Nelle stanze della casa dove Louisa May Alcott ha scritto Piccole donne

Su Orchard House e sulle fondamenta biografiche di un classico della letteratura americana

Crescendo, ogni ragazza prediligeva una delle Piccole Donne. Quale fosse la preferita definiva il tratto dominante della propria femminilità, forse non tanto per il tipo di ragazza che si era ma per il tipo di donna che si aspirava a diventare. Joan Acocella definisce il libro di Louisa May Alcott «più simile al Vecchio Testamento che a un romanzo», anche se personalmente sospetto che le sue antiche radici arrivino ancora più in profondità, e che le ragazze March siano un quartetto di elementi essenziali: Meg, con l’eleganza leggiadra di primogenita; Jo, con il suo carattere fiammeggiante; Beth, come Estia, protettrice di tutto ciò che è terreno; e la piccola Amy, un sensibile ruscello.
Jo è il personaggio più instabile e umano della Alcott, creato a immagine dell’autrice stessa. Meg, Beth ed Amy, ispirate alle tre sorelle di Louisa, vengono in certa misura idealizzate. La scrittrice notava con più chiarezza i propri difetti di quanto non facesse con i loro, o per lo meno decise di non immortalare per sempre quelli delle sorelle nel suo romanzo, considerato la controparte femminile del classico di Mark Twain Huckleberry Finn. Louisa scrisse Piccole donne a Orchard House, dove ha vissuto con la sua famiglia dal 1858 al 1877. Questa è anche l’ambientazione del suo racconto, con un unico cambiamento, quasi una speranza: la vera Elizabeth (“Beth”) non visse mai lì, poiché morì prima che gli Alcott vi si trasferissero.
 

Louisa May Alcott scrisse Piccole donne a Orchard House, dove ha vissuto con la sua famiglia dal 1858 al 1877


A metà settembre ho visitato Orchard House, una grande casa marrone a due piani a Concord nel Massachussets, e ho avuto l’impressione di entrare sul set di un film, con porte e finestre sbilenche e alberi tutt’intorno. Louisa si riferiva al posto con l’espressione “pasticcio di mele”, che rievoca i suoi frutteti e il suo aspetto irregolare.
È ancora possibile vedere i mobili originali, che costituiscono l’ottanta per cento dell’arredamento, tra di essi le aggiunte più moderne si confondono con facilità. Durante il tour un signore ha chiesto l’età di una sedia che sembrava antica, solo per scoprire che era stata messa lì per i visitatori. Siccome non ci si può appoggiare al mobilio, agli ospiti viene spesso offerto di sedersi, senza contare che, nel mio gruppo, erano presenti molte persone anziane. Le foto non sono permesse, perciò la gita scivola piacevolmente nell’album della memoria.
I visitatori vengono portati dappertutto tranne nell’attico, il rifugio di scrittura di Jo. Louisa stessa aveva usato numerose soffitte come proprio laboratorio, ma non questa in particolare. La famiglia Alcott si spostò venti volte in vent’anni prima di stabilirsi a Orchard House, un edificio rustico costruito nella metà del XVII secolo. Qui, incastrato nel muro della stanza anteriore che Louisa condivideva con Anna (“Meg”), si trova lo scrittoio a mezzaluna, costruitole dal padre, dove lei scriveva. Su di esso giace una mela come arredo scenico, mentre appoggiata vi è una sedia la cui seduta è esageratamente vicino al pavimento. I soffitti e le porte appaiono tutti bassi e confortanti, proprio come ci si aspetta da un libro sulle gioie e sulle noie domestiche.

