Caligola

Anzio, 31 agosto 12 – Roma, 24 gennaio 41

Sono i soldati di suo padre, il Germanico nipote e figlio adottivo dell’imperatore Tiberio, a dare al piccolo Gaio il nomignolo di Caligula per la calzatura che sempre indossa; a Tiberio, invece, Caligola deve la strage della sua famiglia. Asceso alla dignità imperiale (37) con l’aiuto del prefetto del pretorio Nevio Sutorio Macrone, lo farà giustiziare per tradimento (38) dando al suo principato una sembianza di dispotismo orientale che gli viene dalla preferenza accordata alla tradizione politica di Marco Antonio contro quella d’Ottaviano e che lo porterà a inimicarsi rapidamente una classe dirigente ostile agli sfarzi dissipatori e stravaganti che le costano espropri e confische così come all’affetto che l’imperatore porta alla sorella Drusilla, tanto ambiguo da far sospettare l’intenzione d’imitare gli incesti della monarchia tolemaica e tanto profondo da volerla elevata agli onori divini dopo la morte. Deciso a divinizzare la figura dell’imperatore e appena dissuaso da Erode Agrippa a rimuovere la statua di sé che impone al Tempio di Gerusalemme sollevando la violenta protesta ebraica, Caligola cadrà vittima prima degli odi antitirannici della plebe, poi d’una congiura di palazzo e infine della spietata storiografia senatoria, pronta a spiegare con la follia i suoi fremiti assolutistici.


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