Come ho imparato ad amare (o odiare) la punteggiatura con gli scrittori famosi

Commenti, note e polemiche sulla punteggiatura dalle pagine di Wolfe e McCarthy, Vonnegut e Le Guin e tanti altri

Parul Sehgal una volta affermò che lo stile è «per il 90 per cento punteggiatura». Anche la comparazione visiva di alcuni romanzi limitata esclusivamente ai segni d’interpunzione a opera di Adam Calhoun, suggerisce un’idea simile. È qualcosa che va oltre lo stile – una sorta di attenzione, forse. Come sembra aver detto John Mayer, «Signore, se volete sapere come conquistare il mio cuore, questo è il modo: una buona ortografia e grammatica, una buona punteggiatura, maiuscole solo dove necessario ed è fatta».
Ma John, loro potrebbero chiedere qual è la tua definizione di «buona punteggiatura?».
 

«La punteggiatura,» scrisse Mary Norris in Greek to me, «ha sempre avuto a cuore il benessere del lettore»


Dopo tutto, anche gli esperti sono in disaccordo, a volte anche in maniera alquanto aggressiva. (Quali forze interiori spingono qualcuno a demonizzare o deificare il punto e virgola?) Forse la loro non è una reazione autentica, fanno un po’ di scena. «Dogmatizzare la punteggiatura è qualcosa di sciocco proprio come lo è dogmatizzare qualsiasi altra forma di comunicazione con il lettore» ha scritto Henry James. «Le diverse forme comunicative dipendono da ciò che si sta facendo e dal tipo di effetto che si vuole creare».
Comunque, si può dire che le scelte di punteggiatura di uno scrittore contino – anche se la scelta è di eliminarla del tutto – o per lo meno segnalino qualcosa al lettore, «La punteggiatura,» scrisse Mary Norris in Greek to me, «ha sempre avuto a cuore il benessere del lettore». Lo stesso non poteva essere detto per gli scrittori. Ecco qualche esempio di ciò che alcuni di loro hanno da dire riguardo i segni che li deliziano e disgustano.

 

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(il punto e virgola)

Lo odia: Donald Barthelme
Perché evito quanto più possibile il punto e virgola? Lasciate che sia chiaro: il punto e virgola è brutto, brutto come un rospo. Lo caccio via dalla mia prosa.

Lo odia: Edward Abbey
Credo sia un argomento di poco conto, ma vorrei oppormi alla smaniosa ed esasperante punteggiatura che un editore sta cercando di imporre alla mia storia. L’ho già detto prima, ma lo dirò ancora, se non per una questione di chiarezza di significato, preferirei ridurre al minimo l’uso di maledette virgole, trattini, apostrofi, virgolette e questi cazzo di punti e virgola (i più osceni segni di punteggiatura). Ho buttato ore a cancellare quella valanga di merda dal dattiloscritto. [In riferimento a I sabotatori e contenuto in Postcards from Ed: Dispatches and Salvos from an American Iconoclast]

Lo odia: Kurt Vonnegut
Ecco una lezione di scrittura creativa. Prima regola: non usare il punto e virgola… Servono solo a far vedere che sei andato all’università.

Nota: Tuttavia, di seguito alcune righe dalla raccolta di saggi Un uomo senza patria:
«E mi rendo conto che alcuni di voi stanno facendo fatica a capire se io stia scherzando o meno. Perciò da ora in avanti vi dirò quando sto scherzando. Per esempio, unitevi alla Guardia Nazionale o ai Marine e insegnate la democrazia. Sto scherzando». Quindi, non so. Credo che nell’immaginario collettivo Vonnegut sia il più famoso dispregiatore del punto e virgola. E potrei essere di parte perché amo il punto e virgola ma Vonnegut… non credo che davvero lo odiasse.

Lo ama: Lauren Oyler
Nella vita si può avere paura di molte cose, ma la punteggiatura non è una di queste. Il fatto che il punto e virgola, a differenza di altri segni di interpunzione, sia totalmente opzionale e inusuale gli conferisce un potere; quando lo usi lo stai facendo intenzionalmente, per scelta, in un momento in cui le motivazioni sono vaghe e le intenzioni spesso negate. E ci sono davvero poche occasioni nella vita in cui ci si può permettere di stare nel mezzo; il punto e virgola è il raro esempio in cui si può; non c’è assolutamente nessun lato negativo.

Lo ama: Ursula K. Le Guin
Non ho una pistola e neanche una moglie e le mie frasi tendono ad andare avanti e avanti e ancora avanti, con tutta la loro sintassi. Ernest Hemingway sarebbe morto piuttosto che avere della sintassi. O punti e virgola. Io uso una valanga di stupidi punti e virgola; ne ho messo un proprio ora; uno dopo «punti e virgola», e un altro dopo «ora». [da The Wave in the Mind: Talks and Essays on the Writer, the Reader and the Imagination]

Lo ama: Claire Messud
Nell’elaborare la frase, l’efficacia – o, più precisamente, la precisione - è importante; la capacità è importante; e la chiarezza è importante. Uno scrittore del genere, almeno, non pensa in piccole frasi dichiarative chiuse ermeticamente. Non funziona così. Davvero mai. Forse per alcune persone. Ma non per noi. Per quelli di noi i cui pensieri divagano; per quelli per i quali giustapposizioni inaspettate sono esilaranti e non stancanti; per chi mira, anche se non in maniera adeguata, a esprimere il proprio vissuto a parvenza della sua complessità: per quegli scrittori, il punto e virgola è inestimabile.

