Maggio in Europa - Eureka

L'Europa ancora indifesa dopo Manchester e la Croazia sull'orlo della recessione

«Noi europei dobbiamo veramente prendere il destino nelle nostre mani». La cancelliera tedesca, Angela Merkel, durante un evento elettorale a Monaco di Baviera, dopo aver constatato la distanza degli Stati Uniti su alcune tematiche globali fondamentali, ambientali ed economiche.
 

FOCUS EUROPA Ancora indifesi davanti al terrorismo
L'attacco a Westminster, poi l’attentato di Manchester e da ultimo quello più recente di Londra, avvenuti nel giro di due mesi, hanno messo in luce ancora una volta l’estrema fragilità di un’Europa incapace di reagire in maniera efficace al terrorismo. Ancora una volta, il terrorismo ha colpito nella normalità delle nostre vite di cittadini europei. La furia radicale sferra attacchi nel cuore della quotidianità, mentre si prende un caffè al bar, mentre si assiste ad un concerto, mentre si passeggia per strada. Puntualmente l’Europa conta i suoi morti civili, spreca parole di condanna e di cordoglio, di coraggio e di risolutezza. Ma in fondo c’è la rassegnazione. Stando ai dati diffusi dall’ultimo Eurobarometro, i due temi ritenuti più importanti dai cittadini europei sono l’immigrazione, che preoccupa oltre il 45 percento degli intervistati, seguita dal terrorismo, per il 30 percento. Di fronte ad una minaccia che pare interminabile e che colpisce dritta alle nostre libertà, dovrebbe ormai essere chiaro che la risposta più efficace può essere solo una maggiore coesione nel combattere il terrorismo. «I terroristi non conoscono frontiere», ha affermato il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani. In un’Europa che almeno in parte ha scelto coraggiosamente di rinunciare alle proprie frontiere interne per favorire la libera circolazione delle merci e delle persone (due delle quattro libertà fondamentali alle fondamenta dell’Unione), manca un organismo capace di fronteggiare una minaccia che va oltre i confini nazionali. L’organismo che coordina le forze di polizia a livello europeo precisa subito i limiti dell’architettura di sicurezza interna dell’Unione Europea: «L’Europol è una FBI europea?», si chiede. E la risposta è secca: «No», per poi argomentare che opera solamente in supporto delle autorità nazionali. Le falle nel coordinamento delle forze di intelligence sono state evidenti, da tre anni a questa parte. E chiudere le frontiere invocando lo stato di emergenza non sembra abbia condotto ad alcun miglioramento significativo: né in Francia, con una Parigi martoriata dalla follia stragista, né nel Regno Unito, che ai controlli alle frontiere non ha mai rinunciato. Il rischio è quello di minare i valori occidentali e la coesione senza che per questo ci si senta più sicuri. Non basta un’agenzia come l’Europol, dotata di un bilancio minimo e senza alcun potere esecutivo, e non bastano i numerosi regolamenti sullo scambio di informazioni, come quelli alla base dello Schengen Information System. Da una parte, è irrinunciabile dotarsi di una polizia di frontiera che consenta di mantenere sotto controllo l’unico vero confine dell’Europa. Dall’altra, è necessario sviluppare un’azione coordinata che prenda forma in un corpo di intelligence che sappia investigare autonomamente a livello sovranazionale, e che coordini l’azione delle autorità nazionali in maniera rigorosa. La strada di una maggiore integrazione è l’unica percorribile, ed è la sola che possa piegare i nazionalismi con la forza dell’evidenza. Nessuno stato da solo può pensare di sconfiggere il terrorismo, che corre sulla rete e si dirama in tutta Europa. Lo stesso coraggio che portò all’abolizione delle frontiere è necessario adesso per stroncare la minaccia del terrorismo con un impegno comune che vada oltre le buone intenzioni.

Leonardo Zanobetti

 

