Pizza, cinema e caffè | Diario dal 36° Torino Film Festival

Il festival di Torino attraverso i suoi film. Il racconto del nostro corrispondente Edoardo Peretti

La 36° edizione del Torino Film Festival è stata inaugurata da una delle caratteristiche più tipiche della manifestazione sabauda: il maltempo. Dopo i monsoni e l’esondazione del Po nel 2016 e la nevicata nel 2017, una pioggia torrenziale simile a quella che inondava Roma in Suburra ha fatto subito sentire a casa pubblico e affezionati accreditati, e così le lunghe code che invadono lo spazio di fronte al cinema Massimo, creando una serie di battibecchi con i passanti, e la strada di fronte al cinema Reposi, impedendo il passaggio di tram, biciclette e automobili. Ogni film dovrebbe avere un giudizio che ci aiuti a non perdere tempo in fila al cinema: ★ Da vedere anche con la coda ✮ Se c'è poca gente ☆ Meglio andare al bar
 

  Day #1 | Venerdì 23 novembre

ore 17.15 | ✮ WILDLIFE di Paul Dano 
Il primo film di questo TFF è stata una parziale delusione, per quanto comunque interessante. L’esordio alla regia di Paul Dano è un melodramma familiare ambientato nel Montana degli anni Cinquanta. È il racconto di una coppia che si disgrega osservata dal punto di vista perplesso e sofferto del figlio quattordicenne. Lo sguardo di Dano è evocativo e asciutto, essenziale, con sequenze con la cinepresa perlopiù immobile che lasciano parlare interpreti e paesaggi. È un’opera per lunghi tratti quasi rarefatta che sembra sempre sul punto di esplodere e di scatenare le rabbie, le amarezze e le paure dei personaggi, senza però mai deflagrare davvero. In questo modo Wildlife dà, man mano che ci si avvicina al finale, l’impressione di essere un irrisolto e incompiuto, vittima della paura del regista di cadere nelle trappole della retorica e degli eccessi. Menzione di merito ad una superba Carrey Mulligan; in particolare, nel finale l’espressione e i sottili movimenti del suo volto che riassumono e amalgamano emozioni contrastanti valgono da soli il prezzo del biglietto.

ore 19 Il primo dei, citazione pop, 7mila caffè. Le tipiche litigate che animano le inevitabili code assumono una connotazione inedita: persone senza l’accredito stampa che pretendono di entrare alla proiezione stampa.
 

Rispetto ai film precedenti di Reitman, The Front Runner è un classico film in quota Oscar, al passo con i tempi e le tematiche calde ma che rinuncia a rielaborarle e affrontarle davvero


ore 19.30 |  THE FRONT RUNNER di Jason Reitman 
Il sapore amarognolo del film non più che discreto e al di sotto delle aspettative è rimasto con la visione del film d’apertura, che ricostruisce l’ascesa e soprattutto la caduta di Gary Hart, lanciatissimo candidato democratico alle presidenziali statunitensi del 1987 costretto a ritirare la candidatura dopo la scoperta di una sua relazione clandestina. Un’opera  ben girata, vivace, piacevole e che inizia dando l’illusione di trovarsi di fronte ad un figlio di Altman tanto quanto innocua, ovvia e ben poco irriverente, decisamente più addomesticata dei film precedenti di Reitman. Un classico film in quota Oscar, al passo con i tempi e le tematiche calde ma che rinuncia a rielaborarle e affrontarle davvero. Anche in questo caso, menzione di merito all’attore protagonista, un bravissimo Hugh Jackman.