Lo ama: Abraham Lincoln
Per le persone istruite, credo che la punteggiatura sia una questione di regole; per me è una questione di sentimenti. Ma devo ammettere di avere un grande rispetto per il punto e virgola; è un piccolo omino molto utile.

Pensa sia solo una virgola: Gertrude Stein
Sono più potenti, invadenti e pretenziosi di una virgola, ma rimangono sempre delle virgole. Nel loro profondo, nel loro fondamento, nello loro essenza conservano la natura di una virgola.
 

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(il punto esclamativo)


Lo odia: F. Scott Fitzgerald
Eliminate tutti i punti esclamativi. Un punto esclamativo è come ridere a una propria battuta.

Lo ama: Julian Barnes
Mi dispiace per il punto esclamativo. Un tempo faceva così compagnia, segnalava momenti importanti di terrore e malvagità. «Oh maledetto Iago! Cane senza cuore!» lamenta Rodrigo una volta pugnalato. «Affogata! E dove?», Laerte piange per la sorella Ofelia. «Come sono caduti i potenti nel mezzo della battaglia!» annuncia il secondo libro di Samuele. Era la punteggiatura dei grandi momenti, usata con parsimonia dai bravi scrittori, i quali sapevano che il suo rumore sarebbe stato come un colpo di pistola.

È sempre stato un segno strano e flessibile, la cui forza variava a seconda del secolo e del linguaggio. In francese è decisamente meno potente, perciò il traduttore di Madame Bovary, per esempio, dovrà tagliare circa il 30 % dei punti esclamativi di Flaubert. Quando Emma Bovary e Rodolphe guardano romanticamente la luna e Rodolphe afferma entusiasta, «Ah! la belle nuit!», uno se non entrambi i punti dovrebbero sparire.
Come possiamo salvarlo da questo triste destino? Penso che sui social sia una causa persa, ma che sia recuperabile nella scrittura vera e propria. Ad esempio un settore in cui viene ancora utilizzato con precisione è quello della notazione degli scacchi.
Pertanto, “!” indica una buona mossa, “!!” un’ottima mossa; mentre l’adorabile “?!” indica una mossa rischiosa, alquanto dubbia, ma forse decisiva.

Lo ama: Tom Wolfe
In Noi, Zamjiatin interrompe costantemente un pensiero a metà frase con un trattino medio. Cerca di imitare le abitudini del pensiero reale, supponendo, giustamente, che non pensiamo in frasi intere. Pensiamo per emozioni. Usa anche molti punti esclamativi, un’abitudine che ho preso anch’io e che ho ancora. Qualcuno ne ha contati addirittura un migliaio nel romanzo Il falò delle vanità. Penso che sia abbastanza giustificato, anche se sono stato ridicolizzato per questo. Dwight Macdonald una volta ha scritto che leggere i miei libri con tutti quei punti esclamativi era come leggere i diari della regina Vittoria. Lui era una figura così di spicco all’epoca che mi sentii annichilito. Ma poi per pura curiosità diedi un’occhiata ai diari della regina Vittoria. Sono diari d’infanzia e sono pieni di punti esclamativi, decisamente più leggibili della prosa ufficiale inflitta ai primi ministri e al popolo britannico negli anni successivi. Quei diari non sono affatto male.

Consiglia moderazione, a meno che tu non sia Tom Wolfe: Elmore Leonard
Tieni i tuoi punti esclamativi sotto controllo. Puoi usarne non più di due o tre per ogni 100.000 parole in prosa. Se hai l’abilità di giocarci come fa Tom Wolfe, puoi buttarne dentro a manciate.
 


(il trattino medio)


Lo ama: R.L. Stine
Quando in un romanzo c’è un momento di puro terrore, non c’è migliore segno d’interpunzione di una –. [Ad esempio:] «Si fermò ansimando – spalancò le labbra in un urlo di terrore». «Inciampò, cadde – e finì in una tomba aperta».

Lo ama: Laura van den Berg
Nell’ultimo anno mi sono innamorata ciecamente, dopo anni di resistenza, del trattino medio. Adoro il modo in cui riesce a creare la sensazione di una linea o un pensiero frammentato/incompleto/interrotto.

La odia: Nessuno scrittore (è un dato scientifico), ma molti editori.

