Luglio in Europa - Eureka

La svolta autocratica della Polonia e l'indifferenza dell'Unione Europea verso l'Italia

«Scusate, è mia moglie. No, scusate, è la signora Merkel». Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, interrotto dal suono del proprio cellulare nella conferenza stampa con il primo ministro slovacco e il rappresentante per la slovacchia.

FOCUS EUROPA Immigrazione senza soluzione

Solo nei primi sei mesi dell’anno, oltre 85 mila migranti hanno raggiunto le coste italiane. Questi si aggiungono agli oltre 181 mila registrati nel 2016, in aumento del 18 percento rispetto ai 153 mila del 2015. Di questi, il programma previsto dalla Commissione europea per il ricollocamento dei richiedenti asilo, solo 7873 migranti hanno trovato una nuova collocazione fuori dall’Italia. Tra il 2014 e il giugno 2017, di tutti i migranti sbarcati in Italia appena l’1.33 percento ha trovato rifugio in un altro Paese europeo, una volta stabilito che avesse diritto allo status di rifugiato. Nello stesso periodo, un numero imprecisato di volte è stata ripetuta la parola «solidarietà»: in un clima di quasi unanime riconoscimento dell’impegno italiano e della criticità della situazione, si sono sprecate dichiarazioni e rapporti in cui l’Unione Europea sostiene l’Italia e gli altri stati membri le cui frontiere sono esposte alla pressione migratoria. Ma è un sostegno effimero: alle parole, per adesso, sono seguiti assai pochi fatti.

Un modesto contributo è quello di Frontex, e della nuova Guardia costiera europea, che opera sotto l’egida della stessa agenzia, con l’intento di «aiutare a gestire le frontiere esterne», benché «i Paesi che hanno frontiere esterne sono i soli ad avere la responsabilità per il loro controllo», cosicché il contributo di Frontex si limita a facilitare la condivisione di informazioni tra le autorità dei Paesi membri (grazie più che altro a qualche traduttore), oltre a condurre risk analysis, ricerca, e addestramento degli agenti. Ma di impegni concreti non c’è quasi l’ombra. Resta solo l’operazione Triton, a cui partecipano 26 Paesi su base volontaria, che scelgono altrettanto arbitrariamente quale contributo apportare, e in quale misura. Ma che i mezzi dell’agenzia Frontex siano limitati è inequivocabile: con un budget di 250 milioni non è pensabile che si sostituisca completamente all’Italia, che sostiene spese per 4.3 miliardi all’anno (che potrebbero crescere fino a 4.7 miliardi) per soccorso in mare, accoglienza, e formazione. A queste spese l’Unione Europea contribuisce in maniera risibile: appena 126 milioni.

In un panorama simile, quasi fuori controllo, l’Unione Europea si dimostra inerme, incapace di superare le dichiarazioni d’intenti. Tutto per colpa di un progetto di integrazione mai concluso, in cui ciascuno stato membro ha il timore di mettere in comune le risorse per scopi comunitari. Con i diktat degli stati membri, l’Unione Europea cerca di voltarsi dall’altra parte e delegare in parte la gestione dei migranti alla Turchia di Erdogan, e dimostra la propria inettitudine. A causa delle resistenze degli stati membri in merito alla conduzione di un’unica e univoca politica estera, è incapace di intervenire diplomaticamente e economicamente in Libia per stabilizzare il Paese e porre le basi per lo sviluppo. Intanto, il presidente francese Macron incontra i due leader libici, Fajez e il generale Al Serraj, in un colloquio che ha un sapore molto francese e davvero poco europeo. L’Austria minaccia di portare i carrarmati al Brennero contro l’Italia, e non accoglie nessuno dei migranti ricollocati. Si rifiutano di partecipare al programma di ridistribuzione anche la Polonia e l’Ungheria, mentre si abbandonano al nazionalismo godendosi lo sviluppo economico drogato dai trasferimenti europei e dal mercato unico. E anche in questo caso, l’Unione Europea è lenta ad agire, pavida. Dopo anni di sprezzante protervia del blocco di Visegrad, e solo il 26 luglio la Commissione europea ha avviato formalmente le procedure per imporre loro di accettare le proprie quote di migranti. Per questo, la Wilkommenskultur tedesca non ha niente da celebrare. Fino a che gli stati di frontiera saranno lasciati operare da soli, senza una vera polizia di frontiera europea che prenda in gestione completamente le operazioni di soccorso, identificazione e ricollocamento, finanziata equamente da ogni stato membro partecipante all’area Schengen, la solidarietà rimarrà un nobile concetto perfetto per i comunicati stampa, ma non certo per placare l’euroscetticismo.

