Frédéric Bastiat

Bayonne, 30 giugno 1801 – Roma, 24 dicembre 1850

Grazie alla rendita della propria fattoria Frédéric Bastiat può consolidare con lunghi studi la consapevolezza, maturata nella società di esportazioni del nonno, dei nefasti effetti del protezionismo: comincia nel 1844 la meteorica carriera di pubblicista che spende a favore del libero scambio, tramite libri fortunatissimi come Sophismes économiques e la fondazione di una Association pour la liberté des échanges subito modello per tutta Europa. Nutrito degli avanguardisti francesi del liberalismo – da de Quesnay a Turgot – quanto dello scozzese Smith e cattolicamente convinto che nella Libertà si realizzi il disegno di Dio, Bastiat sostiene che l’azione coercitiva del governo è legittima solo se serve «a garantire la sicurezza della persona, la libertà, i diritti della proprietà, a far regnare la giustizia su tutti»; quando invece lo Stato pretende di prendersi cura dei cittadini come un padre coi suoi figli, non è che un pretesto per tutelare interessi particolari. Così facendo, lo Stato francese impedisce al mercato di svolgere quella funzione di armonizzazione economica tra gli individui cui assolve quando è libero. Non tanto un innovatore della disciplina quanto un energico fautore di una battaglia culturale combattuta nella sfera dell’opinione pubblica contro giacobini, socialisti, anarchici e tutti gli statalisti, Bastiat fa forse da ponte fra le idee dei liberali classici e quelle della tradizione austriaca di Carl Menger, in cui sia Mises che Rothbard seguiranno il suo esempio di economista investito del ruolo, se non del dovere, di provvedere all’educazione economica dei concittadini.  

 

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