Troika, manchi tu nell'aria | Eureka
La Grecia è uscita dal programma di salvataggio. Ma è davvero una buona notizia?
«Èassolutamente ridicolo che alcune persone dovrebbero scegliere di andare in giro come cassette della posta». L'ex-ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, si esprime sulle donne che indossando il velo integrale dalle pagine del Daily Telegraph.
Dopo anni, sembrano giungere le prime buone notizie dalla Grecia. L’età dell’oro degli anni Sessanta, con ritmi di crescita vicini all’8%, aveva lasciato ormai da tempo spazio ad Alba Dorata. Ma soprattutto, il sole dell’avvenire greco è stato Alexis Tsipras, il primo ministro energico e coriaceo a capo di una sinistra isterica e disorientata. Un primo ministro che, nel 2015, agitando il pugno nella piazza più in rivolta di Atene, annunciò un referendum sulle misure di austerità proposte dalla Troika, il triangolo di FMI, BCE, e Commissione Europea. Oltre il 61% dei greci rifiutò il pacchetto di riforme, tuttavia senza indicare un’altra strategia. E Tsipras, quale paladino degli oppressi, nel giro di una settimana, si affrettò a sconfessare la volontà popolare per accettare il volere della Troika in cambio di un’estensione delle scadenze di pagamento.
Il 20 agosto, la Grecia è ufficialmente uscita dal programma di sorveglianza imposto dai creditori, dopo otto lunghi anni. Un “giorno storico”, secondo il presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, che però riconosce che “i benefici non sono ancora percepiti da ogni gruppo sociale”, mostrandosi tuttavia sicuro che la crisi greca “ormai è storia”. Qualche dubbio resta. La grecia ha sempre avuto un’economia piuttosto fragile. I segni della debolezza sono chiari, a guardare alla storia recente. Dopo un balzo tra gli anni Sessanta e Settanta, quando il Pil crebbe di 20 punti fino a toccare il livello dell’80% del Pil dell’Unione Europea, la crisi petrolifera e la transizione alla democrazia hanno destabilizzato la crescita. Nonostante gli sforzi, a tratti maldestri, per assicurare il raggiungimento degli obiettivi macroeconomici per l’ingresso nella CEE, la scarsa competitività dell’economia greca e una serie di governi particolarmente munifici hanno portato la Grecia ad essere l’unico Paese incapace di registrare progressi degni di nota a livello macroeconomico nell’avvicinamento al resto dell’Europa.
Dopo un balzo tra gli anni Sessanta e Settanta, quando il Pil crebbe di 20 punti fino a toccare il livello dell’80% del Pil dell’Unione Europea, la crisi petrolifera e la transizione alla democrazia hanno destabilizzato la crescita
Una volta raggiunta l’agognata moneta unica, i governi ellenici hanno continuato con la loro condotta scialacquatrice, fino a portare il debito ben oltre il 180% del Pil, e ad innescare una crisi senza precedenti. Ma il programma di salvataggio ha portato gioie e dolori. La disoccupazione è scesa al 20.8%, ma nel maggio 2008, prima dell’esplosione della crisi finanziaria, si attestava al 7.3%, anche se nel pieno della tempesta dei mercati, nel luglio 2013, rasentava il 28%. La produttività in termini di Pil per ora lavorata, grande cruccio dell’economia greca, si attesta ai livelli del 2002, ben al di sotto dei livelli del 2007. In sostanza, se l’austerità è riuscita a imporre liberalizzazioni e privatizzazioni, l’economia greca soffre ancora di una insita fragilità che si riflette in una domanda interna debole e una scarsa competitività sul mercato estero. “Adesso quella è solo storia”, aggiunge il presidente dell’Eurogruppo riferendosi all’asprezza degli anni della crisi per i greci. Ma siamo sicuri? I fondamentali dell’economia greca, se non per alcune riforme non più procrastinabili per alleggerire il peso dello stato nell’economia, non sono cambiati. Il clientelismo e la corruzione, gli abusi edilizi (peraltro una delle concause dei morti negli incendi di quest’estate), unitamente ad una scarsa industrializzazione e ad una burocrazia opprimente, sono ancora tutti lì, e minano la stabilità di lungo periodo del Paese. La Grecia affronterà nel 2019 le elezioni, e Tsipras, dopo il tradimento del risultato del referendum, ha forse meno probabilità di ripetere il successo del 2015. Ma con una classe politica invariata, ci sarà poco da sperare per un progetto radicale che riesca a far crescere la Grecia in maniera sostenibile.
Leonardo Zanobetti
CALENDARIO In Europa, a agosto
24 agosto ► Il nuovo segretario per la Brexit, Dominic Raab, si è detto fiducioso che l'accordo per l'uscita del Regno Unito dall'UE potrà essere finalizzato già a metà ottobre, nonostante la questione riguardante l'Irlanda del Nord rimanga aperta.
29 agosto ► Dopo Unilever, anche Panasonic è pronta a traslocare nei Paesi Bassi dal Regno Unito.
30 agosto ► La cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha indicato il proprio appoggio a Manfred Weber per succedere a Jean-Claude Juncker alla guida della Commissione.
31 agosto ► In un botta e risposta con il governo italiano, il commissario europeo al bilancio Oettinger ha prima minacciato sanzioni per l'Italia qualora non rispettasse i propri impegni di contribuzione, e poi ha rimarcato i benefici in termini di commercio internazionale dell'Italia derivanti dalla partecipazione alla UE.
SPUNTI per l'Europa
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PIEE How Worried Should We Be About An Italian Debt Crisis?
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