Leonardo Zanobetti

 

FOCUS POLONIA L'arroganza polacca

Con la raccomandazione del 26 luglio 2017, la Commissione europea ha minacciato di invocare l’articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea, avvalendosi della facoltà di revocare il diritto di voto dello stato polacco in seno al Consiglio. La raccomandazione si pone sulla scia di due precedenti raccomandazioni, quella del 27 luglio 2016 del 21 dicembre 2016, entrambe riguardanti la riforma del sistema giudiziario. In questo modo, la Polonia si vede affidato un termine di trenta giorni per modificare la suddetta riforma con misure che possano rispettare pienamente il principio di legalità e in particolare il bilanciamento tra i diversi poteri dello stato. La riforma è composta da tre diverse proposte di legge che incidono rispettivamente sulla composizione della Corte suprema, sull’organizzazione del Consiglio Nazionale della Magistratura e sulla nomina dei giudici dei tribunali distrettuali. In relazione al primo punto, si prevede che la nomina dei giudici della Corte suprema sia lasciata al ministro della giustizia, affidando un compito molto delicato ad un potere esterno e fortemente politicizzato quale è qu ello esecutivo.Ancora più lesiva del principio di autonomia e indipendenza del sistema giudiziario sembra essere la seconda proposta di legge che prevede che siano i parlamentari ad indicare i componenti del Consiglio nazionale della magistratura, organo con compiti simili a quelli del nostro CSM, quali quello di salvaguardia dell’indipendenza dei magistrati e dei giudici, con potere di nomina degli stessi e di decisione su eventuali promozioni e trasferimenti.Queste due prime proposte sono state momentaneamente bloccate dal veto del presidente Duda, in seguito al quale sarà necessaria una seconda votazione con maggioranze più alte per l’approvazione della riforma.

È stato il popolo polacco che si è fortemente opposto alla riforma, invocando come soluzione ultima, in seguito al voto favorevole delle due camere del parlamento, il veto del presidente. Di fronte ad un numero massiccio di rappresentanti, riunitesi in molte città polacche, il presidente ha deciso di non firmare le due proposte di legge. Il veto tuttavia ha investito soltanto due delle tre proposte riguardanti il sistema giudiziario, mantenendo viva quella che affida al ministro della giustizia il compito di nominare i presidenti dei tribunali distrettuali e deludendo parte delle aspettative del popolo polacco riunitosi in piazza. Di fronte a questa situazione, la Commissione europea ha preso una posizione chiara e netta. Il primo vicepresidente della commissione Frans Timmermans, negli opening remarks sulla discussione del tema Polonia ha sottolineato quanto le riforme portate avanti dalla maggioranza di destra, riguardanti il sistema giudiziario, si pongano in contrasto con i principi fondanti dell’Unione Europea, espressi all’articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea. Dopo la raccomandazione della Commissione, molto chiara in tutti i suoi punti, l’attenzione si è di nuovo spostata sulla Polonia, dalla quale dipende un’evoluzione in senso più «conforme all’Europa» del sistema giudiziario. Un’ eventuale posizione contraria a quella richiesta dalle istituzioni europee, come quella assunta dalla Polonia in seguito alle raccomandazioni del luglio e del dicembre 2016, potrebbe costare molto cara, arrivando a limitare e sospendere molti dei diritti di cui gli stati membri ordinariamente godono in seno alle istituzioni europee. È bene tenere a mente che la sospensione dei diritti di cui la Polonia gode, non farebbe venire meno l’obbligo al rispetto dei doveri che gravano sugli stati membri. Per questa ragione, la posta in gioco sembra davvero molto alta.  

Domitilla D'Ambra

 

CALENDARIO In Europa, a giugno

4 luglio ► Rotta migratoria del Mediterraneo centrale: la Commissione europea propone un piano di azione per sostenere l'Italia, dopo un vertice in presenza.
5 luglio ► Il ministro della difesa austriaco, Hans Peter Doskozil, ha minacciato di schierare l’esercito sul Brennero, al confine con l’Italia; salvo poi essere smentito dal Primo Ministro Christian Kern.
6 luglio ► L'Unione Europea e il Giappone hanno siglato un accordo commerciale che si promette di semplificare gli scambi tra il mercato unico ed il Paese asiatico, portando alla rimozione del 99 percento dei dazi imposti oggi sugli interscambi.
9 luglio ► La Commissione europea approva formalmente il piano italiano di salvataggio del Monte dei Paschi, con cui l'Italia assicura 5.4 miliardi di Euro all'istituto rendendo il governo azionista con oltre il 70 percento, oltre a vendere in bundle i titoli tossici.
10 luglio ► Il segretario del Partito demicratico, Matteo Renzi, ha proposto un deficit al 2,9 percento per i Paesi aderenti a Maastricht, oltre alla «rottamazione» del fiscal compact. Le istituzioni europee hanno bocciato la proposta.
12 luglio ► Il presidente turco, Erdogan, sostiene che Ankara non ha più bisogno della UE.
17 luglio ► A Bruxelles, il segretario britannico per l'uscita dalla UE, David Davis, e il negoziatore della UE, Michelle Barnier, si sono incontrati per quattro giorni di negoziazioni sulla Brexit, il cosiddetto secondo round.
26 luglio ► Gli Accordi di Dublino sulle condizioni di asilo si applicano anche in caso di emergenza, come ha stabilito la Corte di Giustizia dell'Unione Europea.
27 luglio ► Richiamandosi alle clausole dell'articolo 354 del TFEU, il governo francese opta per la nazionalizzazione dei cantieri navali Stx, estromettendo di fatto l'italiana Fincantieri dall'acquisto, e innescando una frizione a livello diplomatico. Si tratterebbe di un acquisto sulla base del diritto di prelazione, con durata temporanea.

 

 

SPUNTI per l'Europa
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Medici senza frotiere Perché non firmiamo il codice di condotta
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Parte della serie Eureka, la rassegna europea

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