ore 21.30 | Il primo dei 7mila tranci di pizza

ore 22.30 |  NARCISO NERO (1946) di Michael Powell e Emmeric Pressburger 
Uno dei punti di forza del Torino Film Festival sono le retrospettive. Non solo per la qualità più immediata e ovvia delle proposte e per la possibilità di scoperte e riscoperte. Il vero punto di forza è che sono in qualche modo decisive nell’impostazione e nella visione del festival sostenute dalla coriacea direttrice Emanuela Martini: cioè un’attenzione particolare ai generi, alle loro mille sfaccettature e alla loro capacità eversiva e di sguardo sul mondo. Nelle ultime edizioni del TFF in questo modo il passato delle retrospettive e il presente dei film selezionati nelle varie sezioni hanno dialogato creando un’offerta complessivamente compatta e coerente.
L’occasione di rivedere Narciso nero sul grande schermo era troppo ghiotta, e non ha deluso. Inevitabile rimanere estasiati dal technicolor usato in tutta la sua potenza anche metaforica, dal fascino torvo e fiammeggiante pur nella cupezza e nella follia di questo potente ed eccessivo melodramma sull’invidia e il tormento interiore. Insomma, è valsa la pena zittire la parte più glamour di sé che chiedeva di abbandonare la sala e andare a fare networking con gli ambienti che contano in occasione della festa d’inaugurazione.


  Day #2 | Sabato 24 novembre

ore 14:15 |  SO DOVE VADO (1949) di Michael Powell e Emmeric Pressburger 
Il secondo giorno inizia come era finita la serata precedente: all’insegna cioè del classico con questo film minore della coppia di registi europei. Film sì minore, ma ad ogni modo affascinante, dove i paesaggi scozzesi che fanno da sfondo esaltano le capacità visive e di rielaborazione “significante” di atmosfere e ambienti tipiche del duo. È un film attraversato da una sottilissima vena mistica e immateriale che, rivista la pellicola oggi, la salva da qualche lungaggine e dalla prevedibilità di fondo della trama.

ore 17 | ✮ HAPPY NEW YEAR, COLIN BURSTEAD di Ben Wheatley 
Dopo Jason Reitman anche il cinico Ben Wheatley, autore di perfide commedie nere perlopiù inedite in Italia, pare aver perso parte del suo smalto realizzando questo gioco al massacro familiare abbastanza scontato pur nella piacevolezza di fondo e nell’efficacia di molte battute. Decisiva, come spesso capita nei film inglesi, la compagine straordinaria di interpreti. Inutile quindi la non prevedibile vittoria contro la rush line (nda: la coda per gli accreditati che non hanno prenotato il biglietto), fatto più unico che raro nei weekend.
 

Il messaggio di Pretenders è che a James Franco piace la Nouvelle Vague. Avrebbe potuto dircelo con un tweet


ore 20 | ☆ PRETENDERS di James Franco 
L’attesa della proiezione è stata animata dall’apparizione di un ragazzo che assomigliava decisamente a James Franco. Nonostante l’entusiasmo degli osservatori più attenti e dei fan di Jimmy, non era lui. In fin dei conti meglio così perché il messaggio di Pretenders è che a Franco piace la Nouvelle Vague. Avrebbe potuto dircelo con un tweet, l’ha fatto con un film di 90 minuti in cui vengono continuamente citati Godard e Truffaut (con comparsate di Antonioni e altri grandi autori). È la storia di un triangolo amoroso ossessivo, totalizzante e tragico – vi ricorda nulla? – dove un’attrice che assomiglia ad Anna Karina inizia una lunga e tormentata storia con un aspirante regista. È un film che certamente si incastra bene nel percorso del cinema di Franco per quanto riguarda la rappresentazione di personaggi smarriti nella cinefilia e nella cultura pop, proponendosi come capitolo più raffinato (e meno riuscito) rispetto al cazzeggio e alla stupidità quasi disperate e senza sbocchi di film come Facciamola finita (2013) o al complesso calco di un film cult per la sua bruttezza The disaster artist (2017). In questo caso però Franco mostra di non sapere plasmare i riferimenti e la cinefilia di fondo, non riuscendo a rielaborarli e realizzando un film complessivamente pretestuoso e inutile.