FOCUS CROAZIA Sintomi di recessione
La Croazia attende l’esito delle vicine elezioni amministrative, che si terranno domenica prossima. Nonostante non abbiano diretta influenza sulla formazione del governo centrale, esse sono funzionali a valutare la reazione popolare alla crisi istituzionale e di governo che Croazia sta attualmente affrontando. Il più giovane stato europeo, infatti, dopo le dimissioni del presidente del parlamento Petrov, che è poi passato all’opposizione, ha visto sciogliersi l’alleanza di governo tra il partito HDZ, di centro destra, e il Most, anch’esso di influenza destrista e a cui appartiene l’ex presidente. Petrov, dichiarando di non avere più l’appoggio di una maggioranza parlamentare, ha lasciato le redini del paese ai vice presidenti dell’assemblea e al premier Plenkovic. Il premier Plenkovich ritiene di «poter garantire la stabilità delle istituzioni, individuando una nuova maggioranza di governo». Causa scatenante pare essere stata la questione di fiducia posta nei confronti del ministro delle finanze Zdravko Maric. Il voto di fiducia, presentato dall’opposizione, sembra essere stato votato anche da tre ministri del Most, che sarebbero stati tempestivamente destituiti dal premier Plenkovic, favorevole alla continuazione dell’incarico per il ministro alle finanze, che si sarebbe salvato per un solo voto. Il ministro delle finanze è accusato di avere taciuto sul grave stato di insolvenza finanziaria in cui giace il colosso agroalimentare Agrokor, sperando di potere gestire l’insolvenza in modo silenzioso. Tuttavia, la grande crisi economica del colosso è venuta alla luce ugualmente agli inizi di marzo, quando le maggiori banche creditrici russe, la Sberbank e la VTB Bank, hanno annunciato che non avrebbero finanziato ulteriormente l’enorme debito di Agrokor. Agrokor rappresenta, da solo, il 15% del PIL croato, offrendo circa 60 mila posti di lavoro; il suo fallimento potrebbe scatenare una reazione negativa a catena su tutti i fornitori e in moltissimi settori produttivi, mettendo a serio repentaglio l’intera economia croata. Per questi motivi, il governo ha commissariato il colosso, dopo essere intervenuto con la Lex Agrokor, che prevede una serie massiccia di aiuti statali. Ci sono forti dubbi sulla legittimità della manovra, tenendo in considerazione la severa normativa anti-trust vigente all’interno dell’Unione Europea. La situazione è molto delicata e la crisi croata lascia perplessa l’Europa, che ha aspettato ben otto anni prima di dare il benvenuto allo stato croato all’interno dell’Unione. La ragione principale del ritardo sarebbe stata proprio la questione economica, che anche oggi, nonostante l’entrata all’ interno dell’Unione, non sembra essersi risolta.

Domitilla D'Ambra

 

CALENDARIO In Europa, a maggio

2 maggio ► Il Commissario agli Affari Interni dell’Unione Europea Dimitri Avramopoulos ha esortato Austria, Germania, Svezia e Norvegia a ricostituire appieno la libera circolazione nell’area Schengen, non estendendo i controlli alle frontiere oltre i prossimi sei mesi.
7 maggio ► Emmanuel Macron è stato eletto Presidente della Repubblica francese. Al ballottaggio ha ottenuto una schiacciante percentuale del 66,1% dei voti, contro il 33,9% della rivale Marine Le Pen. È il più giovane della storia a ricoprire questo incarico.
8 maggio ► La CDU, partito guidato da Angela Merkel, ha vinto le elezioni nella regione dello Schleswig-Holstein (Nord della Germania) con il 33% dei voti. I socialisti, che avevano governato la regione negli ultimi 5 anni, si sono fermati al 27%. Il 15 maggio la CDU conquisterà anche il Nord Reno-Westfalia, la regione più popolosa, con il 33% dei voti.
10 maggio ► La Corte di Giustizia europea ha annullato la decisione della Commissione Europea del 10 Settembre 2014, che aveva dichiarato illegittima l’Iniziativa dei Cittadini Europei (petizione firmata da più 3 milioni di cittadini europei) chiamata Stop TTIP.
12 maggio ► Il Comitato delle Regioni europee ha bocciato a larghissima maggioranza la proposta italiana di legare l’elargizione dei fondi strutturali europei al rispetto dell’accoglienza dei migranti.
14 maggio ► Il ministro degli Interni italiano Marco Minniti e il suo corrispettivo tedesco Thomas De Maiziere hanno richiesto alla Commissione Europea più impegno nel fermare le partenza dei migranti dal Sud della Libia, sul modello adottato nell’Accordo con la Turchia.
16 maggio ► Nel loro primo incontro Emmanuel Macron e Angel Merkel si sono detti disposti a iniziare un percorso che porti a cambiare i trattati europei.
17 maggio ► Il parlamento europeo ha richiesto l’attivazione dell’articolo 7 nei confronti dell’Ungheria, ritenendo che si siano verificati un «grave deterioramento dello Stato di diritto, della democrazia e dei diritti fondamentali».

 

 

SPUNTI per l'Europa
Bloomberg
Macron Erupts on World Stage With Trump Snub and a Bromance
Corriere della Sera La prima riforma per la UE? Far tornare la fiducia
La Repubblica Qualche idea per Renzi da mettere nell'Europa di Macron


Parte della serie Eureka, la rassegna europea

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