Rowling, le persone trans non solo cancellano le donne e il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma terrorizzano le lesbiche cisgender entrando negli spazi delle donne


Non è la prima volta che Rowling cede al fascino della retorica anti-trans.Verso la fine dell’anno scorso, J.K. ha attirato l’attenzione internazionale per aver preso le difese di Maya Forstater, una donna inglese tristemente nota per la sua transfobia. Forstater, ricercatrice e femminista “gender-critical” – termine popolare nel Regno Unito per identificare una branca del femminismo che critica e spesso rifiuta direttamente l’inclusione delle identità trans – si è vista non rinnovare il contratto in un’importante organizzazione no profit dopo che il suo capo ha scoperto le sue idee fortemente transfobiche. I suoi colleghi si sono lamentati del fatto che la sua transfobia abbia creato un ambiente ostile, specialmente perché la ricercatrice si rifiutava di riferirsi alle persone trans con il genere in cui si identificavano anziché con quello attribuito loro alla nascita. Forstater ha fatto causa all’organizzazione per cui lavorava, ma ha perso in quanto il giudice ha dichiarato che «le idee della ricorrente, nella loro natura assolutista, sono incompatibili con la dignità umana e i diritti fondamentali degli altri».

La sentenza ha causato la sfuriata della Rowling su Twitter. «Vestiti come vuoi», ha scritto. «Chiamati con il nome che preferisci. Vai a letto con qualunque adulto consenziente lo desideri. Vivi la tua vita pienamente, in pace e in sicurezza. Ma non si possono licenziare le donne per aver dichiarato che il sesso biologico è reale. #IStandWithMaya #ThisIsNotADrill». È stato come uno schiaffo. Per anni avevo amato la saga di Harry Potter, che per me evocava un mondo in cui persone di tutti i tipi potevano vivere insieme ed essere accettate. Adesso ho capito che in quel regno meraviglioso non c’era spazio per le persone come me. 
Avevo già scusato in precedenza le sue fascinazioni per il femminismo gender-critical. Nel 2017 e nel 2018 aveva messo Mi piace a post e tweet apertamente transfobici, incluso un tweet che definiva le donne trans semplicemente come “uomini in gonnella”. Mi piaceva così tanto l’umanità dei libri di Harry Potter che ero disposta a passarci sopra, considerandole stranezze o trascurabili errori di giudizio, di sicuro aveva messo Mi piace per errore. La difesa di Forstater nel 2019 ha finalmente mostrato, inequivocabilmente, che J.K. Rowling non era a favore delle persone trans. Ad alcuni, i tweet della Rowling possono sembrare inoffensivi. Ma se si legge fra le righe, il tono è paternalistico, e suggerisce che noi trans possiamo indossare qualsiasi vestito vogliamo e usare il linguaggio che ci pare, ma che in realtà stiamo vivendo in una sorta di sciocca illusione che persone come la Rowling riescono a malapena a tollerare educatamente.

Inoltre le idee della Forstater andavano ben oltre «l’affermare che il sesso biologico è reale». Forstater si rifiutava di attribuire alle persone trans il genere in cui si identificavano, una pratica che nel migliore dei casi ferisce e che, nel peggiore, conduce alla violenza. Nel 2018, Forstater è arrivata a dichiarare che:
 

Alcune persone trans si fanno operare. Ma la maggior parte conserva i propri genitali. La parità e la sicurezza di tutti dovrebbe essere protetta, ma le donne e le ragazze perdono privacy, sicurezza ed equità se degli uomini sono ammessi negli spogliatoi, nei dormitori, nelle prigioni, nelle squadre femminili.


Questa è una comune visione anti-trans, secondo cui le persone come me sono pericolose e inadatte a frequentare determinati spazi, anche se in realtà mi esporrei ad un pericolo decisamente più elevato se entrassi, presentandomi da donna, in uno spogliatoio maschile. Mi capita di sentirmi un po’ nervosa quando sono in uno spogliatoio femminile, perché io sono sempre nervosa, ma so che quello è il mio posto, e quando mi ci trovo, nessuno mi guarda di sottecchi, perché “sembro” una donna cis ed è dove dovrei, e devo, stare.

Difendere la Forstater e attaccare il linguaggio inclusivo significa difendere la segregazione e la discriminazione delle persone trans, sostenendo che non ci meritiamo di occupare certi spazi. Ben lontani dall’essere inoffensivi, i tweet della Rowling sono una sorta di cavallo di Troia del sentimento transfobico, e dimostrano pacatamente il suo sostegno per il bigottismo di Forstater. Che poi proprio questo sia l’argomento su cui lei abbia deciso di concentrarsi durante l’ondata di proteste internazionali contro la discriminazione delle persone di colore e la brutalità della polizia, fra i cui manifestanti ci sono moltissime persone Lgbtq, è ancora più assurdo e suggerisce un’ossessione, ai limiti del fanatismo, per noi trans. Chi disprezza profondamente questo o quel gruppo sociale, omofobi, razzisti, transfobici, spesso sembra incapace di lasciar andare l’oggetto del proprio odio, continuando a orbitargli attorno come una luna arrabbiata, incapace di andare avanti senza il bersaglio dei loro insulti. Sulla scia del suo tweet di dicembre, alcuni conservatori hanno dichiarato che i liberali avevano “cancellato” la Rowling coi loro attacchi. La verità è più cupa, però. Sono stati i suoi fan trans, come me, ad essere stati “cancellati” in quanto l’autrice che avevamo così a lungo venerato ci aveva finalmente mostrato che lei non era una nostra fan. 