  Day #3 | Domenica 25 novembre

ore 11.45 | ✮ L’ULTIMA NOTTE di Francesco Barozzi 
Dopo la nottata dedicata alla vita sociale con i numerosi amici e persone simpatiche incontrate purtroppo quasi esclusivamente in occasione dei festival, il terzo giorno inizia in maniera rilassante con un film che unisce l’horror padano di Pupi Avati alle tare familiari de I pugni in tasca di Marco Bellocchio, ispirato ad un recente fattaccio di cronaca avvenuto nella campagna modenese: una donna torna nella fattoria di famiglia, dove vivono il fratello maggiore e la sorella minore e dove immediatamente emergono i traumi e le ossessioni di un’infanzia violenta e oscura, pronte a chiedere il conto definitivo. Al netto di qualche momento troppo vicino ai documentari televisivi dedicati a crimini passati e recenti, nel complesso il film di Barozzi funziona e inquieta, soprattutto per l’utilizzo di atmosfere rurali quasi fuori dal tempo e per come si ferma ad un passo dall’eccessiva morbosità.

ore 16.45 | ★ MANDY di Panos Cosmatos 
Nicolas Cage è il protagonista di uno dei film più attesi di questa edizione, definito sul catalogo come «uno dei film dell’anno». È un horror eccessivo a livello visivo, per le numerose strade narrative suggerite e tradite, nello splatter esplicito come nell’ironia scatenata. Un’opera mondo che non ha paura del senso del ridicolo, che può conquistare il cuore come irritare e dove l’approccio sornione di Sam Raimi si unisce alla poetica sopra le righe di Rob Zombie. È anche il film dove Nicolas Cage è diventato definitivamente un meme. Piaccia o non piaccia, non può lasciare indifferente e non può essere liquidato con un’alzata di spalle, anche solo per come cerca di combattere la mediocrità professionale e la concezione del film compitino.
 

Mandy di Panos Cosmatos è il film dove Nicolas Cage è diventato definitivamente un meme


ore 19.15 | ☆ L’AMOUR DEBOUT di Michael Dacheux 
Film francese sui tomenti interiori e di coppia, vago, rarefatto e post nouvelle vague come tanti altri prodotti d’Oltralpe. Uno di quei film che, leggendo la sinossi, può essere bellissimo e dire tutto sulle complessità interiori come essere inutilmente autoreferenziale e pretestuoso e non dire nulla. Il risultato è decisamente parte del secondo caso. Se con il film di James Franco vengono rimpianti Godard e Truffaut, qui c’è nostalgia per Eric Rohmer.

ore 22.30 | ★ HIGH LIFE di Claire Denis 
Nell’orario peggiore per un film complesso e difficile, l’ultima anteprima stampa della giornata offre quello che al momento è il film di questa edizione. Claire Denis rilegge la fantascienza distopica in chiave molto personale. Immagina una realtà dalle connotazioni quasi post-umane dove gli istinti, i piaceri, l’erotismo, la maternità e i corpi sembrano simulacri, pure parvenze esteriori e vuote, semplici ricordi di ciò che erano e significavano. È un film allo stesso tempo crudo, con improvvisi scoppi di violenza cronenberghiana, e rarefatto, estremamente suggestivo e quasi dolce per la bellezza pura di molte sequenze così come terrorizzante per la plausibilità delle numerose chiavi di lettura offerte sul futuro dell’umanità. È un film che macera a lungo nella mente e che continua a parlare allo spettatore, che sia entusiasta come chi scrive o un po’ meno.

Nel frattempo, la dieta continua ad essere quella tipica da festival – caffè, mele, spritz con il punt e mes (nda: ottima bevanda tipica torinese, una sorta di incrocio tra il vermouth e l’amaro) e tranci di pizza –, il maltempo ha stranamente lasciato spazio a quelle splendide giornate serene e limpidissime invernali e le code, guardiamo il lato positivo, continuano ad essere occasione per dare sfogo, tra un film e l’altro, alla vita sociale e ai rapporti umani di chi si ritrova quelle tot volte all’anno in queste occasioni.

Edoardo Peretti


Parte della serie Diario dal 36° Torino Film Festival

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