Orchard House ha richiesto un imponente lavoro di restauro perché le visite fossero possibili, ma grazie all’impegno dell’associazione storica che ne ha la gestione e all’iniziativa “Save America’s Tresures” ha ricevuto numerose donazioni. Come riportato dal documentario della PBS Our Orchard House: Home of the Little Women, nel 2000, la casa stava sprofondando nel terreno, perciò la si dovette sollevare su travi d’acciaio cosicché nuove fondamenta potessero essere costruite. Secondo la direttrice esecutiva Jan Turnquist, ora la visitano 100mila persone ogni anno e tra le 30mila a le 50mila fanno il tour. L’anno scorso l’interesse è aumentato con la celebrazione del centocinquantesimo anniversario dall’uscita del romanzo.
Si entra in Orchard House attraverso un negozio turistico, dove si dice che gli ospiti scoppino in lacrime prima ancora che la visita abbia inizio. La casa di uno scrittore è sempre permeata da una certa magia, suscitata dall’emozione che si prova nel vedere i posti in cui sono stati composti i racconti fondamentali per la tua formazione. Trovarsi nei luoghi dove questi autori sognavano, mangiavano e trovavano quelle idee che poi hanno influenzato le tue, è simile a un ritorno a casa o a un pellegrinaggio. Due anziane signore inglesi hanno tremato per tutto il tour, accompagnate da un paio di donne di mezza età, probabilmente le figlie, e hanno chiesto alla mia amica di fare una foto mentre si abbracciavano di fronte alla casa.
Il negozio di souvenir non cade nel kitsch. La stanza era un laboratorio dal pavimento in terra battuta, comunicante con un gabinetto esterno. Ora, vi si vendono decine di edizioni di Piccole donne, poesie incorniciate di Louisa e calamite con sue sciocche citazioni (“le faccende domestiche non affatto semplici”). Si possono trovare oggetti pittoreschi come i Wee Forest Folk, letteralmente i piccoli abitanti della foresta, figure di topini in onore di Scarabocchio, l’amico roditore di Jo che le teneva compagnia nell’attico, peluche di gufi, animali molto amati da Louisa per la loro proverbiale saggezza, e una deliziosa stampa illustrata di Jo con il professor Bhaer sotto l’ombrello (la scena in cui confessano il loro amore). Prima che la visita inizi, nella stanza che un tempo era stata il laboratorio artistico di May (anagramma di Amy), viene proiettato il summenzionato documentario.



Se ancora aleggia il fantasma di qualcuno degli Alcott si tratta di un ospite docile che ti accompagna attraverso la casa, cominciando con la cucina dove May incise il volto di Raphael sul retro di un tagliere con un attizzatoio bollente, poi si passa al salottino con il piano Chickering (dal nome del produttore dello strumento) di Elizabeth, dove sedeva il pubblico per gli spettacoli che le sorelle organizzavano nella sala da pranzo. In queste occasioni, appendevano un tessuto alla porta come tenda di scena, correndo su per le scale per i cambi di costume. In quello stesso salottino, anni più tardi, si sarebbe sposata Anna. Qui si trova anche il divano dove giace il cosiddetto “cuscino dell’umore” di Louisa, girato sul fianco per avvertire la famiglia del suo cattivo umore o di un vortice creativo, così come lei chiamava i suoi attacchi di ispirazione quando voleva essere lasciata in pace. Tutte queste cose accadono nel libro e a volte, durante la visita, il confine tra le ragazze reali e quelle immaginarie si fa sfumato.
Le sorelle Alcott erano il frutto del supporto e dell’amore dei genitori, anche se poveri. Il patriarca Amon Bronson frequentava Ralph Waldon Emerson e Henry David Thoreau, come lui trascendentalisti e abitanti di Concord. Gli Alcott erano progressisti, entrambi abolizionisti e sostenitori dei diritti delle donne. Bronson fu il primo insegnante a Boston ad ammettere uno studente di colore nella sua aula, tra i primi a proporre che gli studenti partecipassero attivamente alle lezioni, e l’orgoglioso inventore della “ricreazione”. Fu anche il fondatore di Fruitlands, una comunità utopica fallita istituita ad Harvard nel Massachussets. Sebbene pieno di vigore intellettuale, Bronson non riuscì mai a guadagnare abbastanza, per questo le sue figlie dovevano arrangiarsi per provvedere ai propri bisogni, lavorando come governanti e insegnanti (e ovviamente scrittrici). La sua scuola formata da una stanza sola si trova dietro casa Alcott e al momento è chiusa per riparazioni, anche se i visitatori sono incoraggiati a sbirciare dalle finestre. Al suo interno sono state girate anche le scene di un film in uscita – Piccole donne di Greta Gerwig, uscito in sala poco dopo l’uscita dell’articolo.
Sia Bronson che sua moglie Abigail, una delle prime assistenti sociali di Boston, diedero priorità all’espressione creativa delle figlie. Molti dei disegni di May sono appesi nella casa (copie dei paesaggi marini di Joseph Turner si trovano nella stanza dei genitori, il dipinto di un gufo in quella di Louisa), ma anche sulla casa: un pannello con fiori in boccio sta sopra la scrivania di Louisa, delicati schizzi a penna coprono le modanature sulla parete della sua stanza e sulla mensola del caminetto del soggiorno, mentre figure bibliche e mitologiche sono preservate da coperture in plexiglass. Si può trovare anche una bambola di Elizabeth il cui visino è stato dipinto da May, un oggetto che Annie Leibovitz ha fotografato durante la sua visita a Orchard House.