Un pomeriggio mia madre, di ritorno da un viaggio a Londra, mi mise in mano un romanzo. Il titolo era Harry Potter e la pietra filosofale. La copertina mostrava un ragazzo occhialuto e frastornato che se ne stava di fronte a una grande locomotiva, rossa come un pomodoro, che sbuffava una nuvola di vapore punteggiata di stelline che salivano nell’aria. Poiché ero una ragazzina caraibica piuttosto nerd, che si era già letta qualcosa sull’alchimia e quindi già sapeva cosa fosse una pietra filosofale, ne rimasi affascinata. Mi piaceva l’espressione confusa del ragazzo e la promessa di avventure del treno che sbuffava stelline: entrambe suggerivano un viaggio, e mi piaceva molto leggere di viaggi, forse perché ero figlia unica, vivevo sulle silenziose pendici di una montagna e mi sentivo sola, quindi i libri che mi promettevano una fuga dalla mia triste fortezza della solitudine mi emozionavano. 
Quando alla fine lo aprii, ne fui subito conquistata. Amavo il fatto che in ultima analisi il libro fosse incentrato sul trovare il proprio posto in un mondo sconosciuto. Chiesi subito a mia madre di comprarmi il secondo volume, non sapendo che il terzo era già uscito. Quando uscì anche il quarto, ero alle Barbados con i miei genitori, e dopo essermene accaparrata una copia da un libraio con gli occhi a palla, lo lessi freneticamente come un’esaltata fino a notte fonda. Fra la pubblicazione del sesto e del settimo libro, rilessi il quarto, il quinto e il sesto volume, L’ordine della fenice più di tutti, ancora e ancora, spesso tenendo i libri aperti col gomito mentre cenavo. Divorai i libri più piccoli che integravano la serie principale Animali fantastici e dove trovarli e Il Quidditch attraverso i secoli, guardai su Youtube le parodie rap della gang di Hogwarts e i musical Puffs e A Very Potter Musical. Non ne avevo mai abbastanza.
 

Con il discorso sui  “mezzosangue”, i libri ripudiavano la retorica suprematista, dimostrando che la discendenza o la stirpe magica non avevano nulla a che fare con la potenza o le capacità di una strega o di un mago


Era un universo letterario straordinario, che mi parlava dolcemente in quanto bambina di razza mista. Il marrone tenue della mia pelle significava vivere in una specie di limbo etnico, in cui potevo essere vista in un modo diverso a seconda del paese, in Dominica ero “mista”, in America, dove sono molto più fissati col suddividere le persone in base a rigide categorie razziali, gli sconosciuti mi chiamavano nera o ispanica. Proprio per questo riuscivo a capire il dolore di Hermione quando i “purosangue”, come Draco Malfoy, l’attaccavano perché era una “mezzosangue”, un termine dispregiativo e razzista nel mondo magico che descrive una strega o un mago con uno o entrambi i genitori babbani. I libri ripudiavano chiaramente questo tipo di retorica suprematista, dimostrando che la discendenza o la stirpe magica non avevano nulla a che fare con la potenza o le capacità di una strega o di un mago. Hermione, nell’ultimo libro, cerca addirittura di impossessarsi di questo termine sgradevole, sostenendo di essere una “Mezzosangue e fiera di esserlo!”.

E i libri sembravano offrire un’onesta e magica via di fuga a una ragazzina trans che, ai tempi, non capiva pienamente cosa volesse dire avere la percezione di sé che avevo io: la continua sensazione che fosse sbagliato identificarmi e vivere come un ragazzo e il desiderio disperato di svegliarmi una mattina e ritrovarmi nel corpo di una ragazza; perché mi sembrava che, dopotutto, in un mondo così magico, qualcuno come me difficilmente sarebbe stato notato. Se da un lato mi sentivo intrappolata in una piccola e claustrofobica isola nella vita reale, dall’altro un mondo dove la gente poteva agilmente alterare il proprio aspetto o trasfigurare il proprio corpo mi dava la speranza di aver trovato un posto in cui anche io potevo sentirmi a casa. Avrebbe significato molto per me incontrare un personaggio apertamente trans nei libri di Harry Potter, ma sapevo anche che sarebbe stato l’incantesimo meno scioccante e più banale di tutto il mondo magico.