Il problema con il trattino medio – come avrete potuto notare! – è che scoraggia una scrittura davvero efficace. Inoltre – e questo è probabilmente il suo peccato peggiore – distrugge il flusso di una frase. Non lo trovate fastidioso – e potete dirlo tranquillamente, non mi offendo – quando uno scrittore inserisce un pensiero nel bel mezzo di un altro non finito? Anche Strunk e White – che dovrebbero essere sempre citati in un articolo come questo – consigliano di non abusare del trattino medio: «Usate un trattino solo quando qualsiasi altro segno d’interpunzione vi sembra inadeguato». Chi siamo noi, noi scrittori moderni, per giudicare – con una frequenza scioccante – forme di punteggiatura più semplici – la virgola a regola d’arte, i due punti robusti, il punto dato per scontato? (Un collega – sostenendo strenuamente l’uso del trattino medio in certe occasioni invece di altri segni, per motivi di tono – mi ha detto che per lui le parentesi sono un sussurro, e il trattino medio un modo per attirare l’attenzione su una frase. Cosa penso della sua osservazione? Beh, considerate come ho scelto di premiarla).
 

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(la virgola)


La odia: Gertrude Stein
Come ho già detto, le virgole sono servili e non hanno vita propria, e il loro uso non è un uso, è un modo per sostituire il proprio interesse e a me piace decisamente il mio interesse il mio interesse in quello che sto facendo. Una virgola, aiutandoti ad andare avanti, tenendoti il cappotto e mettendoti le scarpe, ti impedisce di vivere la tua vita attivamente quanto dovresti e  sono passati molti anni e la penso ancora così solo che ora non ci faccio più tanto caso, il loro uso era decisamente degradante.

La ama: Garielle Lutz
Per quello che so, l’era della virgola è finita. Ma è stato bello poterla vivere e toccare le parole con le dita. Le frasi erano precise. Di questi tempi, un critico teatrale in un’illustre rivista descrive uno spettacolo di Broadway Sweet Charity come «La versione musicale romanzata da Neil Simon delle Notti di Cabiria di Fellini». Senza una virgola a separare “addolcita” da “musicale”, il fraseggio implica, mandandoti fuori strada, che ci sono almeno due adattamenti musicali del film di Fellini, e che le versioni differiscono nel loro grado di dolcezza, e che la versione “addolcita” è quella recensita.

Ascolta il suono della frase, ed è sempre giusto, Bob: Toni Morrison
[A proposito del suo editore, Bob Gottlieb, che notoriamente «inseriva sempre virgole nelle frasi di Morrison che si ostinava a toglierle»] Leggiamo nello stesso modo. Pensiamo nello stesso modo, lui è eccessivamente aggressivo riguardo le virgole. Non capisce che le virgole servono per fare una pausa e respirare, secondo lui invece le virgole sono una questione grammaticale. Siamo arrivati a un accordo ma è ancora una lotta.
 

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(il trattino)


Lo ama: Garielle Lutz
Andrebbe scritto un pamphlet sul trattino – sarebbe di estremo conforto, almeno a me – perché si tratta del segno d’interpunzione più trascurato che ci sia. Sono impazzita quando me ne sono resa conto la prima volta, in terza elementare. Iniziai a mettere trattini fra tutte le parole delle mie frasi. Credevo fosse un buon modo per non far crollare tutto, ma la maestra mi fece smettere. (Quell’anno comprai anche un libro per incrementare il mio vocabolario. Nel primo capitolo c’erano aggettivi come “arcano” e “gelido”. Li misi in un paragrafo da scrivere in classe, e la maestra mi disse di smetterla di inventarmi parole). Il trattino, tuttavia, è il più dolce dei segni d’interpunzione, dato che unisce le parole in coppie (e a volte in terzetti e quartetti). È uno che abbraccia. Il suo compito più importante lo svolge davanti ai nomi e serve a rendere tutto più chiaro.

Lo ama: Norman Mailer – per lo meno a sette anni
Il mio modo di scrivere si distingueva per il mio uso dei trattini. Amavo unire con un trattino, ad esempio univo “the” e scrivevo th-e se si trovava alla fine della riga. O “they” diventava the-y. Poi non ho più scritto per molto tempo. Non ho neanche provato a farmi pubblicare sulla rivista delle scuole superiori.


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(il punto)


Lo ama: Gertrude Stein
I punti hanno una vita loro, una necessità loro, un sentire tutto loro, un tempo loro. E quel sentire quella vita, quella necessità quel tempo può esprimersi in modi infiniti e questa è la ragione per cui sono sempre rimasta fedele ai punti così tanto che come ho detto recentemente sento che ne abbiamo bisogno più che mai.

Lo tollera, se proprio deve: Cormac McCarthy
Credo nei punti, nelle maiuscole, nelle virgole occasionali, e basta.

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James Joyce è un ottimo modello per la punteggiatura. La usa il minimo indispensabile. Non c’è motivo di riempire una pagina di piccoli e strani segni. Voglio dire, chi sa scrivere bene non dovrebbe aver bisogno di usare la punteggiatura.
 

 

Emily Temple è un’autrice e scrittrice statunitense, managing editor di Literary Hub. Ha pubblicato il romanzo The Lightness nel giugno 2020 (William Morrow/HarperCollins). Questo articolo è stato pubblicato su Literary Hub il 04/05/2021 ► The Punctuation Marks Loved (and Hated) by Famous Writers  | Traduzione di Sonia Valentini


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