Nello scrivere Piccole donne, Louisa ha affrontato il dolore della morte prematura di Elizabeth. Molti dettagli riguardanti “Beth” sono amorevolmente ispirati alla biografia della sorella, escluso il nome della famiglia tedesca dalla quale prese la scarlattina. John Matteson, autore di Eden’s Outcasts: The Story of Louisa May Alcott and Her Father, suggerisce che il romanzo servì a Louisa per dare prova che una famiglia può trovare la felicità anche dopo la perdita di un figlio. Louisa aveva sempre ammirato la breve vita di Elizabeth, la più mite delle Alcott: «Riconosceva la bellezza nella vita di sua sorella, priva di sorprese e ambizioni, tuttavia piena di quelle virtù genuine che “hanno un profumo dolce e fioriscono nella polvere”» scrisse la Alcott dei pensieri di Jo nei confronti di Beth – Louisa May Alcott cita The Grateful Servant di James Shirley.
Anna si sposò e lasciò Orchard House subito dopo la morte di Elizabeth (anche se tornò più tardi, rimasta vedova, per crescere i propri figli; i genitori ricavarono una cameretta all’interno della loro stanza per lei). Mentre le imprese matrimoniali di Meg sono ben dettagliate in uno o due capitoli riguardo la preparazione della marmellata e sull’educazione dei gemelli, Jo ed Amy sono i personaggi che meglio si realizzano in Piccole Donne. Sono quelle che viaggiano, le artiste ambiziose, una sorta di yin e yang: una imbronciata e sprezzante dell’alta società (Jo) e l’altra una giovane che cerca di muoversi con grazia al suo interno (Amy). Si capiscono alla perfezione: «Puoi andare in giro a petto in fuori e con fare sprezzante, puoi chiamarla indipendenza se vuoi, ma non fa per me», rimprovera Amy a Jo che evita le visite a casa, che «amava la libertà e odiava le convenzioni con una tale illimitata forza che come è naturale si ritrovò sconfitta in una discussione». Tra le due sorelle c’è una sorta di rancore misto a rispetto, a volte una sana competizione, come quando la giovane Amy getta nel fuoco il manoscritto di Jo o quando si innamora di Laurie, prima corteggiatore di Jo.
 

Louisa stessa ammise in un’intervista: «Sono più che convinta di avere l’anima di un uomo, che qualche scherzo della natura ha messo in un corpo di donna…». Il nome “Laurie” sembra la versione maschile del suo nome


Ah, Laurie, il personaggio maschile principale del romanzo, poiché Bronson si limita a pronunciare qualche perla di saggezza sullo sfondo dopo il ritorno del padre dalla guerra, e il buon Bhaer appare solo in un paio di capitoli. Louisa affermò che Laurie era l’insieme di una serie di ragazzi che conosceva, anche se Julian, il figlio di Nathaniel Hawthorne, vicino degli Alcott, pensava che il personaggio fosse ispirato a lui. “Teddy” è uno dei preferiti dai lettori e attira le loro simpatie per il suo amore non corrisposto da Jo. Tuttavia, non credo che Louisa volesse rappresentare Laurie come il fidanzato ideale, semmai come il ragazzo che lei avrebbe voluto essere. Jo non si fa scrupoli ad affermare che preferirebbe essere un uomo, con la possibilità di fare i propri comodi e andare in battaglia. Louisa stessa ammise in un’intervista del 1883 a Louise Chandler Moulton: «Sono più che convinta di avere l’anima di un uomo, che qualche scherzo della natura ha messo in un corpo di donna…».