Negli anni successivi alla conclusione della saga, è stato più facile sostenere che i libri fossero a favore della causa queer, in quanto la Rowling ha continuato a rivelare nuove curiosità sul mondo di Harry Potter. Nel 2007, per esempio, ha dichiarato che Albus Silente, l’iconico preside di Hogwarts, «è gay». Mentre alcuni fan erano comprensibilmente delusi che questo particolare non fosse emerso in modo esplicito nei romanzi, la rivelazione della Rowling ha avuto l’effetto di un potente testamento a sostegno dei suoi fan Lgbtq. Il tutto si è intensificato nel 2016 quando dichiarò che Remus Lupin, un noto personaggio che soffre di una condizione fortemente stigmatizzata che lo fa trasformare in un lupo nelle notti di luna piena, in realtà era un simbolo queer. «La licantropia di Lupin è una metafora di tutte quelle malattie che portano con sé lo stigma sociale, come l’HIV e l’AIDS», scrive in Racconti di Hogwarts: prodezze e passatempi pericolosi pubblicato da Pottermore. Anche se il simbolismo queer era azzerato nei libri, sentivo sempre di più che al loro interno c’era spazio per una come me. 
 

Alcuni anni dopo l’uscita di Harry Potter e i doni della morte, sono uscita anche io allo scoperto. Avevo vissuto in agonia per vent’anni


Alcuni anni dopo l’uscita di Harry Potter e i doni della morte, sono uscita anche io allo scoperto. Avevo vissuto in agonia per vent’anni, sapendo sia che ero attratta da persone di ogni genere, sia che desideravo ardentemente che gli altri mi vedessero e mi accettassero come ragazza. Ma la Dominica era un mondo in cui i messaggi cristiani evangelici sul peccato dell’omosessualità arrivavano in scioltezza sia dai preti alla radio che dal nostro primo ministro. Ero spaventata, non sapevo cosa mi sarebbe successo se avessi rivelato i miei desideri blasfemi. Nel momento più buio, alla scuola di specializzazione in Florida, ho quasi bevuto del veleno, se non potevo vivere come la donna queer che volevo essere allora non potevo vivere affatto, il dolore era troppo forte.

Alla fine, anziché suicidarmi, ho fatto coming out sapendo che non sarei più potuta tornare a casa. Ho deciso di rimanere in America ed essere me stessa piuttosto che tornare a casa e vivere in una dissonante e claustrofobica bugia. Mi ha fatto molto male capire quello che avevo perso, ma l’euforia che provai quando capii che finalmente potevo vivere la mia verità fu ancora più grande del dolore. Proprio come Lupin si sente liberato quando trova dei maghi che lo accettano per quello che è, io mi sentivo libera e vista per la prima volta. I tweet della Rowling rivelano qualcosa di sconvolgente, anche se prevedibile, della sua filosofia: la sua empatia, così evidente nella saga, ha dei limiti. I messaggi che ha trasmesso in Harry Potter sulla tolleranza e il rifiuto di semplici ideologie deumanizzanti e suprematiste, sembrano lontani dai messaggi che la Rowling sta lanciando ora sui social, dove si schiera con noncuranza contro una delle minoranze più vulnerabili nel Regno Unito e nel mondo.
 

So che le opinioni personali di J.K. non sono le stesse che animano l’universo di Harry Potter. Tuttavia, quando i nostri artisti più amati ci deludono, è difficile vedere le loro opere con gli stessi occhi


Certo, la Rowling non è la sua opera. Potrei non essere completamente d’accordo con la massima famosa, o famigerata, di Barthes che l’autore è morto, ovvero che dovremmo valutare un’opera d’arte senza fare riferimento all’artista dietro di essa, ma so che le opinioni personali di J.K. non sono necessariamente le stesse che animano l’universo di Harry Potter. Tuttavia, quando i nostri artisti più amati ci deludono, è difficile vedere le loro opere con gli stessi occhi. Temo che una parte della magia della saga sia ormai svanita per me. Ma so anche che i romanzi sono anche una meravigliosa fonte di affermazione personale. «Sono quello che sono e non me ne vergogno», dice Hagrid, uno dei personaggi più amati, in Harry Potter e il calice di fuoco. «“Non ti vergognare mai”, disse mio padre, “c’è qualcuno che ce l’avrà con te, ma non ne vale la pena”». Ho scelto, alla fine, di aggrapparmi a queste parole, sperando che J.K. Rowling, che le ha scritte, un giorno scelga di ascoltarle davvero.

 

Gabrielle Bellot è redattrice di Literary Hub e ha scritto per New Yorker, New York Times, The Atlantic, Guardian. Questo articolo è stato pubblicato su Literary Hub il 10/06/2020  How JK Rowling Betrayed the World She Created
Traduzione di Erica Francia


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