Il diritto e il rovescio

Cristoforo Colombo e la follia del Nuovo Mondo

Quando Cristoforo Colombo intraprese il suo leggendario viaggio oltre le Colonne d’Ercole, alla ricerca dell’opulenta e fruttifera Asia dall’altra parte del globo, ciò che aveva in mano non era che un pugno di calcoli e una ciurma di marinai scettici e poco urbani, pescati al porto di Palos de la Frontera per le loro spregiudicate doti piratesche. Da un lato la profonda coscienza del geografo e dell’uomo di pensiero, con l’incrollabile convinzione cosmografica della sfericità della Terra (fatto, in realtà, poco rivoluzionario già all’epoca, giacché fin dall’ottavo secolo, come sostiene un recente studio di Klaus Anselm Vogel, era raro trovare un ingegno che lo mettesse in dubbio); dall’altro il miraggio e il fascino delle grandi avventure asiatiche di Marco Polo, le descrizioni di uomini mostruosi e animali straordinari, piante sconosciute e spezie inebrianti. Ma un conto è credere, per calcolo o logica, che la Terra sia sferica, un altro è andare a verificarlo nel XV secolo, darsi in pasto all’immensità dell’Oceano Atlantico con tre caravelle che galleggiano per miracolo – troppo piccole per contenere il numeroso e inquieto equipaggio – senza sapere né dove né quando né se si toccherà terra. Il 10 ottobre 1492, dopo un mese snervante di navigazione, passato da Colombo a motivare gli animi e a mentire ai suoi uomini sull’effettiva distanza percorsa, l’equipaggio è a un passo dall’ammutinamento. Il giorno dopo, la salvezza: dalla Niña avvistano degli indizi terrestri – acqua torbida, un tronco di spino galleggiante, il volo di uccelli migratori. Alle due di notte fra l’11 e il 12 ottobre, il marinaio Rodrigo de Triana vede per primo l’America. Convinto di aver bussato alle porte dell’Asia, l’Ammiraglio genovese continua a far vela verso Ovest in cerca del continente, esplorando e descrivendo con scientifica e pure umanissima passione le isole che incrocia, per citofonare al Gran Khan in Catai, l’odierna Cina, e stringere con lui convenienti patti commerciali. Ma non poteva certo trovarlo a Cuba. Mancò di qualche migliaio di chilometri la suggestione di battere il cinque a Marco Polo, quasi duecento anni dopo e per via opposta, alla corte dell’Imperatore cinese, il gusto di star dritto – come fece il mercante veneziano – di fronte all’uomo più potente dell’orbe terracqueo. Non sapeva e mai seppe, il pur avveduto Colombo, di aver compiuto impresa ben più grande che toccare la schiena della Terra: l’aveva moltiplicata, generando dal buio della coscienza occidentale terre che nessuno sospettava.
 

Vignetta di Andrea Barattin
Pubblicato su L'Eco del Nulla N.3, "Indagini e ricerche", Autunno 2015
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