Quando, nel 1868, un editore le chiese di inventare una storia per ragazze, Louisa scrisse nel proprio diario: «non mi sono mai piaciute le ragazze e non ne conosco molte, escluse le mie sorelle». Il nome “Laurie” sembra la versione maschile del suo nome, e questo vicino immaginario un po’ mascalzone era «amato da tutti, grazie ai suoi soldi, i suoi modi e i suoi molti talenti», un ragazzo che «se la spassava e flirtava» come voleva.
Louisa non si sposò mai, però arrendendosi alle pressioni dei lettori lasciò che Jo, prima libera da qualsiasi trama amorosa, si sposasse con il quarantenne professore tedesco Friedrich Bhaer nel secondo atto del libro (Piccole donne fu pubblicato in due volumi). Dopo le nozze, Jo apre una scuola per ragazzi in povertà con Bhaer e prende parte ai divertimenti dei giovani come non aveva mai potuto da ragazza. Sia Jo che Amy modificano i loro sogni artistici in favore del lavoro come casalinghe, sebbene non siamo del tutto convinti che siano soddisfatte di questo ruolo. Il libro termina con una discussione sui sogni del loro passato: «la tua vita è molto diversa da quella che ti immaginavi tanto tempo fa», ricorda Amy alla sorella, e Jo risponde: «la vita che volevo adesso mi appare egoista, solitaria e fredda». Sogna ancora di scrivere ed Amy di dipingere, ma il pubblico della Alcott voleva la pace domestica più di qualsiasi altra cosa, e lei gliela concesse.
 

Quando, nel 1868, un editore le chiese di inventare una storia per ragazze, Louisa scrisse nel proprio diario: «non mi sono mai piaciute le ragazze e non ne conosco molte, escluse le mie sorelle»


La storia vera ha un finale meno idilliaco. Louisa divenne una scrittrice per mantenere la famiglia con i propri guadagni, mentre May passò l’ultima parte della sua vita in Europa a studiare arte (una contemporanea di Mary Cassat), e alla fine si sposò e sistemò a Parigi. Nel libro è il padre ad andare in guerra, mentre in realtà fu Louisa a servire per breve tempo come infermiera militare per l’Unione, finché non si ammalò di tifo in ospedale e le cure utilizzate per guarirla le provocarono un avvelenamento da mercurio. Morì di infarto quando aveva più di 50 anni, due giorni dopo la morte del padre (i due condividevano anche il giorno di nascita). Sono sopravvissuti a tutti nella famiglia, esclusa Anna che visse qualche anno in più. May morì subito dopo aver partorito una bambina e prima di compiere quarant’anni. “Lulu”, sua figlia, fu cresciuta da Louisa.

Se passate da Concord, dovete fermarvi al cimitero di Sleepy Hollow dove Louisa e la maggior parte degli Alcott sono sepolti, insieme a Thoreau, Emerson e Hawthorne. Il cimitero è antico e vuoto anche se l’atmosfera è un po’ rovinata dalla stucchevole proliferazione di piccole bandiere americane piantate nel terreno di molte tombe, inclusa quella di Louisa. Sull’ampia lapide della famiglia Alcott, ho trovato una nota scritta a mano: “Anche io voglio vivere con saggezza” – dal Walden di Henry David Thoreau –, sotto a una pigna. La tomba di Thoreau si trova nel lotto adiacente, perciò o l’autore del biglietto si è confuso o il foglietto è migrato.
Anche Walden Pond merita una visita. “Pond” spesso indica un piccolo specchio d’acqua, ma questo è molto più simile a un lago con un sentiero attorno e discese sabbiose come spiagge. A metà settembre, si potevano vedere nuotatori con indosso le loro mute allenarsi. Sulla riva ho fatto uno strano incontro con una fila di quattro cormorani dalla doppia cresta che osservavano l’acqua. Ho notato in loro un’enorme somiglianza con le sorelle March. O con le Alcott.
Piccole donne è una piccola storia. Non succede molto in termini di avventure o intrighi, se non nascite, morti e modeste rivelazioni. Si racconta di soggiorni europei e un periodo a New York, dove rispettivamente Amy e Jo si innamorano, ma la maggior parte dell’azione si svolge tra i confini di casa, davanti a camini e libri aperti. Non ci sono grandi misteri da risolvere con una visita a Orchard House, dove tutto ciò è nato, per lo meno nessuno che si possa scoprire in 45 minuti. Tuttavia, io consiglio di andarci. I misteri da svelare potrebbero essere dentro di voi.

 

Anya Jaremko-Greenwold è giornalista culturale e managing editor di FLOOD Magazine a Los Angeles. Questo articolo è stato pubblicato su Literary Hub il 02/12/2019  Walking Through the House Where Louisa May Alcott Wrote Little Women
Traduzione di Valentina Pesci


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